LAMEZIA TERME La Procura Generale ha proposto ricorso in Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza del processo “Quita Bolgia” in riferimento all’assoluzione degli imputati Pietro Putrino, Diego Putrino (classe ’82), Diego Putrino (classe ’67), Ugo Bernardo Rocca e Vincenzo Torcasio dal reato di associazione mafiosa. Il pg Raffaella Sforza ha chiesto anche l’annullamento della revoca della confisca dei beni e delle società delle famiglie Putrino e Rocca e quello del rigetto della confisca anche per equivalente e del profitto frutto della commissione degli illeciti amministrativi nei confronti di Croce Rosa Putrino srl, La Pietà Putrino srl, Putrino Service srl e Rocca Servizi sas di Pietro Rocca.
La Corte d’Appello di Catanzaro aveva deciso, a luglio, di assolvere Diego Putrino (cl. 67), Diego Putrino (cl. 82), Pietro Putrino, Silvio Rocca, Ugo Rocca Bernardo e Vincenzo Torcasio dal capo 1) «perché il fatto non sussiste», di assolvere Giuseppe Perri, Diego Putrino (cl. 82) e Diego Putrino (cl. 67) dal reato ascritto al capo 4) «perché il fatto non sussiste», escludendo anche la responsabilità delle società Croce Rosa Putrino s.r.l., La Pietà Putrino s.r.l., Putrino Service s.r.l. e Rocca Servizi s.a.s. in relazione al capo I) «perché l’illecito amministrativo non sussiste».
Secondo il procuratore Raffaella Sforza «in fase cautelare il Riesame aveva ritenuto configurabile, nei riguardi di Pietro Putrino, la fattispecie delittuosa di concorso esterno in associazione mafiosa» perché «aveva assunto una certa rilevanza l’accertata esistenza di rapporti intercorrenti tra Pietro Putrino e Vincenzo lannazzo». Con un vantaggio che per Putrino «discendevano dal potersi destreggiare all’esterno, di fronte ai concorrenti imprenditori di servizi funebri e di fronte agli operatori delle strutture pubbliche sanitarie», vantando una «protezione che di fatto aveva determinato una sudditanza delle altre imprese». A tal proposito, il sostituto procuratore Sforza, nel ricorso, sottolinea come «le società di Pietro Putrino avessero assunto soggetti legati alla criminalità organizzata locale quali Pierdomenico lannazzo, Luigi Notarianni, Vincenzo Torcasio “Enzino”, Giovanni Giampà, associati al clan Giampà e condannati per associazione mafiosa».
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