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l’analisi

Un quarto di secolo dalla morte di Craxi

E attorno Enzo Lo Giudice, Franz Caruso, la statua di Mancini e Franco Piperno

Pubblicato il: 23/01/2025 – 11:03
di Paride Leporace
Un quarto di secolo dalla morte di Craxi

Il quarto di secolo dalla morte di Bettino Craxi, oltre alla riabilitazione post mortem del presidente Sergio Mattarella, ha registrato una copiosa produzione libraria su scaffali tradizionali e piattaforme con le uscite, ad esempio, dei volumi di Aldo Cazzullo e Antonio Franco firme di primo piano del Corriere della Sera, la memoria biografica della figlia Stefania, una raccolta delle lettere di Bettino curate dal giovane politologo Andrea Spiri, e ancora una nuova edizione della biografia di Fabio Martini cui Rubbettino ha aggiunto alcuni documenti inediti.
Se gli editori pubblicano è evidente che Craxi esercita ancora interesse e analisi a 25 anni dalla sua controversa scomparsa in terra straniera.
Mi sembra filologico aggiungere a queste uscite anche un volume appena pubblicato da Pellegrini editore che Bettino lo incrocia di lato ma con un punto di vista significativo.
Francesco Kostner, prolifico autore che dell’intervista ha fatto uno strumento principe della sua bibliografia, scava e restituisce cronaca sulla figura di Enzo Lo Giudice, calabrese di livello in politica e nell’avvocatura. Lo fa intervistando il figlio Salvatore, anch’egli avvocato e grand commis, che oltre ricordi e analisi mette a disposizione anche un buon arsenale di documenti e scritti del padre. Ma chi era Enzo Lo Giudice protagonista del libro “L’ultimo comunista”? Un poliedrico esponente del Sessantotto italiano che nella sua Paola e in tutta la Calabria diffonde il pensiero maoista da esponente nazionale dell’Unione dei comunisti italiani (marxisti-leninisti) formazione in cui militarono anche da giovani il regista Marco Bellocchio e il giornalista Antonio Polito tra i tanti.

Che affinità ha un rivoluzionario di tal fatta con Bettino il socialista?

Del Giudice nella seconda parte della sua vita si dedica con successo, fedele ai suoi principi, alla carriera di avvocato diventando uno dei migliori penalisti d’Italia aprendo uno studio a Milano. E grazie a questo tornante esistenziale sarà l’avvocato di Bettino Craxi dal primo avviso di garanzia fino all’ultimo giorno di Hammamet. È questo il nodo gordiano che permette di conoscere non solo un rapporto umano insolito e straordinario ma anche pieghe nascoste della fase emergenziale di Tangentopoli che coniugano diritto, politica e difesa della libertà alla luce di avvenimenti che dalla lente della cronaca si allargano ormai a quella della Storia. Il volume si avvale anche di una prefazione di Frank Cimini, eroica e solitaria figura di cronista di Mani Pulite che ha raccontato a Milano quell’epopea in totale distacco dalle imbeccate e dalla visione manettara del celebre Pool, e di una presentazione del sindaco socialista di Cosenza, Franz Caruso. L’esponente politico non ha difficoltà a celebrare “un grande protagonista della scena giudiziaria italiana” ma mostra al pari di Craxi rispettosa osservanza dei principi politici di Lo Giudice che ricordiamo comunque da giovane proveniva dalla sinistra socialista di Lelio Basso. Nelle righe di Caruso si nota l’affinità garantista con Lo Giudice, le divergenze politiche mi pare vengano messe da parte. L’attuale sindaco di Cosenza fu socialista al tempo del craxismo maggioritario anche in Calabria negli anni Ottanta.
Nel 1993 si schiera contro Giacomo Mancini sindaco e con una lista socialista sostiene il candidato del pentapartito Piero Carbone che al primo ballottaggio per la conquista del municipio di Palazzo dei Bruzi sarà sconfitto dal vecchio leone socialista. Siamo ai prodromi di una delle tante divisioni socialiste di quella che fu la provincia più socialista d’Italia e che si agitano come una sorta di spettro nelle recenti polemiche cosentine sulla statua di Giacomo Mancini, posta davanti al Comune con l’avallo del sindaco in sintonia con la Fondazione animata da figlio e nipote del leader e che ora dovrebbe essere collocata in altro sito con uno scontro al fulmicotone tra le parti avverse.

statua_mancini_cosenza

Al flash mob di protesta dei cittadini che non vogliono lo spostamento le dichiarazioni soprattutto dell’ex sindaco Pietro Mancini sono state, forse eccessivamente, al vetriolo. Franz Caruso ha anch’egli reagito a muso duro in eccesso. Nelle interviste che ha rilasciato l’unica concessione del sindaco è stata l’ammissione “di aver sbagliato ad autorizzare la collocazione davanti al municipio”. Caruso sostiene di aver deciso per “una collocazione migliore” su richiesta della figlia di Giacomo Mancini, Giosi, che si oppone da sempre alle iniziative memoriali del fratello Pietro e del nipote Giacomo. Il sindaco si ritiene nel giusto poggiando su un sondaggio social senza però alcuna cornice scientifica ed ha annunciato che «senza accordo con la Fondazione potrò solo restituire la statua a chi l’ha realizzata» e quindi per questo stato delle cose, per una contesa tra socialisti, Cosenza non avrebbe più la statua del sindaco più amato dai suoi cittadini. Antropologicamente Caruso ha aggiunto altre differenze rispetto a Pietro e Giacomo Mancini junior affermando «io sono un socialista nato dal popolo, sono cresciuto nelle sezioni, mentre loro nei salotti della borghesia». Osserviamo che sia Pietro che Giacomo sono stati nelle sezioni da ragazzini e che il sindaco Caruso non è avulso dalle frequentazioni della borghesia. L’uscita più infelice però di Caruso è stata contro i cittadini presenti al flash mob che sarebbero stati “pochi” e soprattutto “amici di famiglia”. Il mancinismo a Cosenza è stata un’aggregazione larga, una sorta di famiglia allargata che dopo il 1993 ha aumentato la sua portata trasversale ai partiti e che riteniamo meriti più rispetto da un sindaco socialista che rinnova la tessera da mezzo secolo.

Piperno

Altra questione incandescente della scorsa settimana la mancata celebrazione in Comune di Franco Piperno autorevole assessore del municipio con Giacomo Mancini ed Eva Catizone. Abbiamo verificato circostanze e dettagli della vicenda. Un equivoco ha provocato un inutile trambusto. Il 13 gennaio al momento del decesso del fisico le prime interlocuzioni indirette tra amici di Piperno e municipio ragionavano su un cerimoniale che prevederebbe onoranze funebri solo agli ex sindaci. Nel frattempo si decideva di allestire la camera mortuaria di Piperno all’Inrca di Mendicino e di aderire alla proposta della facoltà di Fisica di tenere una commemorazione pubblica ad Arcavacata. Quando è arrivata la telefonata del sindaco Caruso alla compagna di Piperno, Marta Petrusewicz, offrendo la disponibilità di Palazzo dei Bruzi di ospitare il funerale laico, era ormai troppo tardi e sarebbe stato sgradevole dire no al ricordo dell’Unical. Il sindaco ha annunciato di voler al più presto celebrare in Comune Franco Piperno ricevendo i ringraziamenti sentiti della professoressa Petrusewicz. In questo caso quindi nessuna differenza. Magari Caruso nella celebrazione postuma potrà tracciare una sorta di vite parallele tra Enzo Lo Giudice e Franco Piperno, due calabresi protagonisti del Sessantotto, che entrambi incrociarono Craxi. Dell’avvocato paolano abbiamo già detto. Piperno invece incontra Bettino una sola volta, nella sede nazionale di via del Corso davanti al Quarto Stato di Pelizza Da Volpedo durante i giorni decisivi per salvare la vita di Aldo Moro. Nello stesso frangente e con lo stesso scopo Craxi nel 1978 aveva incontrato per la prima volta Enzo Lo Giudice, il suo futuro avvocato. Storie del secolo scorso sempre attuali.

Il libro “L’ultimo comunista. Enzo Lo Giudice” sara presentato sabato 25 gennaio alle 17 a Terrazzo Pellegrini a Cosenza. Oltre agli autori interverranno Franco Sammarco, Alessandro Diddi, Giuseppe Bruno, Ornella Nucci, Roberto Le Pera, Franz Caruso.

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