ROMA Nella relazione del prefetto di Vibo Valentia «viene dato atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su forme di condizionamento e ingerenza della criminalità organizzata di tipo mafioso nei confronti dei vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia». Lo scrive il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nella relazione che ha portato allo scioglimento dell’Asp di Vibo Valentia per infiltrazioni mafiose: il decreto di scioglimento, con le relazioni allegate, è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta Ufficiale.
Il ministro Piantedosi nella sua relazione aggiunge: «La relazione prefettizia precisa che l’Azienda sanitaria provinciale è stata oggetto di interferenze da parte delle locali cosche mafiose, tali che con decreto del Presidente della Repubblica del 23 dicembre 2010 sono state accertate le condizioni per procedere allo scioglimento per condizionamenti da parte della criminalità organizzata che, di fatto, ne controllava gli appalti e le pubbliche forniture e risultava “essere in rapporto di relazione diretta e/o indiretta con il personale dipendente dell’Asp”. Le ingerenze della criminalità organizzata e i tentativi di condizionare la vita amministrativa dell’ente sanitario sono proseguiti anche negli anni successivi, come viene confermato dagli esiti di diverse inchieste giudiziarie, richiamate dal prefetto di Vibo Valentia il quale evidenzia che le stesse hanno reso palese come l’Azienda sanitaria di Vibo Valentia, sia per l’importanza delle risorse che gestisce che per la natura dei servizi resi, rappresenta un terreno di conquista e di occupazione da parte delle locali consorterie criminali. Le risultanze della recente operazione di polizia denominata Maestrale-Carthago hanno posto in rilievo le ingerenze riconducibili alle locali consoterie, tese a condizionare il personale amministrativo e medico dell’azienda sanitaria, parte del quale risulta avere legami diretti o indiretti con i diversi clan ‘ndranghetisti del territorio, oltre ad essere coinvolto in procedimenti giudiziari. Nella relazione prefettizia viene posto in rilievo un contesto territoriale fortemente condizionato dalla criminalità organizzata ove sono state riscontrate palesi criticità in tutte le articolazioni dell’azienda sanitaria, con particolare riferimento alla gestione del personale, agli incarichi professionali, alla gestione del patrimonio immobiliare, ai lavori pubblici, alle forniture di beni e servizi, alle prestazioni sanitarie convenzionate».
Ancora, la relazione di Piantedosi rileva che «in merito all’attività della commissione di indagine, il prefetto di Vibo Valentia ha, innanzitutto, stigmatizzato la scarsa collaborazione prestata dalla struttura dirigenziale dell’azienda sanitaria nel fornire la documentazione richiesta dall’organo ispettivo, tanto da affermare «non tutta la documentazione richiesta (…) è stata consegnata nei tempi stabiliti», circostanza questa che “già di per sé deve ritenersi sintomatica di una grave criticità”, non fosse altro di natura organizzativa evidenziando, altresì, “l’assoluta gravità del fatto», pur in presenza di obblighi informativi nascenti da richieste provenienti da una commissione di indagine nominata ai sensi degli articoli 143 e 146 del decreto legislativo n. 267/2000. Gli esiti ispettivi hanno consentito di riscontrare diversi contatti tra le varie articolazioni dell’Asp ed elementi della criminalità organizzata, rapporti che complessivamente considerati depongono per l’esistenza di un condizionamento dell’ente nel suo complesso, che si rileva in modo particolare nel controllo delle procedure seguite per gli affidamenti di commesse pubbliche concretizzatesi «nel favorire società e professionisti di fatto contigui alle locali cosche di ‘ndrangheta” ».
«A conferma di ciò – si legge poi nella elazione del ministro dell’Interno – viene riferita una notevole carenza dei controlli antimafia laddove si evidenzia che l‘azienda sanitaria nelle deliberazioni relative agli incarichi professionali o alle assegnazioni di lavori ha spesso omesso i riferimenti alle predette verifiche preventive, risultando infatti che su ottantadue delibere oggetto di attenzione da parte della commissione di indagine soltanto in sette risultano riportati, e dunque effettuati, i prescritti controlli… L’organo ispettivo ha riportato un elenco di oltre sessanta fornitori aventi rapporti familiari o di frequentazioni con soggetti controindicati. Tra gli affidamenti diretti a fornitori, la relazione prefettizia ha posto in evidenza, a titolo esemplificativo alcune procedure di assegnazioni, che presentano anomalie e criticità nel procedimento di selezione, disposte in favore di diversi soggetti economici i cui amministratori hanno profonde cointeressenze familiari con esponenti sodali e intranei alla locale criminalità organizzata; nello specifico viene fatto riferimento a una società beneficiaria di oltre quaranta affidamenti – ventidue dei quali in somma urgenza/affidamento diretto – destinataria di informazioni interdittive antimafia i cui effetti ostativi sono stati successivamente superati per l’ammissione della stessa al controllo giudiziario. Nei fatti, è risultato che la predetta ditta, tra i mesi di gennaio e febbraio 2019, è stata destinataria di numerosi provvedimenti con i quali l’Asp ha liquidato diversi affidamenti di “somma urgenza” quasi tutti relativi all’anno precedente e con ciò facendo concentrare i pagamenti nel breve periodo necessario al perfezionamento dell’iter amministrativo preannunciante l’ostatività antimafia poi effettivamente adottata nel marzo 2019. E ancora – rimarca la relazione di Piantedosi – vengono, inoltre, segnalati i numerosi affidamenti disposti in favore di alcune ditte inserite nell’elenco dei fornitori dell’ente, tutte di fatto riconducibili allo stesso nucleo familiare, avente stretti rapporti e frequentazioni con ambienti controindicati. La relazione prefettizia, nel precisare che i rapporti commerciali tra il predetto nucleo familiare e la Asp, consolidati nel tempo, sussistono ininterrottamente dal 2014, pone in rilievo che a favore di una delle menzionate ditte, che ha avuto numerose assegnazioni – come si rileva tra l’altro dalle delibere emesse tra gli anni 2018/2021 – sono state liquidate diverse fatture, i cui atti riportano la seguente dicitura, “(…) per la liquidazione di varie fatture relative a varie richieste di intervento che rivestono carattere d’urgenza e qualsiasi acquisto, anche il più insignificante, diventa improcrastinabile per non creare disagi ed ulteriori sofferenze agli utenti (…)», ciò a testimonianza, anche in questo caso, della ricorrente prassi dell’affidamento diretto in somma urgenza sulla base di generiche argomentazioni e quindi in carenza dei presupposti richiesti dalla normativa di settore».
Per Piantedosi «il contesto generale di mala gestio, aggravato dal disordine organizzativo ed amministrativo in cui si trova ad operare l’azienda sanitaria e che consente alle consorterie criminali di proliferare ed infiltrarsi, si rileva anche dalle modalità di gestione del servizio dei distributori automatici di alimenti e bevande negli uffici e negli ospedali dell’ente, attività che per decenni si è caratterizzata per l’assoluta assenza di legalità, con conseguenze sia in termini di esborsi per l’ente, in particolare per i costi dell’energia elettrica, solo parzialmente rimborsati, sia in termini di mancati introiti, con notevolissimi perdite economiche da parte dell’azienda sanitaria per le cui responsabilità sono in corso accertamenti presso le competenti autorità giudiziarie calabresi. La relazione dell’organo ispettivo ha, infatti, evidenziato che non è stato versato alcun canone di concessione da parte delle società operanti, peraltro, tutte ditte prive di titolo autorizzativo valido, derivante dalla predisposizione e conclusione di apposita procedura di gara, molte delle quali risultano essere collegate, per vincoli familiari o per frequentazioni, al contesto criminale della Provincia di Vibo Valentia. Come emerge dalla relazione prefettizia, soltanto di recente, il servizio risulta essere stato oggetto di procedura ad evidenza pubblica».
Infine, la relazione del Viminale evidenzia: «L’inefficienza gestionale che pervade l’azienda sanitaria è altresì, attestata dell’esame delle attività connesse ai contratti stipulati con le strutture private accreditate che tuttora operano in convenzione con il servizio sanitario; viene riferito che dalle risultanze di una recente operazione di polizia è emerso che una struttura privata convenzionata – nei confronti della quale, peraltro, si rilevano “… significativi elementi di contiguità con esponenti della criminalità organizzata” – per ben dieci anni, sebbene autorizzata e accreditata per l’esecuzione di prestazioni in diverse discipline, “avrebbe eseguito indebitamente prestazioni sanitarie chirurgiche di carattere ambulatoriale, in carenza per una determinata branca sia dell’autorizzazione sanitaria per l’esercizio sia dell’accreditamento con l’ente” ».
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