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Mantella, il fascino della “Santa” e la Loggia «clandestina paramafiosa»

Il pentito: «Un mafioso non può essere dichiarato massone e quindi c’è questa loggia nascosta». E «dobbiamo darci solidarietà a vicenda»

Pubblicato il: 21/07/2024 – 6:59
di Fabio Benincasa
Mantella, il fascino della “Santa” e la Loggia «clandestina paramafiosa»

VIBO VALENTIA Loggia paramafiosa, presunte connessioni di alcuni “fratelli” con la ‘ndrangheta e un viaggio (poi saltato) in Umbria. Uno dei tanti racconti del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, trova spazio nelle oltre 1.600 pagine che contengono i motivi della richiesta d’appello presenta dalla Dda di Catanzaro nei confronti di 67 imputati nel processo “Rinascita-Scott”.
Sono molti gli episodi narrati dal collaboratore di giustizia, che in un passaggio dedicato alla massoneria, ripreso dall’accusa, risponde alle domande poste dal pm della Distrettuale Catanzarese Antonio De Bernardo. A cosa si riferiva Micuccio Macrì quando parlava di Loggia paramafiosa? Chiede il pm e Mantella risponde: «Si riferiva che un massone deviato ha le stesse funzioni di un mafioso (…) quindi fai le stesse attività, le stesse funzioni che fa un massone».

Mantella, il fascino della “Santa”

Il racconto del pentito vibonese si arricchisce di particolari. «Il discorso della “Santa”, del “Vangelo” e del “Trequartino” e di queste doti (…) la Santa in sé per sé è già una dote che si ha nella massoneria per quello che mi è stato indottrinato e mi è stato impartito e mi è stato sempre detto». Quella del pentito è una carriera criminale che inizia ad appena 12 anni. Un percorso in discesa, fino alla “Santa“. «Uno di San Luca, radicato in quella mafia grezza mi diceva: “Compare Andrea, la Santa ve la dovete togliere al più presto possibile, perché cosi potete fare le infamità“, tanto è vero lui spingeva tramite uno della zona del Lametino che era con i Giampà di farmi un’altra fidelizzazione, però sinceramente a me mi affascinava più la Santa», ammette il collaboratore di giustizia. Che riferisce di essere stato candidato ad «essere un Apprendista alla Massoneria a Città di Castello». Il pm De Bernardo torna, nel corso dell’esame del testimone, sul termine “paramafioso”. «Allora, paramafiosa, io intendo dire per quello che ho capito (…) che se tu vieni iniziato nella Massoneria nascosta (…), un mafioso non può essere dichiarato massone e quindi c’è questa Loggia nascosta, deviata, clandestina e io dovevo fare questo, dovevo essere iniziato con la formula di Apprendista, una volta iniziato con questa formula di Apprendista io potevo chiedere il mutuo soccorso per corrompere giudici o tutti quelli per condizionare, per avere agevolazioni a livello finanziario, a livello dell’avvocatura, dell’imprenditoria, insomma, in tutti i settori, era una specie di fratellanza nascosta e più o meno come c’è nella ‘ndrangheta». Un gruppo coeso e solidale. «Siamo tutti della stessa fazione, siamo tutti ‘ndranghetisti e quindi ci dobbiamo dare solidarietà a vicenda».

Il senso dei “Cappucci”

Il racconto fornito dal pentito va avanti. «Il senso dei cappucci è che uno non deve conoscere l’altro, il senso del maestro della Loggia segreta conosce chi è Mantella e conosce chi è mister X, quindi l’identità il maestro venerabile, come si chiama, è che conosce l’identità di tutti gli appartenenti a questa Loggia clandestina paramafiosa». Ma come funziona? «Se Mantella ha bisogno di un mutuo soccorso come fratello di questa Loggia, se ha bisogno di un cardiologo a Bologna, questo maestro si mette in contatto con il fratello massone incappucciato di questa Loggia deviata clandestina con il cardiologo di Bologna». (f.benincasa@corrierecal.it)

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