VIBO VALENTIA Filippo Piccione è stato ucciso come «capro espiatorio» dalla ‘ndrangheta vibonese per vendicare l’omicidio di Leoluca Lo Bianco, del quale però era «incolpevole». È quanto scrivono i giudici della Corte d’Assise di Catanzaro nella sentenza che ha condannato Salvatore Lo Bianco alias “U gniccu” all’ergastolo e Rosario Lo Bianco a 28 anni di carcere, in quanto esecutori dell’omicidio di Filippo Piccione avvenuto nella domenica di Carnevale del 21 febbraio 1993. Per il collegio giudicante il mandante fu il defunto boss Carmelo Lo Bianco, alias “U Sicarru”, zio di Leoluca, vittima un anno prima di un agguato avvenuto vicino al fondo di Piccione, dal quale sarebbe partito il colpo letale per la sua morte.
Un gruppo di fuoco composto da Salvatore e Rosario Lo Bianco, Antonio Grillo e Nicola Lo Bianco, questi ultimi due già deceduti. Intorno alle 20:15, in pieno centro vibonese, Filippo Piccione è stato raggiunto dai killer che indossavano una maschera di Carnevale e ucciso con oltre cinque colpi di pistola. Una vera e propria esecuzione dietro la quale, ricostruiscono i giudici, ci sarebbe il clan Lo Bianco di Vibo Valentia. Reggono dunque le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella, Bartolomeo Arena e lo stesso Antonio Grillo che ha ammesso di aver partecipato all’omicidio. Nel corso del processo sono stati ascoltati anche i due amici che erano con Piccione al momento dell’agguato e il figlio Gianluca. Quest’ultimo ha riferito anche di aver saputo di un brindisi della famiglia Lo Bianco il giorno dei funerali del padre: nel momento del passaggio del feretro, dal bar in cui si trovavano, avrebbero alzato i calici al cielo.
Piccione, dunque, è vittima innocente della ‘ndrangheta, non avendo avuto alcun ruolo, come confermano i giudici, nell’omicidio di Leoluca Lo Bianco, avvenuto un anno prima di fronte il fondo di sua proprietà. Per l’omicidio di Lo Bianco il clan aveva anche considerato di agire contro «un soggetto di Pannaconi» al posto di Filippo Piccione. Piani poi cambiato dopo un incontro tra l’uomo di Pannaconi e i Lo Bianco. Come dichiarato anche dallo stesso Antonio Grillo – «vi era il sospetto che fosse stato costui a sparare ma che, poi, a prescindere dal fatto che fosse materialmente responsabile si era deciso di agire nei confronti di Piccione». L’agguato Lo Bianco, avvenuto in contrada Nascari, resta ancora impunito. Secondo i giudici, «Piccione, sentito all’epoca, ha dato una versione coerente e trasparente e con evidenza non era in contrada Nasari la sera dell’agguato». Dietro l’omicidio Lo Bianco ci potrebbero essere vari motivi, spiegano i giudici, anche «ascrivibili al contesto criminale». «Sta di fatto – sentenziano i giudici – che l’incolpevole Piccione» è stato ritenuto responsabile, «una sorta di capro espiatorio». (Ma.Ru.)
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