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tra restanza e impegno

La Calabria che resta: storie di giovani che scelgono di non partire (o di tornare)

I racconti di chi a Vena Superiore, piccola frazione del vibonese, ha deciso di impegnarsi e fondare un’associazione. «Andare via serve per capire quanto è bello tornare»

Pubblicato il: 13/07/2025 – 17:00
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La Calabria che resta: storie di giovani che scelgono di non partire (o di tornare)

VIBO VALENTIA Hanno tra i 25 e i 34 anni: qualcuno è laureato, altri hanno intrapreso strade diverse. Tutti, dopo un periodo di lontananza, si sono ritrovati nello stesso posto: in un piccolo paesino del Vibonese, uno di quei luoghi che finisce nella lunga e fredda lista di quelli che si “spopolano” a favore delle città. Ma Vena Superiore, frazione del capoluogo con circa mille abitanti, per loro è casa: qui hanno la famiglia, i legami, le radici, circondati dalle bellezze paesaggistiche calabresi. Ogni angolo del paese nasconde un piccolo scorcio di Calabria da cui affacciarsi, con lo sguardo che viaggia sulle case e sul verde vibonese, finendo nel mare di Briatico. Tra quei vicoli loro ci sono cresciuti e, dopo diverse esperienze, hanno deciso di tornare, richiamati dal senso di appartenenza e di responsabilità nei confronti della loro terra. Così hanno deciso di fondare un’associazione: un punto di riferimento per giovani e meno giovani, un modo per aiutare chi ha bisogno e cercare di mantenere viva e unita la comunità.

Uno spirito di rivalsa

«Avevamo dentro di noi uno spirito di rivalsa» spiega Alex, presidente dell’associazione InVena. Poche settimane fa con una cerimonia, insieme ai ragazzi dell’associazione “Il Dono”, ne hanno celebrato la nascita ufficiale. Anche se in pochi mesi hanno raccolto decine di adesioni, sono in 9 a gestirla: Alex, Enzo, Beatrice, Chiara, Debora, Jessica, Greta, Domenico e Ismaele. «Siamo cresciuti in un paese dove c’era poco, non avevamo neanche spazi in cui giocare» continua a raccontare il presidente. «Spesso in Calabria si tende a criticare e basta, noi abbiamo deciso di passare ai fatti. Abbiamo capito che dovevamo rimboccarci le maniche perché dare l’esempio vale più delle parole, è il vero propulsore del cambiamento».

Tornare in Calabria per aiutare la propria terra

Impegno e responsabilità nei confronti della propria terra: sono i due valori che spingo Alex a tornare nella sua Vena appena può, nonostante un lavoro importante a Roma. La sua è una delle tante storie che accomunano i giovani calabresi: dopo il liceo si è iscritto al corso di ingegneria all’Unical, con il piano iniziale di fare la magistrale fuori regione: «Ho sempre pensato che i politecnici del nord avessero più lustro e prestigio, ma la triennale a Cosenza mi ha fatto capire quanto valesse l’Unical». Come testimoniano le classifiche degli ultimi anni, con le università calabresi in costante crescita. Il percorso accademico di Alex, quindi, è continuato in Calabria, una «scelta che ripeterei ogni giorno e che consiglierei a tutti i ragazzi che finiscono il liceo. Dobbiamo dare il giusto valore all’Unical e alle università calabresi». Dopo la laurea, qualche esperienza all’estero e la chiamata da parte di una grande multinazionale con sede a Roma: «Un’occasione che non potevo sprecare». Alex ottiene un contratto importante, ma decide di non recidere il legame con la Calabria: «Ho un contratto che mi permette di fare lunghi periodi in smart working, quando posso torno subito qua. Sono legato alla mia famiglia, ai miei amici, ai miei paesani. Il tempo che lì lo avrei dedicato ad uscire e divertirmi qua lo impiego per aiutare la comunità, la mia terra. C’è il legame affettivo ma anche una “missione” che sento dentro».

Un “posto sicuro” a Milano ma il ritorno a Vibo

Chi ha fatto un percorso simile, ma con esito diverso, è Jessica. Anche lei fin dalla scelta dell’università, ha capito di voler restare in Calabria, laureandosi all’Unical. «Qui ho la mia famiglia, ma ho pensato fosse anche una questione di principio: sono a casa mia, perché avrei dovuto spostarmi fuori?». L’amara risposta arriva poco dopo la laurea: «La mancanza di lavoro, accompagnata anche da un po’ di disillusione, mi hanno convinta a fare concorsi anche fuori regione». Uno di questi lo vince nella lontana Milano, dove decide inizialmente di trasferirsi. «Era il mio sogno lavorativo, il coronamento della mia carriera universitaria e professionale». La “nostalgia” di casa ha iniziato a farsi sentire poco dopo, così Jessica ha deciso di ritornare: «All’inizio c’era un po’ di amarezza, un po’ di tristezza perché stavi mollando un posto sicuro. Poi è subentrato un senso di pace: ho la mia famiglia, i miei figli stanno bene qui e continuo a cercare le occasioni che la Calabria mi offre».

La nascita dell’associazione per «sentirci comunità»

Chiara e Domenico, entrambi membri dell’associazione, fin da subito hanno preferito restare a Vibo. «Ho avuto le possibilità di spostarmi» racconta Chiara. «Ma il pensiero era sempre alla famiglia e al fatto che al nord magari non c’erano le condizioni per restarci. Anche solo cercare una casa è complicato». Come è successo ad un suo amico di recente: «L’ho aiutato a cercare un appartamento, quando hanno saputo che era calabrese hanno avuto pregiudizi». L’alternativa è quella di restare: ma non è semplice in contesti che sembrano messi in secondo piano dalla società, quasi come si fosse già amaramente accettato il loro destino di luoghi “morenti”. C’è chi invece non si rassegna e prova a dare una “scossa”. «Forse ci sentiamo un po’ abbandonati dalla politica. Ma è anche il motivo per cui è nata questa associazione: sentirci comunità è il primo passo per fare qualcosa».

Dalla donazione di giochi al taglio solidale

Lo spiega bene Domenico, che trovando lavoro qui ha deciso di aderire totalmente alle attività dell’associazione: «Siamo attivi nel sociale, vogliamo aiutare il paese a risollevarsi un po’ con diverse attività». Tra queste la donazione di giochi al reparto di pediatria e alla Casa di Carità, iniziative per i giovani e anche il “taglio solidale” che prevede, grazie al sostegno di parrucchieri locali, il taglio di capelli a domicilio gratuitamente ad anziani e a chi non può uscire di casa. «Vogliamo essere un punto di riferimento per tutte le età, riunire i giovani e aiutare i più anziani». L’associazione, spiegano Domenico e Alex, ha anche un inno dal titolo emblematico: «”Ci sono anche io” di Max Pezzali. È una canzone che sentivamo quando eravamo più piccoli e abbiamo capito che era perfetta per noi». Il messaggio è chiaro: «Ci siamo anche noi e vogliamo dare un contributo, un segnale di ripartenza alla collettività».

Andare via per capire quanto è bello tornare

Ai giovani che oggi sono davanti alla scelta se andare via o meno, Alex lascia un consiglio: «Alcuni colleghi di Roma mi dicono che noi calabresi abbiamo questo vizio di andare fuori e poi non vediamo l’ora di tornare giù. Per me è giusto che ognuno faccia le proprie esperienze, anche fuori dalla Calabria e dall’Italia. Però non bisogna dimenticare mai le origini, la propria terra e sfruttare le conoscenze ottenute per migliorarla. Andare via serve proprio a capire quanto è bello tornare». (ma.ru.)

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