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processo “rimpiazzo”

‘Ndrangheta e l’ascesa di Rosario Fiorillo, «il più sanguinario dei Piscopisani»

Le estorsioni, la gambizzazione e il presunto astio di Moscato. Rese note le motivazioni della sentenza in abbreviato contro la ‘ndrina di Piscopio

Pubblicato il: 20/09/2024 – 7:12
‘Ndrangheta e l’ascesa di Rosario Fiorillo, «il più sanguinario dei Piscopisani»

VIBO VALENTIA «Il più sanguinario dei Piscopisani, attratto alla vista del sangue, sempre pronto ad azioni violente ed efferate». I giudici della Corte d’Appello di Catanzaro riprendono le parole del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena per confermare la condanna per associazione mafiosa inflitta in primo grado a Rosario Fiorillo. Nel rito abbreviato di Rimpiazzo, il processo contro la ‘ndrina di Piscopio, il collegio giudicante presieduto dalla presidente Loredana De Franco, ha leggermente rimodulato la pena, ma di fatto confermato la condanna a 19 anni e 1 mese, rispetto ai 19 anni e 4 mesi della sentenza di primo grado risalente al 2021. Per i giudici, si legge nelle motivazioni depositate in questi giorni, regge la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia che individua Fiorillo come «promotore e ideatore» della consorteria dei Piscopisani, il clan che aveva tentato di “rimpiazzare” la cosca Mancuso sul territorio vibonese.

La figura di Rosario Fiorillo

Con la sentenza del 25 gennaio 2023, i giudici hanno confermato le condanne per 10 imputati, ribaltando invece quella per Michele Fiorillo alias “Zarrillo”, assolto in primo grado e condannato in appello a 12 anni. Rimodulata la pena, ma di soli 3 mesi, per Rosario Fiorillo, assolto per due capi di imputazione. Accusato in Rimpiazzo a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni, usura, Fiorillo conta già una condanna definitiva a 30 anni di carcere per l’omicidio avvenuto nel 2011 di Fortunato Patania. Dagli inquirenti viene considerato al vertice del clan dei Piscopisani, sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Bartolomeo Arena e Raffaele Moscato, altro esponente del clan originario della frazione alle porte di Vibo. Proprio su quest’ultimo si è concentrato l’appello dei legali difensori.

Per i difensori «l’astio» di Moscato per Fiorillo dovuto a un debito

Moscato aveva riferito di Fiorillo come colui che, in qualità di «promotore della consorteria», avrebbe «concorso all’ideazione e programmazione di omicidi», oltre che alla gestione dell’attività estorsiva, di danneggiamenti e rapine. Per i difensori si tratta di dichiarazioni dovute a un astio del collaboratore per un debito nei suoi confronti mai pagato dall’imputato. Ricorso rigettato dai giudici, che sottolineano come il prestito «non risulti in alcun modo dimostrato» e che quindi non va a minare l’attendibilità di Moscato. Nella sentenza viene confermata anche l’aggravante mafiosa, dal momento che i reati sarebbero stati commessi «negli interessi del sodalizio dei “Piscopisani”» oltre che con metodo mafioso.

Le estorsioni e la gambizzazione dell’imprenditore

Tra i capi d’imputazione per cui è stato rigettato il ricordo dei legali anche la richiesta estorsiva ai danni della Cooperativa Costruzioni Calabrese, episodio per cui i difensori avevano sottolineato l’assenza di Fiorillo in quel periodo dalla Calabria. Per i giudici però la lontananza dal territorio calabrese «è del tutto irrilevante poiché al Fiorillo non è contestato di essere l’esecutore materiale dell’atto intimidatorio, bensì di essere l’ideatore ed il promotore, unitamente a Battaglia Rosario, dell’estorsione». Stesso esito per la gambizzazione ai danni di un imprenditore del Vibonese, episodio per cui Moscato accusa Fiorillo di essere il mandante. I giudici sottolineano come lo stesso collaboratore di giustizia sia «l’esecutore materiale dei fatti» e, dunque, più attendibile rispetto ad Andrea Mantella che non aveva indicato Fiorillo né tra gli esecutori né tra i mandanti. Accolte, invece, le tesi difensive per quanto riguarda due episodi di spaccio. Secondo gli inquirenti, la droga rinvenuta a due soggetti sarebbe stata riconducibile proprio a Fiorillo. Accusa contestata dai difensori e dai giudici della Corte d’Appello, che riconoscono che «non vi è la prova» che le dosi siano state date ai soggetti dall’imputato. Un’assoluzione dai due capi di accusa che ha portato allo “sconto” di tre mesi sulla pena totale, condannando Fiorillo a 19 anni e 1 mese di carcere. (Ma.Ru.)

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