CATANZARO Un gruppo «organizzato in modo professionale», in grado di gestire «ingenti quantitativi di stupefacente, anche di tipo diverso», servendosi di un sistema collaudato in cui ogni membro opera «con metodiche ben precise e con un proprio ruolo». Così le cosche di ‘ndrangheta operative sul territorio di Cutro sarebbero state in grado di far crescere gli affari legati al narcotraffico, con «vere e proprie reti di vendita, plurimi canali di approvvigionamento e referenti di zona». Ad accertarlo la Dda di Catanzaro con l’inchiesta “Sahel” che ha messo in luce gli affari della cosca Martino, che si è dimostrata pronta a riempire il vuoto di comando lasciato dal boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, dopo il pentimento (non ritenuto attendibile) e la decisione di collaborare con la giustizia.
«Il continuo riferimento – scrive il gip – nelle conversazioni intercettate alle quantità cedute ed ai prezzi praticati hanno consentito di stimare il cospicuo volume di affari del sodalizio». E a pesare sono state anche le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, in particolare sul tema quelle di Giuseppe Liperoti e Gaetano Aloe. Quest’ultimo nel corso di un interrogatorio reso nel 2023 ha dichiarato di aver avuto a che fare con Salvatore Martino per l’acquisto di cocaina e che proprio il gruppo dei Martino gli aveva riferito che erano soliti rifornirsi di narcotico dai Mannolo. Ma è anche Giuseppe Liperoti nel corso degli interrogatori resi nel 2017 a parlare del ruolo dei Martino, ma non solo. Il collaboratore di giustizia ha raccontato le dinamiche interne della cosca Grande Aracri e la volontà che sarebbe stata espressa in particolare dal fratello del capobastone Nicolino, Ernesto Grande Aracri, di espandere il potere del clan facendo diventare Cutro un vero e proprio riferimento in materia di narcotraffico, fino ad arrivare in Emilia Romagna, lì dove il clan è riuscito a mettere radici profonde.
«Per volere di mio zio Nicola Grande Aracri la nostra cosca non ha mai effettuato grossi traffici di sostanze stupefacenti in quanto lo stesso mio zio riteneva che trafficare in droga avrebbe a lungo termine attirato le Forze di Polizia sul nostro territorio e pertanto sarebbe stata una scelta dannosa. Ad ogni modo, considerato che molti di noi affiliali non avevano un’occupazione lavorativa che ci consentisse il sostentamento, non si opponeva a che alcuni di noi, tra cui appunto io, effettuassimo la compravendita di stupefacenti in quantità modiche. Di diverse vedute era invece Ernesto Grande Aracri il quale, invece, non biasimava il traffico di sostante stupefacenti tanto da consentirlo in primis all’affiliato Pasquale Diletto, individuato come figura di assoluto riferimento per questo tipo di attività», ha raccontato il collaboratore di giustizia Giuseppe Liperoti, che ha inoltre indicato quali soggetti dediti allo spaccio di stupefacenti a Cutro, tra gli altri, anche Vito Martino, i figli Luigi e Salvatore e Salvatore Peta e ha dichiarato di esserne a conoscenza per aver parlato con i diretti interessati, per aver assistito di persona a episodi di acquisto di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per aver partecipato ai loro affari di droga, spacciando anche in compagnia degli stessi sostanze stupefacenti di ogni tipo e natura e, infine, per averlo appreso in carcere da altri sodali, tra cui Giuliano Muto. E raccontando di viaggi in auto nella Locride per acquistare partite di cocaina («mi riferisco a quantitativi di circa 2 kg»), in particolare tra Bovalino e Platì, Liparoti parla di un vero e proprio piano progettato dal fratello di Nicolino Grande Aracri, Ernesto: «Ampliare il traffico di stupefacenti e fare in modo che Cutro divenisse una sorta di centro di smistamento per rifornire le piazze di Crotone e Reggio Emilia». (m.ripolo@corrierecal.it)
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