Strage di Gioia Tauro, 55 anni fa l’episodio simbolo dei Moti del 1970
Il 22 luglio un treno deragliò dopo un’esplosione: il bilancio fu di 6 morti e oltre 70 feriti, i responsabili estremisti di destra

GIOIA TAURO Quando in Italia si parla di stragi legate al terrorismo politico vengono subito in mente Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia o la Stazione di Bologna. Ma forse in pochi sanno che in quel periodo caratterizzato dalla cosiddetta “strategia della tensione” in Calabria avvenne un episodio altrettanto grave e tragico, che segnò inevitabilmente un pagina nera di storia e fu sintomo evidente del clima di caos che si respirava già da qualche giorno a causa dei Moti di Reggio, cominciati il 14 luglio del 1970 dopo la designazione di Catanzaro come capoluogo di Regione: la strage di Gioia Tauro.
La tragedia
A poco più di una settimana dall’inizio dei disordini, precisamente il 22 luglio, a Gioia Tauro, città oggi nota per essere casa del più grande porto di transhipment europeo, ci fu un evento destinato ad entrare negli annali: alle ore 17 circa numerose vetture del treno “Freccia del Sud” diretto da Palermo a Torino, colmo di pellegrini in viaggio verso Lourdes, deragliarono. Il bilancio fu tragico: 6 morti e oltre 70 feriti. Le indagini sull’episodio furono sin dall’inizio controverse e le prime ipotesi su un possibile cedimento o su un errore umano non ressero. Dietro al dramma, infatti, c’era molto di più: un attentato terroristico di matrice neofascista, compiuto collocando dell’esplosivo sui binari ferroviari, uno dei 44 attacchi dinamitardi, di cui oltre la metà ai danni di tralicci e stazioni, che tra il 1970 e il 1972 sconvolsero la Calabria.
L’influenza del terrorismo “nero” e il paradosso giudiziario: nessuno fu mai condannato
Come emerso da numerose sentenze e dichiarazioni di pentiti di mafia, vi fu una forte influenza sui Moti di Reggio da parte del terrorismo “nero”, che peraltro si legò in diversi momenti agli esponenti della ‘ndrangheta. Nello specifico, gli estremisti sfruttavano il clima ostile venutosi a creare nel Reggino come trampolino di lancio per le loro rivendicazioni e per alimentare disordine e tensione. E il caso della strage di Gioia Tauro, certamente, non rappresentò un’eccezione. Dopo un’infinità di perizie, ipotesi, sedute in Tribunale, si arrivò a sentenza definitiva solo nel febbraio del 2001: la Corte d’Assise di Palmi individuò come responsabili dell’attentato tre persone che fungevano da “braccio armato” per Avanguardia Nazionale e il Comitato d’Azione per Reggio, protagoniste delle rivolte: Vito Silverini, Vincenzo Caracciolo e Giuseppe Scarcella, tutti già deceduti. Ma non finisce qui, un altro protagonista della storia finì nel mirino degli inquirenti: Giacomo Lauro, uomo di ‘ndrangheta arrestato nel 1992, che venne processato nel 1996 perché sospettato di aver fornito l’esplosivo che provocò la strage del ’70. Tuttavia, Lauro venne assolto dalla Corte d’Assise nel 2001 per “mancanza di dolo”, sentenza confermata nel 2003 in Appello a Reggio Calabria. Per lui erano stati chiesti 24 anni di carcere, ma alla chiusura del processo per la strage di Gioia Tauro, nel 2006, ricevette come unica condanna il “concorso anomalo in omicidio plurimo”, reato comunque estinto, poiché caduto in prescrizione. Dunque, paradossalmente, per un attentato così grave e feroce, che cambiò il corso della storia e sconvolse un intero territorio, tra ragioni procedurali e morte degli imputati nessuno ricevette una condanna, né gli esecutori materiali, né i presunti mandanti. L’ennesima anomalia che fece seguito alla strage di Gioia Tauro, l’evento probabilmente più tragico legato ai Moti di Reggio del 1970.
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