Il Grande Oriente della Massoneria italiana nel caos per le lotte interne a colpi di ricorsi alla magistratura è uscita dalla tradizione, il che preoccupa molti fratelli di obbedienza. «Questa storia è peggio della P2» ci confessa un affiliato di alto grado che commenta ad orecchio l’ultima decisione del Tribunale civile di Roma.
A sfidarsi per il ruolo di Gran Maestro il rossanese Antonio Seminario, primo calabrese a salire in cima per aver battuto Leo Taroni sostenuto dal Rito Scozzese e grembiuli delle logge del Nord.
Quest’ultimo porta avanti un programma di presunta pulizia da attuare contro le contaminazioni deviate dei fratelli meridionali e contesta anche la norma che ha messo tutte le case massoniche nella mani di chi governa il Goi. Riusciamo a parlare con il maestro Seminario che ci dice: «La stragrande maggioranza dei Fratelli assiste con attenzione agli sviluppi della vicenda elettorale e ne attende con pazienza gli esiti sia interni che giudiziari» e conferma la preoccupazione raccolta dal cronista perché la vicenda «nuoce, purtroppo, alla Massoneria in sé e quindi anche alla sua credibilità».
In modo contrastato la scorsa primavera le elezioni si erano chiuse a favore di Seminario con uno scarto di soli 26 voti, però aveva molto pesato l’annullamento di 139 preferenze alla lista di Taroni. Dopo molti ricorsi rigettati a Taroni e ai suoi sostenitori ora il Tribunale di Roma ha ritenuto che la mancata rimozione del talloncino antifrode non può invalidare quei consensi. Su questo dato il Tribunale ha deciso la sospensione dell’elezione del calabrese Seminario che era da aprile nell’esercizio della funzione. Già annunciato il ricorso da parte dei fratelli di Seminario che verosimilmente sarà deciso entro dicembre e che ora determina un vuoto di potere.
Le interpretazioni sono variegate. Quella di Seminario con nota ufficiale è questa: «Il Grande Oriente d’Italia, appresa la notizia dell’ordinanza con cui il Tribunale di Roma ha sospeso la efficacia della proclamazione del Gran Maestro e della installazione della Giunta, provvederà all’adozione degli atti conseguenti ai fini della esatta esecuzione del provvedimento cautelare in conformità alla legge, fatti salvi gli esiti del proponendo reclamo». Al netto del burocratese massonico ora l’ipotesi più probabile è che la carica possa andare nelle more al Gran Maestro precedente, il senese Stefano Bisi, che come suo vice aveva proprio Seminario. Certo la Massoneria non può essere commissariata. Siamo in presenza di un vulnus senza precedenti perché la giustizia interna massonica solitamente non si rivolge alla Legge dello Stato e invece la disputa al calor bianco è tutta al momento all’interno delle carte bollate dei tribunali della Repubblica.
Un conflitto che riguarda tutta l’opinione pubblica questa storia del Gran Oriente d’Italia e non solo gli appassionati di riti esoterici e frammassoni.
Leo Taroni è un imprenditore di Ravenna e da tempo bombarda la parte avversa sostenendo di essere il capofila di una Massoneria “pulita” che deve evitare la penetrazione di quella deviata, soprattutto mafiosa, che – nelle chat si legge – sarebbe molto presente nelle logge calabresi e siciliane. Ricordiamo che in passato il gran Maestro Bisi, per principio di autonomia e libertà, si rifiutò di consegnare alle Fiamme Gialle la lista degli aderenti calabresi e siciliani chieste dalla Commissione Antimafia preseduta da Rosy Bindi.
Sono pochi i calabresi che sostengono Leo Taroni. Solo il cosentino Luigi Carlucci ci segnalano, e in Lombardia, l’avvocato Antonio Salsone, figlio di un maresciallo delle guardie penitenziarie ucciso dalla ‘ndrangheta a Brancaleone il 7 febbraio del 1986 e che in una intervista al Tempo nel 2017 aveva dichiarato, nonostante le posizioni poi assunte: «Posso dirle che sia in Lombardia, sia in Calabria e persino nella Locride a livello di Gran Maestri ho incontrato solo persone di specchiata onestà, neanche lontanamente sospettabili di complicità con i mafiosi». Ora Salsone, espulso dal Goi, ha querelato Seminario per le dichiarazioni rilasciate all’Espresso su un suo presunto ammanco di cassa a lui attribuito sui fondi delle Logge lombarde.
Il maestro sospeso Antonio Seminario, 66 anni, originario di Crosia ma rossanese di residenza è un dirigente d’impresa. Ho avuto mondo di parlarci in occasione della Casa massonica di Cosenza qualche tempo fa. Mi disse che era la prima volta che parlava ufficialmente con un giornalista, «una scelta di riservatezza non di segretezza». Ho il ricordo di una persona gentile nei modi e colto nell’eloquio secondo costumi ricorrenti per chi ricopre la carica. Nella conversazione di un’ora che avemmo in quell’occasione non poteva mancare la mia domanda sulla massomafia e mi sentii rispondere: «Ragioni sui fatti. A Reggio Calabria ben 5 inchieste sulle deviazioni hanno visto un solo fratello indagato e poi assolto. Credo che dobbiamo difendere la nostra vera natura. Se uno va su un motore di ricerca e digita Massoneria prevale quella deviata che noi avversiamo. Lo stesso Gratteri se nota non parla mai di Massoneria». In verità Gratteri parla e agisce da sempre sulla massoneria deviata, sapendo che ci sono due obbedienze, una però è infiltrata fin dagli anni Settanta, lo hanno detto molti pentiti che esiste la doppia affiliazione. Secondo Gratteri la massoneria deviata è il male assoluto della Calabria e, infatti la Santa, scrive come storico e analista, è quella dote della società maggiore che prevede per gli ‘ndranghetisti la doppia affiliazione sia quella alla ‘ndrangheta sia quella alla massoneria deviata. Con la nascita della Santa la ‘ndrangheta si è modernizzata, entità spesso sottovalutata da molti magistrati, da forze dell’ordine, da noi giornalisti, da professori e studiosi e dalla stessa massoneria che meglio dovrebbe difendersi da certe contaminazioni al netto delle posizioni assunte.
Comunque oggi nel Grande oriente d’Italia grande è la confusione sotto il cielo e la situazione non è per nulla favorevole. Chi ne sarà Gran maestro? (redazione@corrierecal.it)
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