Monsignor Savino: «Oggi è in atto uno scontro fra i tre poteri che indebolisce la democrazia»
Il vescovo invita a non cadere nel «male della banalità» e torna sull’autonomia e della giustizia. Nel 2025 «dobbiamo essere artigiani della speranza»

LAMEZIA TERME «Se Hanna Arendt parlava della banalità del male, oggi corriamo il rischio di vivere il male della banalità». È un invito al ragionamento, alla riflessione profonda contro «i pensieri toccata e fuga», quello di monsignor Francesco Savino, vescovo della diocesi di Cassano all’Ionio. Intervistato dal Corriere della Calabria, ribadisce il valore della memoria, «custodia del tempo che passa, che ci aiuta a vivere meglio il presente e ci apre al futuro. Oggi c’è banalità quando cediamo, istintivamente e senza ragionare, a certe emozioni, ma abbiamo bisogno di coltivare sentimenti profondi». Monsignor Savino ripercorre un anno «pieno di grazia di Cristo, ma anche impegnativo», che lo ha visto prendere forti posizioni anche contro l’autonomia differenziata e mostrando la sua preoccupazione per tempi «notturni», a cui però si contrappone la speranza dell’anno giubilare.
«Non tacciamo di fronte a situazioni che creano maggiore povertà»
«I cittadini cristiani – afferma il vescovo – vivono con il Vangelo e con la Costituzione. Questa duplice fedeltà marca una differenza nel tempo che viviamo, nel mondo in cui siamo immersi». Monsignor Savino fa riferimento, in particolare, all’autonomia differenziata, su cui i vescovi italiani hanno preso una forte posizione contraria, arrivando anche allo scambio di vedute con alcuni esponenti politici. «Ci abbiamo messo la faccia. Avevamo invitato a una riflessione più approfondita e a un dialogo più attento. Noi non facciamo politica, ma per amore del nostro popolo non tacciamo di fronte a quelle situazioni che possono generare maggiore povertà e disuguaglianza».
«Oggi è in atto uno scontro fra i tre poteri e questo indebolisce la democrazia»
Così come a preoccupare il vescovo è la questione degli immigrati, che «sono diventati una sorta di capro espiatorio sociale. C’è sempre questo atteggiamento come se, aprioristicamente, si tratta di criminali. Per me gli immigrati non sono un problema, ma una risorsa. Solo che serva una visione politica europea». Resta poi l’animato dibattito tra magistratura e politica sulla riforma della giustizia. «C’è in atto uno scontro molto forte a mio avviso tra i tre poteri e questo mi preoccupa perché indebolisce la democrazia, sempre più debole e fragile. Al tempo stesso genera meno credibilità da parte delle istituzioni. Dobbiamo stare attenti a non eccedere in questo scontro, perché poi ci sono cittadini scoraggiati e sfiduciati che non partecipano più alla vita democratica». In aggiunta, ci sono le consuete «disuguaglianze sempre più presenti, la ricchezza che si concentra sempre più nelle mani di pochi, i salari invece molto bassi».
Sulla Calabria
Pur essendo pugliese di nascita, monsignor Savino in Calabria ha trovato casa: «Una terra bellissima, di quella bellezza che ci può salvare la vita. Deve cambiare il sistema culturale, antropologico e anche un po’ le classi politiche. La Calabria può farcela nel momento in cui capiamo che non dobbiamo piangerci addosso. Le risorse ci sono e il calabrese per definizione antropologica è un bel capitale umano. Allora partiamo dal basso, attiviamo processi di liberazione e anticipazione. I vescovi sono a disposizione per questo cambiamento».
Un anno all’insegna della speranza
Nel 2025 l’arrivo dell’anno giubilare all’insegna della speranza, la parola chiave scelta dalla Chiesa. «Sono convinto che è stata profetica l’intuizione di Papa Francesco. Perché nel tempo delle passioni tristi e del disincanto, nel tempo in cui si spengono i sogni e rischiamo di cedere al pessimismo e al fatalismo, siamo chiamati a svegliare le nostre coscienze: dobbiamo organizzare la speranza per evitare che diventi un anestetico. Il giubileo è un grande momento di sveglia delle coscienze. Dobbiamo svegliare l’aurora nonostante il tempo notturno. Dobbiamo tutti convertirci a livello comunitario e personale, ma che non sia un cambiamento gattopardesco. Di solito si dice finché c’è vita c’è speranza, io dico il contrario: finché c’è speranza c’è vita». Infine, da monsignor Savino un augurio per il nuovo anno in cui «noi tutti dal basso diventiamo artigiani della speranza». (redazione@corrierecal.it)
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