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Indagini sull’omicidio del brigadiere Tripodi, depositata la relazione tecnica dei Ris

Sotto la lente una divisa, sassi, frammenti di asfalto e 5 cartucce, per fare luce sull’assassinio del carabiniere a San Luca nel 1985

Pubblicato il: 21/10/2024 – 15:34
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Indagini sull’omicidio del brigadiere Tripodi, depositata la relazione tecnica dei Ris

La divisa del brigadiere Carmine Tripodi, una busta in plastica con sassi repertati sul luogo del delitto, frammenti di asfalto, 5 cartucce calibro 12 esplose. Sono questi i reperti sottoposti ad analisi da parte dei Ris di Messina, che hanno depositato la relazione tecnica sugli accertamenti disposti dalla Procura di Reggio Calabria che vuole fare luce sull’omicidio commesso a San Luca il 6 febbraio del 1985. I killer del brigadiere non sono mai stati individuati, ma prima di morire per mano del commando che gli sparò contro diversi colpi di arma da fuoco, Tripodi, seppur ferito, riuscì a esplodere cinque colpi con la pistola d’ordinanza, ferendo uno dei suoi killer. È su quelle tracce di sangue che si indaga per scoprire la verità sulla brutale esecuzione del sottufficiale dei carabinieri. L’obiettivo della Procura reggina è l’estrapolazione di un profilo genetico e quindi «l’identificazione degli autori dell’omicidio mediante comparazione con altri profili genetici presenti in banca dati o altrimenti acquisiti».

I risultati

Nelle considerazioni conclusive dei Ris infatti si rileva che «le analisi genetico molecolari effettuate sul campione» corrispondenti alla «traccia ematica sulla spalla destra della giacca in reperto», hanno permesso di ottenere «un profilo genotipico riconducibile ad un individuo ignoto di sesso maschile denominato “Soggetto A”». Si tratterebbe dello stesso brigadiere Tripodi: «In relazione a quanto analizzato ed alle informazioni deducibili dagli atti trasmessi, – si legge – è verosimile ricondurre il profilo descritto alla vittima».
E ancora: «Le analisi genetico molecolari effettuate sui campioni» corrispondenti a «traccia salivare sulla spalla sinistra della giacca in reperto» e «frammenti di nastro adesivo» – «sottoposti a reiterate amplificazioni anche con diversi kit in commercio – hanno permesso di ottenere dei profili genotipici misti (ovvero formati dalla commistione di materiale genico riconducibile a più soggetti) denominati rispettivamente “Miscela “1 e “Miscela 2”. Tali assetti genotipici sono ritenuti utili per comparazioni in presenza di opportuni campioni biologici di confronto di certa riferibilità». I ris rilevano inoltre che la «fase di quantificazione» condotta su altre tracce «non ha permesso di rilevare quantità di DNA in concentrazioni tali da consentire il proseguo delle analisi». E infine su altri campioni «gli accertamenti non hanno consentito di estrapolare alcun profilo genetico utile». I risultati non avrebbero dato dunque riscontri positivi: «Qualora ritenuto di interesse investigativo – si legge nella relazione tecnica – si rimane in attesa di campioni biologici di confronto relativi a persone coinvolte nell’evento criminoso, al fine di attribuire le componenti alleliche dei profili ottenuti dai reperti». (m.r.)

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