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Autonomia differenziata, domani la decisione della Corte Costituzionale

La Consulta dovrà esprimersi sull’ammissibilità del referendum abrogativo

Pubblicato il: 19/01/2025 – 19:53
Autonomia differenziata, domani la decisione della Corte Costituzionale

Il referendum contro l’Autonomia differenziata è ormai arrivato alla fase finale. Dopo il parere favorevole della Cassazione, che ha certificato la regolarità delle richieste dei comitati promotori, domani la Corte Costituzionale deciderà se ammettere la consultazione popolare che mira ad abrogare la legge Calderoli. La sentenza sarà presa da una Consulta “ridotta” a soli 11 giudici, anziché 15, a causa del mancato accordo in Parlamento sulla nomina dei quattro membri di nomina politica, nonostante le sollecitazioni del Presidente della Repubblica.

La decisione cruciale della Corte

La Corte Costituzionale è chiamata a esaminare sei quesiti referendari, tra cui quello sull’Autonomia, e altre questioni importanti come la cittadinanza per gli extracomunitari e alcune modifiche alla legislazione sul lavoro. La Camera di consiglio, che si svolgerà a porte chiuse, vedrà la partecipazione dei comitati promotori e di alcune associazioni coinvolte. La decisione finale, prevista per il pomeriggio di domani, potrebbe aprire la strada a un referendum tra aprile e giugno, a meno che la Corte non blocchi la consultazione.

La Cassazione e le conformità legali

A metà dicembre, la Cassazione aveva già valutato la regolarità delle richieste di referendum, ritenendo conformi alla legge le proposte di abrogazione totale della legge Calderoli. Al contrario, non è stata accolta la richiesta di abrogazione parziale avanzata da alcuni consigli regionali di centrosinistra (Campania, Puglia, Toscana e Sardegna), che avrebbero voluto eliminare solo alcune disposizioni.
La legge Calderoli, che prevede una maggiore autonomia per le Regioni in settori strategici come sanità e istruzione, è stata oggetto di una sentenza della Corte Costituzionale lo scorso anno. In quella occasione, la Consulta aveva bocciato alcuni aspetti della riforma, in particolare la gestione centralizzata dei livelli essenziali di prestazione (Lep) e la possibilità di trasferire materie senza una giustificazione adeguata, in contrasto con il principio di sussidiarietà.

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