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‘Ndrangheta, Rosario Battaglia «al vertice» dei Piscopisani che volevano prendersi Vibo

Depositate le motivazioni con cui la Cassazione ha confermato la condanna a 28 anni per “Sarino”. Riconosciuta l’esistenza del clan di Piscopio

Pubblicato il: 03/08/2025 – 19:13
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‘Ndrangheta, Rosario Battaglia «al vertice» dei Piscopisani che volevano prendersi Vibo

VIBO VALENTIA Non un clan «embrionale», ma una vera e proprio «costola autonoma» della ‘ndrangheta vibonese, al cui vertice come «capo e promotore» c’era Rosario Battaglia. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per “Sarino” a 28 anni di carcere nel processo Rimpiazzo, divenuta dunque definitiva per l’esponente del clan che dalla frazione di Piscopio cercò di espandersi in tutta la provincia opponendosi al dominio dei Mancuso. Gli ermellini – che hanno depositato le motivazioni in questi giorni – hanno ritenuto inammissibili o infondati gli 11 ricorsi presentati dai legali difensori dell’imputato, confermando anche l’esistenza del clan di ‘ndrangheta e rigettandone la definizione di semplice «gruppo delinquenziale». La Cassazione ha, dunque, confermato l’esistenza del clan dei Piscopisani, una solida struttura di ‘ndrangheta che dal 2009 avrebbe causato estorsioni, intimidazioni e omicidi legati alla faida contro i Patania.

Fondamentali le dichiarazioni dei collaboratori

Al vertice del clan ci sarebbe stato proprio Battaglia, anche chiamato “Sarino”. Di lui il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, con un passato proprio nei Piscopisani, disse: «Battaglia è Battaglia, non ha ruoli» per indicarne la rilevanza all’interno del clan. Dallo spaccio di droga alle estorsioni tramite intimidazioni, la Cassazione ripercorre la sentenza della Corte d’Appello ritenendola valida da rigettare i ricorsi dei difensori. Per i giudici sono rilevanti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia tra cui Moscato, Bartolomeo Arena e Andrea Mantella, oltre che quelle delle persone offese dai vari reati. Il clan non è «affatto embrionale o destinato a immediato “aborto”», come valutato dai difensori, «ma dotato, anzi, di solida struttura organizzata» tipica della criminalità organizzata.

Estorsioni, intimidazioni e droga

Per quanto riguarda Battaglia, per la Cassazione regge la sentenza d’appello che lo individua in un ruolo apicale anche considerando le «sentenze di condanna definitive per estorsione e per l’omicidio di Fortunato Patania». “Sarino” avrebbe iniziato la sua scalata, come ricostruito dall’accusa, legando con alcune cosche reggine, tra cui i Commisso di Siderno. «Se io dovevo fare dalla A alla Z lo facevo tranquillamente per Rosario Battaglia» aveva ribadito in un suo interrogatorio Raffaele Moscato. Per gli ermellini è lui il mandante delle estorsioni con cui il clan cercò di espandersi nella zona di Vibo Marina e, di conseguenza, anche delle intimidazioni a chi cercava di opporsi. Battaglia avrebbe avuto anche «il ruolo di organizzatore» nell’associazione dedita allo spaccio di droga, occupandosi «dell’individuazione di canali di approvvigionamento e di smercio, anche all’ingrosso, con ripartizione di compiti ed individuazione di sodali». Infine, viene rigettato dalla Cassazione anche il ricorso per intestazione fittizia di uno storico bar del centro di Vibo, divenuto secondo i collaboratori «una delle
basi operative del sodalizio e direttamente riferibile all’imputato». (ma.ru.)

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