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‘Ndrangheta, il pentito Megna: «Sul Sayonara decise Luigi Mancuso, bisognava recuperare i soldi»

Il racconto in aula bunker del collaboratore. «Tutti sapevano che dovevano dare a lui i soldi». E poi la “lista” di creditori da rispettare

Pubblicato il: 06/09/2024 – 7:00
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, il pentito Megna: «Sul Sayonara decise Luigi Mancuso, bisognava recuperare i soldi»

LAMEZIA TERME «Il Sayonara è un villaggio a Nicotera Marina, era di due fratelli in società con Polito. Per intenderci, era la struttura protagonista degli incontri tra Cosa Nostra e la ‘Ndrangheta nel periodo stragista e di cui si è occupata spesso la stampa». A parlare è Pasquale Megna, il collaboratore di giustizia figlio di Assunto Megna e nipote di Pantaleone Mancuso detto “Luni Scarpuni”, componete di vertice del clan Mancuso di Limbadi.

L’udienza

Il pentito è stato protagonista dell’udienza in aula bunker davanti ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia nel processo “Maestrale-Carthago”, nato dall’omonima inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro. Tra i molteplici argomenti trattati dalla pm Annamaria Frustaci, anche la gestione della struttura turistica di Nicotera, al centro dell’inchiesta della Dda. «La struttura ricordo era finita all’asta – spiega ancora Megna – ma da noi nessuno può comprare se di mezzo non ci sono i Mancuso». Come raccontato ancora «c’era di mezzo mio padre con un tale Rapisarda, un siciliano di Catania, che ha preso la gestione. Loro avrebbero dovuto pagare la mazzetta a mio padre che, a sua volta, li portava a Luigi Mancuso». Il riferimento del pentito è a Francesco Rapisarda, tra gli imputati nel maxiprocesso.


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«In più c’era una lista di gente – spiega ancora Megna – che doveva recuperare i soldi, tra fornitori e usura, gente che più o meno conosco». Già perché sempre secondo il pentito, la struttura era finita all’asta proprio a causa dei debiti accumulati. «Le spiego» parlando alla Frustaci. «Si sono seduti ad un tavolo Zio Luigi Mancuso, Giuseppe fonti e Rapisarda. È stato lui a farlo comprare a Fonti, anche perché nessuno poteva acquistare neanche uno spillo se non lo decideva Zio Luigi». Ma «l’interesse era recuperare i soldi per i debiti di questo villaggio», aggiunge ancora Megna.
Dopo l’acquisizione del villaggio, la gestione a chi è stata attribuita? Chiede la pm. «Se ne interessò sempre Luigi Mancuso tramite mio padre che trovò Rapisarda tramite il cugino Agatino Conti che si prese in gestione il locale». «So che questi siciliani avevano un altro locale su Briatico. Non ricordavo neanche il cognome di questi, solo quello di Tino Conti. So che era mio padre a conoscerli, non so altro». «I siciliani – racconta ancora Megna – sono stati portati da Luigi Mancuso, si sono visti al Sayonara e hanno deciso quindi che cosa fare. Ai proprietari, quelli sulla carta, è stata promessa una villetta a testa, niente di più».


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«So che le mazzette erano da circa 10mila euro, ma erano anche mazzette nel senso che a tutti gli effetti erano estorsioni. Questo era l’accordo altrimenti non avrebbero neanche preso in gestione il Sayonara». «Tutti sanno che ogni cosa che passa da noi doveva finire nelle tasche di Luigi Mancuso, era lui quello libero in quel momento». «Zio Luigi non era certo il tipo di andare direttamente da qualcuno a minacciarlo, mai. Tutti sapevano che dovevano pagare e basta». (g.curcio@corrierecal.it)

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