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La mancata liberazione del Cosenza. Cosa succede al Catanzaro? I numeri preoccupano

La disfatta dei Lupi a Salerno del 25 aprile, l'”invasore” e l’ansia per Padre Fedele. Dal derby in poi, la squadra giallorossa si è smarrita

Pubblicato il: 28/04/2025 – 7:45
di Francesco Veltri
La mancata liberazione del Cosenza. Cosa succede al Catanzaro? I numeri preoccupano

Non è un buon momento per le calabresi di B. E non da poco tempo. Ma se il Cosenza, dopo la sconfitta di Salerno, è ormai condannato alla retrocessione, sorprendono i risultati negativi del Catanzaro, sconfitto ieri in casa dal Palermo.

La mancata liberazione del Cosenza

Quella appena conclusa è stata una settimana di dolore e passione anche a Cosenza. Innanzitutto per la morte di Papa Francesco, che ha scosso tutte quelle parti di universo (tifo rossoblù compreso) ancora legate al pensiero di fraternità e carità verso poveri ed emarginati della terra. Il Pontefice argentino col nome del Santo di Assisi che fu dato anche a quello di Paola (più volte invocato dai sostenitori silani nell’era Guarascio), nel 2014 in piazza San Pietro raccolse e sventolò una sciarpa del Cosenza lanciata sulla sua Papamobile da un tifoso. Un evento curioso e simpatico, che, senza voler mischiare sacro e profano, è tornato alla memoria di tanti proprio in questi giorni di speranza per una salvezza impossibile dei Lupi.
Sì, Cosenza questi giorni li ha trascorsi così, aspettando malinconicamente una sentenza romana favorevole, sapendo di non meritarla affatto.
Il rinvio di Pasquetta della partita di La Spezia per la scomparsa di Bergoglio e la lunga attesa per il verdetto sul ricorso al Tar contro i quattro punti di penalizzazione, avevano forse fatto credere al patron lametino che la sua fortuna sfacciata stesse tornando. Poi, in un attimo, tutto è crollato definitivamente: i giudici hanno detto no, la Salernitana, nel giorno della festa della Liberazione, ha mandato al tappeto Micai di compagni, e la bara di Francesco è stata chiusa per sempre.
Da venerdì 25 aprile, anche se ancora non matematicamente, il Cosenza calcio è retrocesso in C. E l’aspetto più triste della vicenda è che all’orizzonte non si intravede ancora un miracolo o un coraggioso partigiano in grado di liberarlo da quello che ormai viene considerato da tutti come una sorta di invasore.
Tornando alla religiosità francescana e alla settimana di passione rossoblù, un pensiero va a Padre Fedele Bisceglia, frate e figura simbolica della città bruzia e del tifo cosentino. Proprio nella settimana in cui il Papa è scomparso, le sue fragili condizioni di salute hanno fatto temere il peggio. Ora sta meglio e l’augurio è che almeno lui possa “resistere” ancora a lungo.

Crema: i sussurri (perché solo di questo si tratta), da bulli delle scuole medie, di alcuni politici locali che, solo per cavalcare lo scontento e la protesta della piazza, provano a spaventare Eugenio Guarascio con un «se non paghi ti tolgo lo stadio» a cui non credono neanche loro, merita assolutamente la crema della settimana. Come la polemica sui calciatori finiti in discoteca dopo la disfatta di Salerno. Sfogare la rabbia su di loro (sono ragazzi messi lì senza logica, sostegno e risorse economiche adeguate) fa solo il gioco di chi ha portato veramente il Cosenza in serie C.
Amarezza: due sabati fa Massimiliano Alvini ha ammesso di essersi sentito più volte solo in questa stagione. Parole dure, ma non abbastanza da smuovere una tifoseria che quest’anno ha visto e subìto di tutto. Alvini è stato abbandonato al suo destino da una società assente, incapace di stargli accanto nei momenti più complicati del campionato. Una società incapace di comunicare con una piazza preoccupata e che alla lunga, giustamente, si è ribellata. E così, a pagarne le conseguenze è stata soprattutto la squadra, già in difficoltà per conto suo. Un malessere, quello manifestato apertamente dall’allenatore rossoblù sui titoli di coda, che, seppure con parole meno limpide, era emerso anche nel corso della conferenza stampa post mercato invernale (assente) del direttivo sportivo Gennaro Delvecchio che di fronte alla domanda sciocca: perché, per dignità, non si dimette?, aveva replicato con un netto quanto retorico «non abbandono la nave». Il punto è che da allora – era il 5 febbraio – l’ex Verona è letteralmente sparito dai radar: nessuna intervista, nessuna presa di posizione, nessuna voglia di metterci la faccia di fronte al cataclisma che gli si stava scatenando intorno.
Sia Alvini che Delvecchio quest’anno hanno sofferto le pene di un inferno chiamato società, probabilmente sfogandosi tra loro, lontano da orecchie e sguardi indiscreti, ma senza provare ad aiutarsi per aiutare davvero il calcio cosentino. Hanno compreso presto, prestissimo, quale sarebbe stato il finale tragico della storia e sono rimasti al loro posto, come avrebbe fatto chiunque al loro posto. E, per quanto sciocco sia dimettersi oggi nel mondo del calcio o chiedere a qualcuno di farlo, questo non è un complimento. Ecco perché, pur sapendo tutti benissimo chi è l’unico responsabile del fallimento del Cosenza calcio, nessuno in città riesce più ad empatizzare con un tecnico che, invece, ad inizio anno sembrava essere in possesso di parole e idee rivoluzionarie, capaci di combattere ad armi pari contro il male che si era ritrovato in casa. Quando serviva un gesto coraggioso, Alvini, come Del Vecchio, ha lasciato tutto com’era. Non si è ribellato e si è ritrovato solo, invisibile, retrocesso non soltanto sul campo.

La delusione dei calciatori del Cosenza a Salerno (foto Andrea Rosito)

Catanzaro, cosa ti succede? I numeri preoccupano

Forse non è ancora il caso di parlare di crisi, ma ciò che sta accadendo al Catanzaro da oltre un mese a questa parte deve far riflettere. Il timore principale dopo il derby stravinto conto il Cosenza del 16 febbraio scorso, con conseguente matematica salvezza, era quello di mollare un po’ la presa mentalmente. Poteva starci, soprattutto se si pensa a quanto fatto nei primi due mesi del 2025 da Iemmello e compagni. Il problema è che da sette partite a questa parte, e cioè dalla vittoria di La Spezia ad oggi, le Aquile hanno raccolto la miseria di sei punti su 21 disponibili, con un solo successo (quello, appunto, contro i Lupi al “Ceravolo”), tre pareggi e altrettante sconfitte. 11 i gol fatti, 15 quelli subiti. Numeri non certo da cammino playoff.
Il crollo psicologico della squadra giallorossa è evidente e nello scontro diretto di ieri contro il Palermo si è visto. Soprattutto nella corsa: più tonici e brillanti i rosanero di Dionigi che stanno provando ritrovarsi, sulle gambe, specie nel primo tempo, i ragazzi di Caserta, sfortunati nell’occasione dell’autogol di Bonini dopo appena nove minuti di gioco. Uno scivolone che ha compromesso la loro partita. Da quel momento in poi gli ospiti hanno fatto la gara che volevano, con continue ripartenze capaci di mettere a nudo qualche limite di troppo del Catanzaro in fase difensiva. Nel secondo tempo i padroni di casa ha provato a fare la partita, ma il gol di Biasci non è bastato a rialzare una squadra che ora ha bisogno necessariamente di ritrovare smalto e quella sicurezza nei propri mezzi mostrata per lunghi tratti di questa stagione.

Crema: Tommaso Biasci è l’unica nota positiva del Catanzaro visto all’opera ieri al “Ceravolo”. Entrato nel secondo tempo, si è mostrato il più in palla dei suoi, e di questi tempi non è roba da poco. Il suo apporto alla causa, bisogna dirlo, soprattutto se paragonato a un anno fa, in questa stagione è stato deludente (appena 4 gol con quello di ieri). Eppure, ogni volta che si trova di fronte il Palermo, si trasforma: nelle ultime quattro sfide contro i rosanero l’attaccante di San Giuliano Terme ha sempre segnato. L’auguro è che da qui in avanti possa continuare a farlo per risollevare le Aquile.
Amarezza: il successo del Palermo al “Ceravolo” permette ai siciliani di agganciare proprio il Catanzaro al sesto posto in classifica. Una classifica che non cambia di molto per i giallorossi (i punti di vantaggio sulla nona posizione restano quattro) ma al tempo stesso preoccupa visto l’andamento delle ultime settimane. A quattro giornate dalla fine del campionato, l’accesso ai playoff delle Aquile resta un obiettivo concreto, da qui in avanti, però, bisognerà ritrovare cattiveria agonistica e soprattutto vittorie per evitare l’impensabile. Se si esclude il Sassuolo già promosso, i prossimi gli avversari (Juve Stabia, Sampdoria e Mantova) non regaleranno niente. (f.veltri@corrierecal.it)

Tommaso Biasci ieri nella partita del “Ceravolo” contro il Palermo

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