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Scarcerato Ernesto Fazzalari, latitante reggino numero due dopo Messina Denaro

Ha un male incurabile e aggressivo e per questo va ai domiciliari. Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Bologna

Pubblicato il: 26/01/2025 – 10:42
Scarcerato Ernesto Fazzalari, latitante reggino numero due dopo Messina Denaro

ROMA Ha un male incurabile e aggressivo e per questo va ai domiciliari Ernesto Fazzalari, il boss della ‘ndrangheta arrestato a Molochio, in provincia di Reggio Calabria nel giugno 2016 quando era il latitante più ricercato dopo Matteo Messina Denaro. Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Bologna dopo che la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi dell’avvocato Antonino Napoli, ha annullato ben tre ordinanze di rigetto del differimento della pena o della concessione della detenzione domiciliare, una emessa dal Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila e due ordinanze emesse del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, in seguito al trasferimento del Fazzalari presso il centro diagnostico e terapeutico del carcere di Parma.

Chi è Fazzalari

Detenuto da 9 anni al 41 bis, Ernesto Fazzalari era stato condannato all’ergastolo nel processo “Taurus”. Una pena poi ridotta a 30 anni dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. E’ stato uno dei protagonisti della faida che, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, ha trasformato Taurianova nel teatro di una degli scontri più sanguinari tra le cosche di ‘ndrangheta. Erano i tempi in cui, nella piazza del piccolo paese della Piana di Gioia Tauro, i boss tagliavano le teste per poi utilizzarle per il tiro al bersaglio. Con il fratello Domenico e il cugino Salvatore, Ernesto Fazzalari è uno dei massimi esponenti della cosca Avignone-Zagari-Viola. Quando è stato catturato dai carabinieri nella Piana di Gioia Tauro, il boss era ricercato da oltre 20 anni ed era stato inserito al secondo posto, dietro il solo Matteo Messina Denaro, nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità. Sottoposto al carcere duro, durante la sua detenzione gli è stata diagnosticata una grave patologia che ha indotto la difesa, rappresentata dall’avvocato Antonino Napoli, a chiedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare sul presupposto che da alcune recenti sentenze emergeva che dell’operatività di Fazzalari, quale capo di una cosca di ndrangheta, non si aveva dimostrazione concreta nel periodo antecedente alla sua cattura. «Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna – afferma il legale ad Ansa – concedendo la detenzione domiciliare ad Ernesto Fazzalari ha di fatto applicato il principio di civiltà giuridica che sancisce la prevalenza del diritto alla salute come garanzia della dignità del detenuto e dell’umanità della pena». (redazione@corrierecal.it)

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