VIBO VALENTIA Un progetto omicidiario nei confronti di Raffaele Moscato, ben prima che l’esponente dei Piscopisani decidesse di collaborare con la giustizia. È quanto racconta Renato Marziano, altro affiliato al clan di Piscopio che già dal 2018 ha deciso di intraprendere la strada della collaborazione, ma i cui verbali sono stati resi noti solo ora con l’inchiesta Porto Salvo. Tra i motivi della sua decisione, per cui Marziano aveva affermato di essersi «sentito tradito» e di non credere più negli ideali della ‘ndrangheta, anche la decisione, avallata dai vertici del clan, di uccidere Raffaele Moscato, uno che aveva «dato la vita per i Piscopisani, senza tradirli mai». Progetto omicidiario che, però, non è più andato in porto, anche a causa della decisione di Moscato di pentirsi, scelta che di fatto gli ha “salvato” la vita.
Il piano, specifica Marziano, sarebbe stato maturato prima della collaborazione di Moscato. Tanto che in una battuta colta dal collaboratore di giustizia in un dialogo, veniva detto che «era stato meglio che fosse divenuto pentito altrimenti sarebbe morto». Per l’agguato era arrivata anche l’autorizzazione dei vertici del clan, ma per quanto riguarda gli esecutori materiali, risponde Marziano, «non so chi era stato designato». Le intenzioni di ucciderlo nascevano dal fatto che Moscato «era inviso in quanto assieme a Rosario Battaglia ed a Michele Fiorillo “Zarrillo” avevano organizzato l’omicidio di Pantaleone Mancuso, inteso “scarpuni”». Un omicidio che, se compiuto, avrebbe certamente fatto scalare le gerarchie a Moscato all’interno della ‘ndrangheta, innalzando sia la dote che «il rispetto delle altre ‘ndrine». In più, gli avrebbe anche consentito di arrivare alla Società Maggiore e, di conseguenza, sarebbe venuto «meno per lui il dovere di ammazzare ulteriormente».
Motivi per cui Moscato sarebbe stato “inviso” all’interno della cosca stessa. In primis, dal presunto boss Nazzareno Fiorillo, anche contrario alla morte di “Scarpuni” in quanto «ben consapevole del fatto che ciò avrebbe aperto un ulteriore fronte oltre quello che era in atto con i Patania». Fiorillo non avrebbe poi gradito l’ascesa criminale di Moscato, che avrebbe così «sopravanzato nella considerazione criminale» lo stesso Fiorillo. Quest’ultimo, come racconta Marziano, «non ha potuto mettere il suo velo al progetto in quanto di esso era promotore anche Michele Fiorillo “Zarrillo” che è pur sempre colui il quale, aveva avuto l’investitura di capo società». Anche i Fiarè sarebbero intervenuti, invano, per tentare di far desistere i giovani piscopisani dall’omicidio di “Scarpuni”. L’agguato, tuttavia, sarebbe poi fallito perché, nonostante l’appostamento già pronto, «Mancuso non era passato da dove loro presumevano». Venuto meno l’omicidio di “Scarpuni”, anche il piano per uccidere Moscato si sarebbe dunque fermato, anche per via della sua successiva collaborazione. (Ma.Ru.)
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