“Grandissimo cornuto, minchiamolla ed impotenti, figghiu di una scimmia e di un cuniglio, bastardo nel midollo, impestato dai capelli alli cavigli: chi cazzu i guaiu mi combinasti? Come ti venne una pensata simile? Ed io ora come ne esco fora, che già mi vedo la Guardia di Finanza dietro la porta? Spiecami, enormi pezzo di merda, prima ca ti vengo a cercari e ti starappo cori, fegato, ‘recchie e quell’unico microscopico e inutile tisticolo chi hai!!!!”
Al telefono criptato con all’altro capo Don Aneto Zippola, addetto alla cassa del clan e a tutti gli affari valutari e amministrativi, Don Bastiano Pantisano sembrava da solo un branco di iene inferocite. La ragione di una chiamata così selvaggia e minacciosa, tanto da far pisciare addosso dalla paura Zippola, risiedeva in una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, che il Boss della ‘ndrina di Schiavo, una frazione di Ardore Marina, in Provincia di Reggio Calabria, aveva ricevuto mezz’ora prima.
In essa, proveniente dalla Sede INPS di Locri, si leggeva che “il signor Pantisano Bastiano, avendo raggiunto 67 anni e 6 mesi d’età, ed avendo maturato lo stesso 34 anni 8 mesi e 13 giorni di contributi versati in qualità di bracciante agricolo Forestale, è collocato in pensione dalla data di ricezione della presente, con un importo pensionistico mensile di euro,,,”.
Se il Don fosse stato malato di cuore, leggendola avrebbe avuto sicuramente un infarto, ma il Boss era malato di salute e la prima cosa che fece fu quella di individuare l’autore di quella trovata. Ed era, naturalmente, l’unico della ‘ndrina che in queste cose ci sguazzava, ossia Aneto Zippola.
Cosi, imponendosi il sangue freddo necessario per trovare la soluzione a quello che poteva diventare un problema di grandi dimensioni, riprese con estrema calma la telefonata all’artefice di quel guaio dicendogli: “Pezzo di somaro che mangia citrioli e caca fichi d’india, tu non ti rendi conto della gravità del problema chi mi hai criato”.
“Ora ti spieco con calma cosa è succeduto, fatto che tu ben sai -disse il Capobasone-. Stamatina mi è arrivata una raccomantata dell’INPS in cui c’era scritto che avendo raggiunto l’età e possiedento quasi 35 anni di contribuiti versati in qualità di braccianti agricolo, da oggi sono colocato in pinsione senza rimissione! E dato che tu in questi cosi sei un maestro, ora chi sono tranquillo mi spiechi, fratello di una qrandissima baldracca chi si vindi a tutti per cincue euro, perché hai falzificato i dati dello ‘Stituto di Prividenza!” Chiese, con manifesto controllo della rabbia, il Boss.
“Pirdonatitimi, pirdonatimi e pirdonatimi ancora Don! Io credevo di farvi cosa gradita dotandovi di una pinzione sicura per tutta la vicchiaia e farvi vivere i cento anni chi vi restano in tranquillità e senza doviri chiedere nienti a nissuno!” Ribattè con voce tremante Aneto Zippola, tornato per terrore al dialetto dall’abituale italiano utilizzato per distinguersi, dato il suo diploma triennale di cuoco preso alla Scuola Alberghiera, e stavolta cacandosi pure addosso.
“Figghiu di una gran bagascia inpestata, tu non lo sai che in primis io non ho mai fatto il bracciante forestale e quindi non ho potuto ‘ccumulare contributi, pirchì sono stato per trint’anni in vacanza nel Carciri di Opera. E in secundis, che quando avvengono queste ‘videnti falsità, la prima a ‘ndagari è la Guardia di Finanza, chi in quattr e quattr sei, scopri subito il reato e così qualchi cornuto di magistrato, mi accusa minimo minimo di truffa aggravata e mi fa tornari drittu drittu in vacanza a Rebibbia o a Poggioreale, futtendosene della mia età, e poi buttano le chiavi”.
“E in terzis, marito di una troia ninfomane gonfiata col silichone cinesi, dimmi subito e chiaramenti come hai fatto a dari cuesti dati farzi all’INPS e come si può prontamente rimidiari al casino chi hai cumbinato!” Ruggì ancora il capo ‘ndrina, facendo venire questa volta a Zippola, esauriti i solidi e i liquidi, un attacco semi-convulsivo.“Don Bastianuzzo -rispose a fatica Aneto-, io ho avuto ospiti per un misi un cugino chi abita in un’ìsola dill’Indonisia, chi prima di apriri là un Resort di lusso, faciva l’acher professionista. E quando è stato mio ospiti, gli ho chiesto la cortesia di entrari nel sito dell’INPS e farvi avere la pinsioni con i rilativi contributi.”
“E ora, pizzo di malacarni ‘mputridita -ribattè il Don-, non puoi farlo tornari ‘mmediatamenti e rimettiri tutti i cosi a posto?” “Cuesto è ‘mpossibile purtroppo. Perchì nell’Isola di Rinca,in Indonisia dove si trova, non c’è internetti e ci vanno solo i ricchi turisti ’mericani e giaponesi chi vogliono stari tranquilli ed assistire agli spettacoli preparati ogni giorno da mio cugino, nelli quali si vedi un Drago di Komodo che si mangia per intero una crapa , ‘nghiottendola tutta senza masticarla, comi si può vedere da altre isole puro su Feisbuk”. “E allora, esemplari unico di grandissimo strunzu, la quistioni come si risolvi?” Replicò affettuosamente il Boss. “E’ fa-cili -disse, stavolta balbettando, Arturo Zippola-: bas-ta trova-ri un altro ach-er chi met-ti tutte le co-si a pos-to!” “Grazie quaquaraquà del cazzo di un mulo -ribattè il Boss-. E dove lo troviamo noi un acher all’altizza? Tu c’è l’hai?”. “ Io al mo-men-to no -ribattè Zippola-. Ma pos-siamo sempri chie-dere aiu-to agli ami-ci dell’ ”Organizacija, la ma-fia russa, che sono mae-stri in cue-ste cose”.
“Per esempio -continuò Arturo, tranquillizzatosi un pochino e smettendo di balbettare- potremmo chiedere l’intervento a compare Ivan Pavlov, il segretario privato di Maria Zakharova, la Portavoce del Ministero degli affari Esteri Russo, che ci deve un favore per la partita di 500 missili da crociera Kh-555 guasti che abbiamo venduto all’Ucraina”. “E allora chi ‘spetti, -rispose feroce il Capo ‘ndrina- cacatina di serpenti,? Fallo subito ed entro domani al maximo, vogghio avere a casa un acher russo o di qualunque altra parte della Terra, che mi cacci dai guai in cui mi hai messo, altrimenta ti taglio la lingua e te la ficco nei buca del naso, così respiri con le ‘recchie!!”
Se la paura è un motore che velocizza le richieste di Don Pantisano, il terrore è un turboreattore che le realizza immediatamente. Così la mattina successiva alle 9 in punto il moscovita Zoran Rasputin, campione di hackeraggio, in compagnia del tremante Aneto Zippola, suonarono il campanello della suntuosa dimora del Don, situata al centro del podere “Il Ficodindia”.
Ad aprire fu proprio il Capobastone che, ignorato Arturo ed appurato che Zoran parlava bene l’italiano, gli spiegò a suo modo ciò che era avvenuto, chiedendogli di intervenire tempestivamente e mettendo al suo servizio, per qualsiasi necessità, dato che sia Ferryboat che Nacatola erano praticamente analfabeti, il nipote Saverio u “Scimunitu”, che aveva, per i misteri della Natura , ma soprattutto per i “giochi fetusi “che faceva, una certa familiarità con il computer.
Dopo che Zippola uscì da casa Pantisano, accompagnato da due poderosi calci nel sedere da parte del Boss, Zoran e u “Scimunitu” si chiusero in una stanza già predisposta con tutto il materiale informatico necessario, che Saverio aveva acquistato da “Euronics” a Reggio Calabria la sera prima.
U “Scimunitu”, nonostante la sua abilità nei “giochi fetusi” al computer, assisté in silenzio e sbadigliando alle operazioni che Rasputin nelle cinque ore successive compì sulle tre tastiere e altrettanti video nei quali lavorava contemporaneamente, ma fu ugualmente contento di aver appreso qualcosa di nuovo e, soprattutto, del fatto che Zoran avesse riportato tutte le cose a posto, immeritatamente riguardanti lo zio.
Così, ringraziato Zoran Rasputin e risarcitolo per il tempo perduto con una busta contenente 50.000 euro, il Capobastone ordinò a Ferryboat di accompagnarlo all’Aeroporto di Lamezia Terme e quindi si distese su una poltrona con un bicchiere di vodka in mano, e finalmente, avendo avuto garanzia che tutti i dati INPS che lo riguardavano erano stati cancellati nell’intera Penisola, riuscì a rilassarsi per lo scampato pericolo.
Per festeggiare “la presa in culo dei magistrati”, come Don Pantisano si espresse, lo stesso decise di organizzare una sontuosa cena per il felice avvenimento. Così quattro sere dopo, alle otto e mezza di sera, si presentarono puntuali gli invitati. Essi erano: Loredano Saponetta, chiamato “Centoventisette”, Amato Quattrocento, noto come “Nacatola”, Cosimo Trapezio, per i suoi 146 chili denominato “Ferryboat”, uomo di fiducia e braccio destro del Boss, Lillino Sciosciò, detto “Knorr” e infine Attila Tamburo, soprannominato “Pancreas”.
Naturalmente tutti notarono l’assenza di Don Aneto Zippola, e furono felici di apprendere che il Cabobastone avesse deciso generosamente di lasciarlo ancora in vita, sebbene senza le dita delle mani e dei piedi, sapientemente tagliati con una catana da un giovane esperto del Rione “Archi” di Reggio Calabria, che per sei mesi, da latitante, era stato ospitato in Giappone dai compari della Yakuza di Kioto.
La tavola era stata, come al solito, sapientemente imbandita dalla governante donna Seconda Anassimandro, che per l’occasione aveva preparato come primo piatto una ricchissima pasta al forno. Ma, prima che questa fosse servita e mentre tutti bevevano l’aperitivo, il Capobastone fu chiamato in disparte dallo “Scimunito” il quale, porgendogli una cartellina azzurra gli disse:
“Carissimo zio, sono davero contento che il russo Zoran con la sua abilità vi abbia cancellato dagli elenchi dei ‘mbraccianti foristali dill’INPS. Io l’ho ‘sservato mentre lavorava e mi sono fatto convinto chi per un uomo di grandi rango coma a voi, assegnarvi la qualifica di ‘mbracciante è stata un offisa gravi. Pirciò, senza farmi accorgiri, ho seguito tutto il procetimento che ha usato e ho fatto la stissa cosa, ma al contrario. Per rendiri il giusto valori alla vostra grandi pirsona vi ho fatto diventari Vici Direttori Ginerale di “Calabria Verde”, l’Azienda Regionale che si occupa del patrimonio forestale calabrese, con 40 anni di contributi e una pinsionii di…”.
Lo schiaffo che partì automaticamente dalla mano di Don Bastiano fu così forte da udirsi fino a Bovalino e da far abbassare di altri trenta punti il quoziente d’Intelligenza dello “Scimunito”, ma solo perché più in basso non si poteva andare. Saverio fu salvato solo dal tempestivo intervento di Ferryboat che, mentre il Boss, preso da un’ira spaventosa, si mise a sfasciare tutto quanto gli capitava sotto mano, lo fece uscire e caricatolo sul suo SUV lo portò in salvo.
Già, ma dove andare? Il primo nome che venne in mente a Cosimo Trapezio fu quello di Aneto Zippola, anch’egli colpito dall’ira, ma questo a freddo, del Capo ‘ndrina. Don Aneto, con mani e piedi fasciati li accolse con tutto lo scarso calore che, da come era conciato, poteva esibire. Ma, udita la storia narrata da Ferryboat, si sentì in dovere, essendo la causa originaria delle sue disgrazie, di aiutare al massimo il ragazzo e sottrarlo alle feroci mani dello zio:
Così la mattina dopo, poco prima dell’alba, Trapezio caricò lo “Scimunito”, dotato di un passaporto falso procurato da Don Aneto, e lo condusse all’Aeroporto di Lamezia Terme, dotandolo di 5.000 euro e facendogli prendere un volo per Roma, da dove avrebbe dovuto imbarcarsi in un altro diretto a Giacarta, capitale dell’Indonesia. E da Giacarta trovare un qualunque mezzo che lo conducesse nell’isola di Rinca, in qualità di neocollaboratore nel Resort di Walterino Zippola, cugino di Aneto.
Quando questi lo vide e ci parlò, capì subito il perché del soprannome che gli avevano dato e di cui era stato informato, insieme al suo arrivo, dal cugino calabrese tramite un telefono satellitare. Così data la sua scarsa intelligenza, che rasentava ora il 10 % rispetto alla norma, in seguito al superschiaffone del Don, non sapendo cosa fargli fare, decise di impiegarlo nella pulizia delle gabbie vuote dei Draghi di Komodo mentre questi erano “al lavoro”. Saverio accettò senz’altro, affascinato da quei rettili e chiese a Walterino: “Io non ho mai visto lucertole così. Ma con che li innaffi per renderle tanto grandi?”.
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