I clan e gli appalti nella Locride. La “tavola rotonda” e le minacce agli imprenditori: «Si meritava sparato»
Le vittime obbligate a non partecipare alle gare d’appalto per agevolare altre imprese. La paura di denunciare. La rabbia degli indagati: «Dovrei spaccarlo di bastonate!»

LOCRI «Dovrei spaccarlo di bastonate!», «Si meritava sparato». Offese e minacce di morte indirizzate ad amministratori e titolari di una impresa edile, obbligati a non partecipare a una gara d’appalto per agevolarne un’altra. Di questo sono accusati gli indagati dell’inchiesta “Dilemma” della Dda di Reggio Calabria. Partendo da quanto emerso attraverso le operazioni “Riscatto” e “Riscatto 2”, i carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Locri hanno condotto ulteriori indagini che avrebbero fatto emergere una serie di atti estorsivi messe in atto da esponenti di famiglie di ‘ndrangheta ai danni degli imprenditori operanti nella zona ionica della provincia di Reggio Calabria.
La ricostruzione
Nel caso specifico l’episodio è legato a una gara d’appalto indetta dal Comune di Siderno per la sistemazione delle strade. Le indagini hanno avuto origine dalle dichiarazioni rese da un dipendente del Comune, contattato da una delle vittime che gli avrebbe raccontato delle minacce ricevute.
Interessati ad agevolare la ditta di cui Domenico Trichilo (cl. ’82) era amministratore legale, gli indagati Ferdinando Rullo (cl. ’62), Michele Aiello (cl. 78), Ilario Tipaldo (cl. ’73). Tutti finiti in carcere.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, le minacce si sarebbero esplicitate in un incontro avvenuto nel marzo 2023 all’interno dell’abitazione di uno degli indagati: una vera e propria “tavola rotonda”, come definita nel corso delle conversazioni intercettate. Alla vittima, in quel contesto, fu intimato di non partecipare alla gara. L’imprenditore si era ritrovato in presenza di soggetti, i quali, dopo essersi presentati con «referenze delinquenziali» gli avrebbero raccontato di scontato venti anni di carcere.
La paura dopo le minacce
«Le minacce – viene ricostruito nelle carte dell’inchiesta – ingeneravano nella persona offesa un evidente timore”: avevano sortito il loro effetto al punto che la vittima aveva deciso di non partecipare. «D’altronde, – scrive il gip – già il fatto che le persone offese, disperate, abbiano deciso di nascondere agli inquirenti quanto accaduto e di non sporgere, dunque, querela, conferma il timore e le condizioni di assoggettamento scaturite dalle minacce ricevute la sera della citata riunione».
E dopo la denuncia del dipendente comunale, l’imprenditore – chiamato a rispondere – aveva anche negato di aver ricevuto minacce. Una smentita frutto «del timore» – si legge nell’ordinanza – di incorrere in ripercussioni più gravi, laddove avesse confessato quanto intimatogli nella famosa “riunione”.
Mentre tra gli indagati – secondo quanto emerge nelle conversazioni captate – montava la rabbia. Tra insulti e parolacce, la minaccia diviene sempre più esplicita: «Questi cristiani vanno solo sparati e se ne vanno da in mezzo i coglioni». (m.r.)
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