All’entrata della città di Crotone c’è un cartello che indica, da immemorabile tempo, “Codice Rosso”. Rischio ambientale non plus ultra, che mette a repentaglio la vita dei cittadini, per via della bonifica dei siti industriali negata dall’Eni. E tuttora scandalosamente palleggiata, in una sorda contrapposizione con le argomentazioni unanimi della Regione, degli Enti locali e delle rappresentanze economiche e sociali. A cui Eni Rewined replica “Io so io, e voi non siete un ca**o!”. Come il marchese del Grillo. Se la Russia di Putin è associata al Terzo Reich, parola del presidente Mattarella, sarebbe interessante sapere a cosa accosterebbe il Capo dello Stato, pur facendo le debite proporzioni, l’atteggiamento dell’Eni che, se non ha militarmente invaso la città di Crotone, di sicuro, non effettuando la bonifica dei siti industriali dismessi ed escogitando infiniti pretesti per differirla, a dispetto di ogni grida dell’Europa sulla salvaguardia ambientale e il contrasto al climate change, sfacciatamente compromette il diritto alla salute dei cittadini. E, di fatto, impedendo alla città di Pitagora e a uno dei luoghi più prestigiosi della civiltà magnogreca di progettare il futuro. Se la Federazione Russa di Vladimir Putin è associabile alla Germania nazista, l’atteggiamento della multinazionale italiana nei confronti di Crotone, detta la Stalingrado del Mezzogiorno per la presenza (fino agli anni Novanta) di colossi come Montedison, Pertusola Sud ed Enichem, non evoca forse l’arroganza predatoria degli Stati Uniti nei paesi latinoamericani dove, per decenni, come denunciava la Teologia della Liberazione, imponevano violente giunte militari che hanno troncato nel sangue ogni forma di opposizione? Al punto cupo e insieme drammatico e beffardo in cui si è giunti, su una vicenda che tiene in ostaggio il presente e le prospettive di riscatto di un pezzo di Paese, simbolo di un sistema imprenditoriale pubblico e privato che dal Sud ha preso senza mai dare, prima d’invocare la tutela giurisdizionale dell’Unione europea, forse sarebbe il caso che lo Stato italiano assumesse, al di là di inchieste parlamentari e interlocuzioni soporifere, la piena responsabilità di intervenire risolutamente, per indurre l’Eni a un atteggiamento meno assertivo e fattivamente collaborativo.
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