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l’inchiesta della dda

Bellocco e l’amico imprenditore di Palmi: dai grandi eventi all’usura

I rapporti tra Davide Scarfone e il defunto rampollo del clan di Rosarno. Dopo la sua morte sarebbe stato lui a interessarsi di riprendersi il denaro e portarlo in Calabria

Pubblicato il: 13/05/2025 – 7:00
di Giorgio Curcio
Bellocco e l’amico imprenditore di Palmi: dai grandi eventi all’usura

LAMEZIA TERME Un incontro riservato risalente al 14 novembre 2023. Il primo “contatto” che gli inquirenti sono riusciti ad intercettare e ricostruire. Da una parte c’è il defunto Totò Bellocco, il rampollo dell’omonimo clan di ‘ndrangheta ucciso il 4 settembre scorso da Andrea Beretta. Dall’altra un imprenditore originario di Palmi, il cui nome è tornato alla ribalta solo in questi giorni.
All’epoca, infatti, gli agenti della Squadra Mobile di Milano, proprio mentre indagavano sugli ultrà di Inter e Milan e sui movimenti in Lombardia del giovane rosarnese, si sono imbattuti in Davide Scarfone (cl. ’86), soggetto finito agli arresti nel corso del blitz di qualche giorno fa.

Le presunte «cointeressenze» di Bellocco

Quello tra Scarfone e Totò Bellocco era, dunque, un rapporto molto stretto, già emerso peraltro durante l’inchiesta “Doppia Curva”, grazie alla quale gli inquirenti avevano ricostruito le “concrete entrature” di Bellocco all’interno della nota multinazionale QFORT. All’inizio, riconosce la Dda, non era stato possibile individuare la natura del rapporto intercorrente tra Bellocco e quest’importante compagine societaria ma, sulla scorta dell’intento del rosarnese di inserirsi nel tessuto economico lombardo, per l’accusa «non si è potuto escludere che questi potesse avere cointeressenze occulte all’interno della stessa, e ciò grazie al forte legame proprio con Davide Scarfone», amministratore unico di “QFORT Como srl”, nonché rappresentante di altre due società appartenenti al gruppo QFORT Milano srl.

L’evento con Javier Zanetti

Nel corso delle intercettazioni della pg su delega della Dda, Bellocco in una telefonata parla di un “solito posto” che, attraverso l’analisi tecnica, i poliziotti individuano nell’area esterna adiacente alla propria abitazione di Pioltello. Un incontro ritenuto «significativo» perché Bellocco viene immortalato mentre estrae un marsupio da sotto il sedile lato passeggero della propria autovettura e lo consegna proprio all’imprenditore calabrese. Sempre a novembre, peraltro, gli inquirenti intercettano altre conversazioni ambientali tra Totò Bellocco e Davide Scarfone. Come quella dell’11 novembre 2023 quando il rampollo rosarnese chiedeva all’altro il nome dell’evento organizzato proprio da quest’ultimo, «in modo da comunicarlo, addirittura, a Javier Zanetti, vicepresidente dell’Inter, il quale avrebbe dovuto parteciparvi, grazie all’opera di convincimento di Andrea Beretta», secondo l’accusa. Al centro del loro dialogo, quindi, c’era l’evento “QFORT” avvenuta il 17 novembre 2023. Gli inquirenti lo intuiscono anche grazie al dialogo intercettato il giorno successivo tra Bellocco e Scarfone, con quest’ultimo particolarmente soddisfatto per la riuscita, anche grazie alla partecipazione dell’ex capitano dell’Inter che, a detta poi di Bellocco, si sarebbe anche congratulato con lui con un messaggio.

I soldi chiesti per conto di Bellocco

Per gli inquirenti milanesi, dunque, sulla base di questi ultimi elementi che attesterebbero il forte legame tra Totò Bellocco e l’imprenditore di Palmi, appare «comprensibile il motivo che ha determinato quest’ultimo a presentarsi da Piero Bene e richiedere il pagamento del debito verso il mafioso». Già perché secondo l’accusa l’imprenditore comasco, oltre alla visita del sorianese Filippo Monardo, sarebbe stato avvicinato da Scarfone il quale – secondo le risultanze investigative – dopo l’omicidio di Antonio Bellocco aveva richiesto i soldi imprestati in nome e per conto di quest’ultimo. Circostanza ribadita anche dal dialogo intercorso – e intercettato – tra la vittima e lo stesso Monardo e in cui quest’ultimo ribadiva: «(…) Davide vuole quelli di Antonio, a me non interessa…». «Ho incontrato Scarfone due settimane fa, presso il supermercato LIDL di Cislago. Quando l’ho visto mi ha chiesto “come va?” gli ho risposto che devo ancora vedermi con Filippo Monardo, perché l’appuntamento era saltato, lui ha replicato facendomi capire che non si conoscevano. Oltre ai 23.000 euro ci sono circa 17.000 euro che devo restituire direttamente a Monardo. Quindi in totale sono all’incirca 40.000 euro da restituire…». Questo è quanto lo stesso Bene aveva riferito agli inquirenti lo scorso 9 gennaio.

L’incontro prima di scendere in Calabria

Come ricostruito dall’accusa, però, ad un certo punto la situazione con Scarfone si era fatta tesa. «Lo scorso 8 febbraio ho ricevuto un messaggio vocale su WhatsApp da parte di Scarfone, con il quale mi ha fatto delle pressioni per fissare un incontro per il giorno successivo, ma io ho cercato di prendere tempo (…) il 15 febbraio, Scarfone mi ricontatta su WhatsApp dicendomi “anche questa settimana è andata via”». Poi l’incontro sarebbe effettivamente avvenuto il 26 febbraio scorso e, come raccontato agli inquirenti da Bene, «durante quell’incontro Scarfone mi ha detto che dovevo risolvere la situazione del debito entro il 10 marzo perché lui sosteneva che doveva andare giù in Calabria per riferire la mia decisione al fratello di Antonio Bellocco. In alternativa mi prospettava un incontro con il fratello di quest’ultimo in quanto se non avesse avuto una proposta di rientro dei soldi mi faceva intendere che si sarebbe intromesso personalmente un componente della famiglia Bellocco per risolvere la questione…».  

L’inseguimento di Scarfone

Il 6 marzo l’episodio che più ha preoccupato l’imprenditore comasco quando, mentre si trovava in auto, sarebbe stato raggiunto da una Ford bianca «che mi seguiva facendo delle manovre azzardate nel traffico per raggiungermi» racconta. L’auto bianca poi lo avrebbe affiancato e solo dopo capisce che a bordo c’era proprio Scarfone, il quale «mi ha superato facendomi segno di fermarmi con la mano fuori dal finestrino, io ho seguito le sue indicazioni e mi sono fermato dietro la sua auto a bordo strada». In questa occasione, l’imprenditore calabrese lo avrebbe affrontato, chiedendogli “cosa dobbiamo fare?”. «Scarfone mi ha detto poi che nel caso in cui Monardo mi avesse chiesto dei soldi dovevo mandarlo da lui a chiarire».
Secondo l’accusa, quindi, con le ultime condotte descritte dalla persona offesa, «Scarfone portava avanti il disegno di conseguire, mediante minaccia, la restituzione delle somme dovute ad Antonio Bellocco, esplicitando, per rafforzare l’intento intimidatorio, come il denaro da riscuotere fosse destinato alla famiglia mafiosa». (g.curcio@corrierecal.it)

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