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mafia al nord

Testa di pecora mozzata e biglietto in dialetto calabrese, arresti in Trentino

I reati contestati sono tentata estorsione con metodo mafioso, porto abusivo d’armi e incendio doloso

Pubblicato il: 01/10/2024 – 13:40
Testa di pecora mozzata e biglietto in dialetto calabrese, arresti in Trentino

TRENTO Tentata estorsione commessa con metodo mafioso, porto abusivo di armi e incendio doloso. Sono questi, al momento, i reati contestati a due trentini, un 60enne pluripregiudicato originario della val di Sole ed un56enne della val di Non. I due avrebbero messo una testa di pecora mozzata fuori dall’abitazione di una famiglia di imprenditori ortofrutticoli della Val di Sole. Inoltre, secondo le indagini, sarebbero anche i responsabili dell’incendio che ha distrutto il Bicigrill di Pellizzano il 6 giugno scorso. I due, trovati in possesso di armi semiautomatiche con matricola abrasa e considerati particolarmente pericolosi, si trovano attualmente in stato di fermo nel carcere di Trento. Le indagini, svolte dai carabinieri di Trento e di Cles e coordinate dal procuratore capo, Sandro Raimondi, e dal sostituto, Davide Ognibene, sono partite subito dopo il ritrovamento della testa di ovino fuori dalla casa di un imprenditore di Dimaro nella notte tra il 15 e il 16 giugno 2023.
Il macabro messaggio era corredato da un biglietto insanguinato sul quale, in un perfetto dialetto calabrese, era scritto: “Questo te lo manda la famiglia che non scorda l’infamata. La prossima volta manderemo la testa di tuo figlio”. Inizialmente gli inquirenti hanno indagato a 360 gradi, anche su possibili collegamenti con la criminalità organizzata. A quanto appurato in seguito, pare si sia trattato invece di un tentativo di intimidazione per estorcere 150.000 euro in ragione di un passaggio di proprietà di un maso, avvenuto legittimamente, tra la famiglia d’origine del 60enne fermato dai carabinieri e l’imprenditore solandro. Per quanto riguarda l’incendio del Bicigrill, invece, sono ancora in corso gli approfondimenti sul movente.
«Sono state indagini non facili e articolate, che hanno richiesto l’impiego sei tecnologie sofisticate e dell’intuito degli investigatori e che hanno portato all’individuazione di due persone estremamente pericolose. L’età in questo caso è un dato significativo, perché mostra due uomini che hanno preso una direzione criminale precisa e hanno cercato i mezzi per perseguirla. Nelle intercettazione è emersa anche la volontà di resistere ad un’eventuale arresto con le armi e di scappare poi all’estero», ha spiegato in conferenza stampa il procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi. (Ansa)

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