ROMA Condanne per oltre cento anni di carcere in appello a Roma, dopo il processo con rito abbreviato, nell’ambito della maxi inchiesta ‘Propaggine’ della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e della Dia contro la prima ‘locale’ ufficiale di ‘ndrangheta nella Capitale. In particolare, i giudici hanno condannato a 18 anni Antonio Carzo, il boss ritenuto insieme con Vincenzo Alvaro a capo della prima ‘locale’ romana e i figli Domenico e Vincenzo a 12 anni e mezzo il primo e a 9 anni e 6 mesi il secondo. Intanto davanti all’ottava sezione penale del Tribunale di Roma prosegue per gli altri imputati che hanno optato invece per il rito ordinario. Nell’inchiesta ‘madre’, coordinata dai pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani applicati nel procedimento di Appello, sono state contestate, a vario titolo, le accuse di associazione mafiosa, cessione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni, truffa ai danni dello Stato aggravata dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta, riciclaggio aggravato, favoreggiamento aggravato e concorso esterno in associazione mafiosa. A capo della ‘ndrina di Roma, secondo l’impianto accusatorio della procura di Roma, c’erano Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo: proprio Carzo nell’estate del 2015 aveva ricevuto dalla casa madre della ‘ndrangheta l’autorizzazione per costituire una locale nella Capitale, retta dallo stesso Carzo e da Alvaro.
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