Mala nella Sibaritide, c’è chi rifiuta di mettersi a posto «come fanno tutti gli altri imprenditori»
La tentata estorsione di Marco Abbruzzese coinvolto nel recente blitz della Dda di Catanzaro, il rifiuto e la denuncia di una “vittima”

CASSANO ALLO JONIO Anni di indagini ed inchieste concluse in un lembo di terra, insistente sul versante jonico della provincia di Cosenza, diventato una polveriera. La Sibaritide torna di nuovo al centro di una operazione condotta dalla Dda di Catanzaro, guidata da Salvatore Curcio. I sostituti procuratori Alessandro Riello e Stefania Paparazzo hanno dato seguito ad una serie di risultanze emerse in precedenti filoni investigativi – questa la tesi accusatoria – occupandosi della cosca di ‘ndrangheta legata alla famiglia degli Abbruzzese, il clan degli “Zingari” cassanesi, utilizzando anche le rivelazioni seguite alla decisione di Gianluca Maestri di saltare il fosso e pentirsi.
La gola profonda cosentina avrebbe svelato dettagli importanti relativi alla presunta attività criminale della famiglia, sulla riorganizzazione del sodalizio decapitato da inchieste e arresti. Tra le risultanze emerse, pare cristallizzata la collaborazione degli Zingari con la famiglia Forastefano, altro sodalizio colpito dalle indagini della Distrettuale Catanzarese e in grado – per l’accusa – di rigenerarsi con l’entrata in scena delle nuove leve.
La «consacrazione» di Marco Abbruzzese
Al vuoto di potere, sarebbe dunque seguita un’azione riorganizzativa del clan nomade, che avrebbe portato alla «consacrazione» di Marco Abbruzzese. L’atteggiamento e “l’impegno” assunto nel redimere le questioni legate al sodalizio fanno presupporre agli investigatori un deciso e quasi obbligatorio cambio al vertice della scala gerarchica degli Zingari.
In una occasione, come denunciato da un imprenditore alle forze dell’ordine, lo stesso Abbruzzese si sarebbe reso protagonista di una tentata estorsione: intimando alla vittima il pagamento «puntuale di un istituto di vigilanza», in caso contrario sarebbe “bastato” versare «il 3% dell’appalto per risolvere la questione» e mettersi a posto (…) «così come fanno tutti gli altri imprenditori!». Nulla da fare, l’imprenditore – in più occasioni – rispedisce la richiesta al mittente e denuncia tutto.
Il riferimento per altri gruppi criminali
L’assunzione di maggiori responsabilità diventa prerogativa assoluta per Abbruzzese. Per chi indaga, dopo «1’arresto di Leonardo Abbruzzese, la partecipazione di Marco Abbruzzese non poteva limitarsi solo alla funzione di “ponte” nelle comunicazioni tra i parenti detenuti». Di conseguenza si sarebbe interessato, in prima persona, a reperire denaro: in altre parole a «sporcarsi le mani» e di conseguenza commettere dei reati. I rapporti con le altre famiglie gravitanti nella galassia criminale bruzia, rappresenta un’altra variabile di cui tener conto se si è alla guida di un clan. Secondo l’accusa, «anche per altri gruppi criminali rapportarsi agli Zingari di Cassano all’Ionio si traduce ormai nell’avere contatti necessariamente con Marco Abbruzzese». Una convinzione, quella degli investigatori, suffragata da due episodi. In uno rientra il rapporto con «l’alleata cosca dei Forastefano», con un «soggetto organico ad una cosca della provincia reggina e con organizzazioni locali provenienti da altri contesti».
La parabola di Marco Abbruzzese
“U palumm” (questo il suo soprannome) aveva inizialmente preferito «dedicarsi all’attività di raccolta e commercio di materiale ferroso, piuttosto che ai lucrosi settori illeciti degli stupefacenti e delle estorsioni».
L’operazione denominata “Athena” ha assestato un duro colpo agli Abbruzzese e di conseguenza segnato e cambiato il destino personale dell’indagato. «Dall’estate del 2023, Marco Abbruzzese ha iniziato, infatti, ad interessarsi in prima persona agli affari di famiglia» dopo gli arresti del padre “Ciccio u zingaro”, della Rosaria detta Rosanna e di suo marito Rocco Abbruzzese. Due destinatari della relativa ordinanza di custodia cautelare erano riusciti invece a sottrarsi alla cattura: il fratello minore Leonardo Abbruzzese detto Nino e il nipote Francesco Abbruzzese detto “Cicciotto”. Il più classico degli sliding doors non lascia scampo a Marco Abbruzzese, “costretto” «a farsi carico di una serie di incombenze che, nel contesto di riferimento, coincidono con il suo ingresso, a tutti gli effetti, nel mondo della criminalità organizzata». (f.benincasa@corrierecal.it)
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