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Reggio Calabria, Alati: «Leucemia mieloide acuta, allunghiamo sopravvivenza anche per i pazienti più fragili»

Nella città dello Stretto il primo corso di formazione in ematologia, il caso delle target therapy e la sopravvivenza dei pazienti “senza speranza”

Pubblicato il: 26/11/2024 – 12:41
Reggio Calabria, Alati: «Leucemia mieloide acuta, allunghiamo sopravvivenza anche per i pazienti più fragili»

REGGIO CALABRIA Dal 28 al 30 novembre Reggio Calabria sarà la sede del primo corso di formazione della Magna Grecia con al centro dei confronti, di livello nazionale ed internazionale, lo stato dell’arte in ematologia, i progressi della ricerca, l’impiego di nuove strategie terapeutiche per lo più di tipo biologico e molecolare, i risultati che, fino a qualche anno fa, erano insperati. La sede di questo corso premia, per l’ennesima volta, una struttura – quella reggina – che di fatto è un riferimento non solo per la Calabria ed il meridione ma per l’intero paese. I contributi di medici, esperti e ricercatori saranno decisamente numerosi e consentiranno di approfondire sia i profili che riguardano le principali malattie oncoematologiche, sia un gruppo di patologie ematologiche gravi ma non tumorali.

L’approccio innovativo

Caterina Alati, dirigente medico della divisione di Ematologia a Reggio Calabria, ci spiega in particolare in nuovo approccio che riguarda i pazienti cosiddetti “Unfit”: «Si tratta di quei pazienti che non solo leggibili al trattamento chemioterapico intensivo per la leucemia mieloide acuta, di fatto soggetti con caratteristiche cliniche che non consentono quei trattamenti intensivi che prevalentemente vengono riservati ai pazienti giovani». «La definizione di unfitness clinica – aggiunge Alati – è correlata sostanzialmente alla funzionalità d’organo, il paziente che presenta un danno cardiaco, polmonare, renale o epatico di grado severo o comorbidità di altro genere ma sempre di grado severo diventa ineleggibile al trattamento chemioterapico intensivo». «Oggi – aggiunge Alati – a questo paziente possiamo offrire degli approcci terapeutici che vengono definiti target therapy in combinazione poiché vanno ad agire in maniera specifica sulla cellula leucemica ed hanno effetti collaterali più contenuti. Il più conosciuto è la combinazione azacitidina-venetoclax e cioè la combinazione di un agente ipometilante e di un farmaco che agisce su un target terapeutico chiamato BCL 2». (Il farmaco venetoclax induce le cellule tumorali ad andare in apoptosi ossia a suicidarsi. Azacitidina blocca la crescita di cellule tumorali impedendone la sintesi di DNA e RNA, molecole fondamentali per la loro crescita e sopravvivenza ndr). Un approccio, dunque, innovativo che determina un mutamento sostanziale «in passato – evidenzia Alati – al paziente unfit non potevamo offrire farmaci che potessero determinare un miglioramento delle risposte ed un prolungamento della sopravvivenza. Di fatto l’unico obiettivo perseguibile era rappresentato dal miglioramento della qualità della vita. L’introduzione di questi farmaci ha stravolto il concetto. Oggi anche nel paziente unfit miriamo a prolungare la sopravvivenza. Ricordiamo che l’unico trattamento potenzialmente curativo per la leucemia acuta rimane il trapianto di midollo osseo che è però riservato al paziente fit, cioè in grado di riceverlo. Questi nuovi approcci terapeutici ci consentono invece ed a differenza del passato di prolungare la sopravvivenza per i pazienti sui quali non sono possibili altre forme di cura».

«Terapia consolidata»

Una prospettiva che ha già determinato, in concreto, dei risultati «è una terapia consolidata, sulla quale ormai abbiamo un’esperienza di quasi sette anni e che si è dimostrata efficace nel prolungare la sopravvivenza. La leucemia acuta, in assenza di terapie, porta al decesso del paziente in due mesi, oggi invece con questa terapia siamo in grado di prolungare la sopravvivenza del paziente». Passi in avanti, dunque, che vengono compiuti lungo un percorso che è assai difficile ed è caratterizzato da patologie estremamente complesse, risultati che sono ottenuti attraverso un mix di fattori, la ricerca costante e quotidiana, la sperimentazione, le performance di centri nei quali esiste un altissimo livello di professionalità e multidisplinarietà. Ed è, evidentemente, proprio questo l’obiettivo del corso di formazione a Reggio Calabria «ciò di cui discutiamo accade nella nostra città, grazie a misure diagnostiche e terapeutiche. Disponiamo di laboratori di altissima qualità che utilizzano metodiche avanzate e consentono di fare diagnosi precoci ed approfondite. Riusciamo a definire infatti le caratteristiche prognostiche o le mutazioni genetiche con l’ausilio di metodiche estremamente avanzate come l’NGS che studia i geni. Una diagnosi precoce e particolarmente approfondita, resa possibile da questi laboratori di eccellenza, ci consente poi di offrire cure mirate e terapie intelligenti in un ambiente che è strutturalmente adeguato e di livello identico a quello dei centri di eccellenza in Italia». (redazione@corrierecal.it)

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