Per la Corte Ue i giudici «devono valutare la scelta di un paese “sicuro”»
L’Anm: «Corretto l’operato dei giudici italiani». Duro Salvini: «Sentenza vergognosa»

I giudici potranno valutare la designazione di un paese terzo come “paese di origine sicuro”. Lo ha stabilito la Corte di Giustizie dell’Unione Europea nel pronunciarsi sul ricorso contro la procedura di frontiera nei Cpr in Albania. Secondo la Corte, un cittadino di un paese terzo può subire la respinta della sua domanda di protezione internazionale in esito a una procedura accelerata di frontiera qualora il suo paese di origine sia stato designato come “sicuro” a opera di uno Stato membro. Tale designazione può essere effettuata mediante un atto legislativo, a condizione che quest’ultimo possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo vertente sul rispetto dei criteri sostanziali stabilite dal diritto dell’Unione. Le fonti di informazione su cui si fonda tale designazione devono essere accessibili al richiedente e al giudice nazionale. Per i giudici di Lussemburgo uno Stato membro non può, tuttavia, includere un paese nell’elenco dei paesi di origine sicuri qualora esso non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione.
La decisione della Corte
La decisione arriva dopo che la Corte è stata coinvolta dal Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Cpr in Albania perché provenienti da Paesi ritenuti sicuri dal governo italiano, in particolare Egitto e Bangladesh. Il nodo centrale riguarda la definizione e dell’applicazione del concetto di ‘Paese terzo sicuro’ nell’ambito delle procedure accelerate per l’esame delle richieste d’asilo. I Paesi Ue possono esaminare più rapidamente le domande di protezione internazionale, anche alla frontiera, se provengono da cittadini di Paesi considerati sufficientemente sicuri e – ricordano i giudici di Lussemburgo -, da ottobre 2024, in Italia, la lista dei cosiddetti Paesi di origine sicuri viene stabilita con un atto legislativo. Tra questi figura anche il Bangladesh, spiega la Corte Ue, ricostruendo i fatti all’origine di due ricorsi presentati dai migranti al Tribunale di Roma.
I dubbi sulla nuova legge italiana
Il giudice italiano aveva sollevato dubbi sulla nuova legge italiana, che non indica le fonti usate per valutare la sicurezza del Paese, sostenendo che questo limita sia il diritto dei richiedenti di contestare la decisione, sia quello dei giudici di verificarne la legittimità, in quanto non è possibile valutare l’affidabilità e l’aggiornamento delle informazioni su cui si basa la presunzione di sicurezza. Il diritto Ue, si legge nella sentenza, non vieta che a un Paese Ue di designare un Paese terzo come Paese d’origine sicuro tramite atto legislativo, «a condizione che tale decisione possa essere sottoposta a un controllo giurisdizionale effettivo». Questa garanzia è particolarmente importante quando un cittadino di quel Paese fa ricorso contro il rifiuto della sua domanda di protezione internazionale, respinta con procedura accelerata. La Corte Ue precisa inoltre che le fonti su cui si basa la designazione devono essere “sufficientemente accessibili sia al richiedente che al giudice”, per garantire “una tutela legale effettiva”. Il giudice può usare anche informazioni da lui stesso raccolte, purché ne verifichi l’affidabilità e permetta a entrambe le parti del procedimento di commentarle.
Le reazioni
«Nessuno remava contro il governo. Era stata proposta una interpretazione dai giudici italiani che oggi la Corte di giustizia dell’Unione europea dice essere corretta. E’ giusto saperlo, senza polemiche ma per amore di chiarezza». Lo ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistra Cesare Parodi. Dura la reazione di Matteo Salvini: «La sentenza che oggi arriva dalla Corte Europea contro l’Italia è scandalosa, vergognosa, imbarazzante. Limita la possibilità di controllare i confini, di contrastare i trafficanti di esseri umani, di limitare gli sbarchi. Cancella la nostra identità nazionale: è pericolosa.È l’ennesima dimostrazione di un’Europa che non funziona», ha aggiunto Salvini.
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