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il ricordo

«La memoria di Ferramonti sia simbolo di una Calabria protagonista nella promozione della pace»

Il segretario provinciale del Pd Cosenza Vittorio Pecoraro ricorda il Campo di concentramento e le atrocità del fascismo

Pubblicato il: 27/01/2025 – 12:34
«La memoria di Ferramonti sia simbolo di una Calabria protagonista nella promozione della pace»

TARSIA «La Giornata della Memoria è l’unica celebrazione civile comune a tutti i paesi dell’Unione Europea. Questo è il secondo 27 gennaio che celebriamo dopo il 7 ottobre. Il primo, nel 2024, ha tragicamente attraversamento la distruzione di Gaza. Questo, invece, lo celebriamo finalmente senza bombe sulla Striscia. Tale contesto ci impone di considerare con ancora più forza che celebrare la Giornata della Memoria è un modo per riflettere su “tutti i crimini di guerra e contro l’umanità”, come ribadisce la storica di origine ebraica Anna Foa». Lo scrive il segretario provinciale del Pd di Cosenza Vittorio Pecoraro in una lettera aperta «con l’intento di sensibilizzare sul modo in cui la Calabria può contribuire a questa funzione. A tal fine, appare utile richiamare l’attenzione sulla storia del Campo di Concentramento di Ferramonti di Tarsia, in Provincia di Cosenza, che pur non essendo un campo di sterminio, rappresenta una testimonianza tangibile delle leggi razziali fasciste e del contributo criminale dell’Italia al sistema di oppressione dell’Olocausto».

La costruzione del campo

«Proprio alla provincia di Cosenza, territorio che nell’Italia post-unitaria fu per molti decenni un centro di grande fermento liberale, socialista e repubblicano, toccò il vergognoso compito di ospitare il Campo di Concentramento di Ferramonti di Tarsia, il più grande campo di internamento italiano per ebrei. Come ha documentato in maniera puntuale ed efficace Mario Rende in alcuni suoi articoli e nel saggio Ferramonti di Tarsia. Voci da un campo di concentramento fascista (Mursia, 2009), la costruzione del campo nel 1940 avvenne tra interessi privati e corruzione. L’imprenditore incaricato della realizzazione approfittò della situazione per trarre vantaggi economici, garantendosi una carriera indisturbata nel dopoguerra. Questo fatto, ancora oggi, solleva enormi interrogativi sulla responsabilità morale, dato che l’imprenditore è ancora insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro. A Ferramonti non furono internati ebrei italiani, ma prevalentemente ebrei stranieri. La cosa davvero incredibile è che l’Italia emise un ordine di cattura per gli ebrei stranieri più di un anno prima della Germania nazista. Il campo ospitò anche gruppi di greci, slavi cattolici e cinesi, imprigionati in quanto cittadini di nazioni in guerra contro l’Italia. Tutto ciò rende Ferramonti sicuramente un simbolo che testimonia i crimini e le atrocità del fascismo».

«Simbolo di resilienza e speranza»

«Tuttavia, Ferramonti fu un simbolo anche di resilienza e speranza. Una delle figure più significative della storia del campo fu Paolo Salvatore, poliziotto campano e direttore del campo, che si distinse per la sua gestione tollerante. Salvatore permise agli internati di organizzare una scuola, una biblioteca e persino un giornalino. Concesse anche l’istituzione di un Parlamento di Ferramonti, una struttura rappresentativa degli internati, composta da delegati eletti democraticamente. Salvatore aveva lavorato in precedenza nelle colonie confinarie di Ventotene e Ponza, dove aveva incontrato figure come il futuro dirigente comunista Giorgio Amendola, che lo ricordò come un uomo capace di gestire il potere con umanità e pragmatismo. Grazie al contributo di Salvatore, Ferramonti divenne un luogo di vitalità culturale. Concerti, spettacoli teatrali e attività sportive furono organizzati regolarmente, offrendo agli internati momenti di sollievo e speranza a compensare la loro disperata condizione. Tra le iniziative più sorprendenti vi fu persino la presenza di un pianoforte a coda, utilizzato per concerti che includevano composizioni di musicisti celebri, simbolo di una resistenza culturale alle circostanze oppressive. Come riportò il Jerusalem Post, Ferramonti fu un “Unexpected Haven”, un titolo eccessivo, ma che rende bene l’idea del sollievo e della dignità umana che si è tentato di preservare in quel contesto estremo».

La solidarietà dei calabresi

«La pagina però più bella, la scrissero i calabresi. Durante il passaggio dell’armata tedesca nel 1943, gli abitanti di Tarsia dimostrarono una solidarietà straordinaria, nascondendo gli internati nelle loro case e fornendo loro protezione. Questo comportamento eroico contrasta con l’indifferenza che spesso circondava campi simili nel resto d’Europa, evidenziando la differenza tra la popolazione locale e il clima di complicità che caratterizzò altre realtà. Dopo la liberazione del campo, alcuni ebrei avviarono addirittura collaborazioni con la popolazione locale, affittando terre e avviando attività agricole. Questo spirito cooperativo trasformò Ferramonti in una sorta di comunità resiliente, tanto da essere definita dallo storico ebreo Jonathan Steinberg “il più grande kibbutz d’Europa”, una definizione provocatoria ma efficace.
Per queste ragioni Ferramonti rappresenta un centro di memoria storica dei crimini contro l’umanità, ma anche un faro di speranza per il futuro. Ad oggi, nonostante un restauro di qualche decennio fa criticato da alcuni esperti, il Comune di Tarsia si è fatto promotore negli ultimi anni di apprezzabili iniziative e di un encomiabile lavoro di narrazione di questa esperienza, grazie anche alla collaborazione di tanti che contribuiscono alla riuscita delle bellissime attività del Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia e Parco Letterario Ernst Bernhard».

«La Calabria sia protagonista nella promozione della pace»

«Appare però fondamentale che Governo e Regione facciano di più per investire sulla storia di Ferramonti, mettendone in evidenza l’importanza globale. Anche le Università italiane dovrebbero supportare maggiormente una funzione di ricerca attiva presso il sito, contribuendo a indagare ulteriormente la sua storia e il suo impatto. La storiografia italiana, inoltre, ha il dovere di fare di più per recuperare e valorizzare questa memoria, inserendola pienamente nel dibattito storico nazionale e internazionale, recuperando alcuni opinabili ritardi. Il comportamento eroico della popolazione di Tarsia rappresenta un esempio luminoso di solidarietà e umanità che la provincia di Cosenza può e deve riscoprire come parte integrante della sua identità storica e culturale. La memoria di Ferramonti deve diventare il simbolo di una Calabria capace di essere protagonista nella promozione della pace e della riconciliazione, anche fuori dai confini nazionali, recuperando tutta la sua vera storia di cornice involontaria di una tragica pagina dell’Olocausto, non priva di pagine di ricche di umanità. Supportiamo tutti l’esperienza Ferramonti e aiutiamolo a continuare ad essere un presidio internazionale per la resilienza e la riconciliazione, un centro che non solo commemori le atrocità del passato in una dimensione museale, ma che metta in luce come, anche nelle ore più buie e disperate, il potere della cultura e della solidarietà possano essere presidi di vita e dignità umana. Tale trasformazione non è solo un atto dovuto alla memoria, ma un investimento per il futuro di “R-Esistenza umanitaria”, per citare il titolo delle commemorazioni odierne nel sito».

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