Ilaria Salis a Cosenza: «Fascisti e neonazisti sono una minaccia concreta» – VIDEO
L’eurodeputata di Avs ha presentato il suo libro. «Siamo in un’Unione Europea che mette al primo posto la rincorsa agli armamenti»

COSENZA Un pubblico numeroso e partecipe ha accolto oggi a Cosenza Ilaria Salis, eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), ospite dell’atteso evento di Laudomia Preview, anteprima del ricco programma di settembre del festival culturale cosentino. L’incontro si è incentrato sulla presentazione del libro in cui Ilaria Salis racconta la sua esperienza di 15 mesi di prigionia nelle carceri ungheresi, iniziata l’11 febbraio 2023 in seguito a un arresto ai margini di una manifestazione antifascista a Budapest. La vicenda, che ha scosso l’opinione pubblica nazionale e internazionale, ha portato la figura di Salis al centro del dibattito sui diritti umani, la giustizia e la libertà di espressione.
Una storia di resistenza che si è trasformata in simbolo: lo scorso anno, nonostante fosse ancora detenuta, Salis è stata eletta al Parlamento europeo. Nel corso dell’incontro, il dialogo con Salis ha toccato temi sempre attualissimi: dal significato contemporaneo dell’antifascismo, alle condizioni delle carceri europee, dal valore della solidarietà alla lotta quotidiana contro l’ingiustizia.

«Questo è un libro che parla di carcere – ha detto Salis – ma parla anche di solidarietà e tocca tematiche importanti come l’antifascismo, argomento rilevante da sempre nella mia vita e nel lavoro che svolgo nella mia nuova veste di eurodeputata. Emotivamente è stata dura raccontare in un libro ciò che mi è accaduto ma grazie a Ivan (Bonnin, presente accanto a Salis, ndr) sono riuscita a concludere questo lavoro. Siamo in un mondo in cui fascisti e neonazisti sono una minaccia concreta anche nelle istituzioni. Siamo in un’Unione Europea che mette al primo posto la rincorsa agli armamenti. Siamo in un mondo in cui il razzismo è sedimentato. In un mondo del genere l’antifascismo è più attuale che mai e riguarda anche un profondo lavoro culturale che va fatto per ricostruire una cultura popolare legata ai bisogno materiali delle persone». «Il momento più duro della mia detenzione – ha rivelato Salis al Corriere della Calabria – è quando mi è stato detto che non avrei potuto comunicare con la mia famiglia. In quel momento mi sono sentita sepolta viva». (f.veltri@corrierecal.it)