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Minacce, insulti e violenze. Finito l’incubo lungo 12 anni di una donna cosentina

La Cassazione conferma la condanna d’appello per il marito della vittima. «Rapporti sessuali subiti con violenza nonostante l’esplicito dissenso»

Pubblicato il: 17/05/2025 – 14:22
di Fabio Benincasa
Minacce, insulti e violenze. Finito l’incubo lungo 12 anni di una donna cosentina

COSENZA Costretta ad avere rapporti sessuali non consenzienti, la scusa di un massaggio poi la richiesta sempre più esplicita che si trasforma in un imperativo categorico. La vicenda è assai delicata, coinvolge una donna del cosentino (difesa e rappresentata dall’avvocato Gianpiero Calabrese) e suo marito, quest’ultimo condannato, con conferma della Corte di Cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Catanzaro, alla pena di 3 anni e 8 mesi. I fatti si riferiscono al 2013. La donna dopo gli abusi subiti ha avuto il coraggio di reagire, denunciando tutto e raccontando nei dettagli i contorni di abusi e soprusi. Accanto alle violenze, l’uomo avrebbe rivolto a sua moglie anche frasi ingiuriose, «disse…era un contenitore per partorire il figlio, che il seme veniva dal maschio, quindi il fulcro materiale veniva…la figlia era sua perché il seme era suo e dal seme nasce la figlia». La storia coniugale si incrina subito dopo il matrimonio e la nascita della figlia, nel 2007.
I coniugi, come appreso nel corso del processo, «dormivano in camere separate». Il marito inizia a rivolgere alla moglie «continue critiche (…) per la gestione della casa e della bambina». Non solo reprimende, la donna sarebbe poi stata privata della libertà di disporre del patrimonio familiare, fino alle violenze. «In due occasioni, l’uomo era riuscito ad avere due rapporti sessuali nonostante il suo esplicito dissenso, costringendola a subirli con violenza». La persona offesa al riguardo, ha chiarito che «in sette anni di matrimonio i rapporti sessuali erano stati all’incirca cinque» e in seguito «all’allontanamento del marito dall’abitazione coniugale, era stata destinataria di offese e minacce».

La confessione della vittima

La vittima ha confessato, nel suo racconto, di aver avuto «la responsabilità di aver voluto sempre nascondere quello che succedeva perché mi vergognavo. Mi vergognavo profondamente e però lui mi diceva sempre che sarebbe cambiato, quindi io gli davo fiducia, non avrei mai fatto qualcosa per distruggere la famiglia. Però poi ho capito che in parte la colpa era anche mia perché io permettevo di fare determinate cose e…che non mi poteva aiutare nessuno». Dopo la denuncia, «è tutto finito e io avevo ragione e io mi sono fatta finalmente forza (…) non volevo più essere la persona debole che ero prima. E la famiglia non c’era più».

La fine di un incubo

A distanza di 12 anni è stata pronunciata la sentenza della Cassazione, la Suprema Corte ha confermato la condanna comminata all’imputato in Appello e sostanzialmente posto fine all’incubo di una donna precipitata in un vortice riempito di minacce, insulti e violenze fisiche e psicologiche. La vittima, oggi, potrà tornare a condurre una vita normale e magari riprendere il proprio lavoro dopo averlo abbandonato perché «costretta dal marito». Potrà finalmente evitare di sentirsi «una donna sbagliata». (f.benincasa@corrierecal.it)

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