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La Calabria, questa sconosciuta (persino sul dialetto)

Dal “punto” sull’autonomia differenziata alla “irredimibilità” della Regione: la battaglia di Occhiuto. La transizione è lunga e per niente facile

Pubblicato il: 18/11/2024 – 10:27
di Lucia Serino
La Calabria, questa sconosciuta (persino sul dialetto)

Il vero punto a favore sull’autonomia differenziata, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, se lo porta a casa la Calabria. Non era scontata e per nulla semplice, politicamente, la posizione assunta dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, dis-allineato dalla maggioranza di Governo e dal suo stesso partito, Forza Italia, e mai indietreggiato sui rischi di un’accentuazione della cesura Nord-Sud che la riforma comportava. Se abbastanza scontata era la posizione a carrarmato del presidente campano, De Luca, condivisa, anche se non con la stessa efficacia comunicativa, dal collega pugliese Emiliano, nella geografica delle regioni meridionali dove sventola la bandiera del potere meloniano, Occhiuto è riuscito a far prevalere l’idea di un territorio su quella di una scuderia. Al netto di strategie politiche all’interno del suo stesso partito, c’è un “racconto” che emerge della Calabria, ormai a metà legislatura, che il governatore ha ben espresso l’altra sera a Cosenza alla cerimonia di premiazione “Antonio Serra 2024” che è andato ai rettori di quattro “prestigiosi” atenei italiani tra i quali Nicola Leone alla guida dell’Unical. Parentesi sull’Unical. Una parte del racconto nuovo della Calabria lo si deve proprio ai progressi dell’ateneo.
Il racconto di Occhiuto, dicevamo, puntualmente consegnato al cerchietto rosa che aggiorna le storie di Instagram e tagliato significativamente proprio nella parte in cui esprime un pensiero base, il punto dei punti della questione regionale, cioè la vergogna, il disagio di dirsi calabresi. «C’è stato un momento in cui un imprenditore aveva difficoltà a dire che la sede legale della sua azienda era a Reggio Calabria», ha detto rivolgendosi al presidente della Camera di commercio di Cosenza, Klaus Algieri. Lo stigma di essere calabrese. L’aggettivo usato come dispregiativo. E non c’entra la ‘ndrangheta. Perché nessuno si sogna di usare l’aggettivo “napoletano” o “siciliano” in senso dispregiativo. Spesso, anzi, a Nord di Eboli, in una zona cioè che ha contribuito non poco al sacco edilizio dell’alto tirreno cosentino, l’idea della Calabria, chiusa la parentesi marittima, viene sistematicamente sorpassata come se non esistesse, come se non avesse diritto autonomo di esistenza, al punto che – esperienza diretta divertente ma significativa della famiglia di chi scrive – persino un marcato accento cosentino viene puntualmente confuso con quello siciliano. Non quello reggino che ha evidenti affinità, ma quello cosentino.
La Calabria, cioè, è un’idea indefinita, vaga, confusa, pregiudizialmente negativa al punto da disconoscerne l’esistenza stessa o affermarla in termini di disvalore. La stessa percezione non si ha di Napoli, ad esempio, esempio del più grande fallimento socio educativo, un dramma, per quello che la cronaca ci restituisce sui ragazzini killer. Però qui non basta un Saviano a ribaltare il desiderio di Napoli. Perché la Calabria no? Storia, certo. Ma c’è riuscita Matera, vergogna delle vergogne italiane. «La Calabria è stata a lungo considerata irredimibile», ha detto con onestà Occhiuto. «Parlate male di me ma non buttare fango sulla Calabria». La transizione è lunga. Ed è un bene che se ne parli, che ne parli innanzitutto il primo cittadino della Regione. Vi aggiorno sul dialetto cosentino. (redazione@corrierecal.it)

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