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Giovanni, da Tortora a Sendai: «Vi racconto come vive (senza ‘nduja) un calabrese in Giappone»

Così un 39enne è diventato popolare sui social grazie ai video in cui parla di cibo ma anche di temi delicati come infertilità e inseminazione

Pubblicato il: 26/01/2025 – 19:05
di Benedetta Caira
Giovanni, da Tortora a Sendai: «Vi racconto come vive (senza ‘nduja) un calabrese in Giappone»

COSENZA Com’è trasferirsi in una città giapponese da un milione di abitanti, quando sei nato e cresciuto in un piccolo paese della Calabria? Se l’è sentito chiedere tante volte Giovanni Rattacaso e per rispondere a tutti, nel 2015, ha aperto un canale YouTube in cui raccontava la sua nuova vita e che oggi è anche una pagina Facebook seguita da oltre novantamila persone e un account Instagram con 13mila seguaci. Il suo nome dice poco, perché per i suoi followers lui è “Un calabrese in oriente”. Riccioli e colori tipicamente mediterranei, 39 anni, nato a Tortora (Cosenza), Giovanni grazie ai social ha spalancato una finestra su Sendai, la più grande città del nord est del Giappone, dove vive con sua moglie e i suoi due figli nati (è lui stesso a sottolinearlo affrontando l’argomento in diversi post) grazie all’inseminazione in vitro.
Davanti al video sperimenta i sapori della cucina nipponica, testa nuovi ristoranti, riprende preparazioni di sushi, colazioni a base di melopan e tamagoyaki, mostra i tentativi di sua moglie di mescolare le culture ai fornelli. Perché, se c’è una ossessione che seguirà un calabrese ovunque, anche dall’altra parte del mondo, è sicuramente quella per il cibo.

Che ci fa un calabrese in Giappone?
«Sono qui per amore e sono molto felice perché ho una famiglia bellissima. Io ho sempre vissuto a Tortora, sul mar Tirreno. A novembre del 2011 sono partito per l’Australia, volevo trovare delle buone opportunità di lavoro. È stato lì che ho incontrato la mia attuale moglie, che è giapponese. Ci siamo innamorati e dopo tre anni abbiamo deciso di trasferirci nel suo Paese, abbiamo costruito il nostro percorso insieme e abbiamo due figli, sono dieci anni che vivo qui. Ho cominciato a pubblicare video su YouTube per raccontare la mia esperienza, mostrare il punto di vista di chi decide di trasferirsi in una nazione che non conosce, non per lavoro o per studio ma per amore. I miei post hanno avuto subito tantissimi like, non me l’aspettavo».

Chi ti segue?
«I miei follower hanno dai 25 anni in su, non mi seguono i ragazzi più giovani perché non parlo di anime o di manga. Io mi mostro al naturale, così come sono, senza filtri. La gente è particolarmente incuriosita da come si vive in Giappone, quanto costa la vita, la qualità dei servizi. Ma i miei follower amano anche conoscere le tradizioni, le stranezze, il cibo. Io credo di piacere perché offro un punto di vista diverso, racconto la vita normale di una persona normale».

Giovanni Rattacaso

Nei tuoi video il cibo è quasi sempre protagonista. Nostalgia dei sapori calabresi?
«Ho cominciato a “staccarmi” dalla cucina italiana già in Australia. Quando non era possibile trovare prodotti italiani non mi accanivo a cercarli, ma anzi mi lasciavo conquistare da sapori nuovi, mi piace sperimentare non sono uno di quegli italiani che ritiene la sua l’unica cucina possibile. Qui in Giappone ho scoperto una varietà di cibi incredibile, chi crede che a tavola ci sia solo sushi e ramen si sbaglia di grosso. E poi mia moglie ama cucinare, ha imparato anche a riprodurre ricette tipiche calabresi, in cucina sperimentiamo molto e mescoliamo la mia e la sua tradizione gastronomica e i nostri figli hanno imparato ad apprezzarle entrambe. Ovviamente quando torno in Italia faccio il pieno delle cose buone, di quei sapori che ho nel cuore e che nei viaggi con la mia famiglia faccio conoscere anche ai miei figli. Quando torno in Calabria dopo una rigenerante passeggiata sul lungomare ho le tappe fisse da visitare, una specie di itinerario gastronomico del cuore».

Due cose che ti mancano particolarmente?
«Il mio mare certamente. I giapponesi non amano il mare io invece ho un legame viscerale con il mare, già la sua vista mi appaga. È per questo che appena è possibile porto la mia famiglia a Tortora, voglio che i miei figli possano vivere l’emozione di fare il bagno, di giocare sulla spiaggia sotto il sole. La seconda cosa che mi manca direi che naturalmente è un cibo: la soppressata. Fino a un po’ di tempo fa riuscivo a trovare nei supermercati insaccati calabresi e anche la ‘nduja, ora a causa del blocco dell’importazione di prodotti lavorati a base di carne di maiale dall’Italia non arriva più nulla».

Sulle tue pagine social mostri la tua vita e c’è un tema su cui negli ultimi anni ti soffermi particolarmente. E questa volta non si parla di cibo.
«Io e mia moglie non potevamo avere figli e abbiano affrontato il percorso della fecondazione in vitro. I nostri bambini sono nati da due embrioni congelati e adesso ce n’è un terzo che potrebbe diventare presto un altro figlio. Racconto la nostra esperienza perché potrebbe essere utile per altre coppie».

Lo youtuber in uno scenario naturalistico orientale

Attraverso la tua testimonianza vuoi rompere anche un tabù, quello dell’infertilità maschile
«La consapevolezza di non poter avere figli per me e per mia moglie ha rappresentato un punto di inizio che ci ha portato alla scelta di seguire un percorso alternativo. Mi piacerebbe attraverso la mia esperienza parlare agli altri uomini che come è successo a me vivono l’iniziale frustrazione e il senso di colpa riguardo alla propria infertilità e trasmettere un messaggio positivo. È un argomento di cui in generale si parla pochissimo, io ho scritto anche un libro in cui racconto la mia esperienza, non ho una casa editrice ma chi vuole può trovare il link sulle mie pagine per saperne di più». (redazione@corrierecal.it)

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