Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 10:00
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

il contributo

Ponte sullo Stretto e la “profezia” di Cettolaqualunque

«Un affare a perdere che qualsiasi imprenditore non farebbe in alcun modo»

Pubblicato il: 18/08/2025 – 18:04
di Ennio Stamile
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Ponte sullo Stretto e la “profezia” di Cettolaqualunque

Agosto è un mese che di solito viene dedicato alle ferie che si stanno sempre più accorciando a causa della deriva economica iniziata ormai da diversi anni. Coloro che si possono permettere ferie prolungate sono i ricchi, mentre il cosiddetto “ceto medio”, che si sta sempre più affievolendo perché l’aumento dei salari è risibile a confronto del costante aumento dei prezzi e delle bollette di luce e gas, è costretto ad accorciare le ferie. Molti a ridurle ai soli fine settimana. Quest’anno si è aggiunto il “caro ombrelloni”. Alcuni lidi hanno fatto registrare prezzi davvero assurdi. Questo mese, in cui di solito cala l’attenzione, è dedicato all’aumento dei prezzi a consumo, oltre a quelli del carburante. Qualche giorno fa il governo Meloni, profittando del caldo estivo, alimentato anche quest’anno da numerosissimi incendi che hanno contribuito a devastare il nostro patrimonio boschivo, ha emanato un decreto-legge sul ponte sullo stretto, quasi del tutto sfuggito ai Media. Ebbene, nello stesso decreto, era stata inserita una norma per evitare i “fastidiosi” controlli giudiziari sugli appalti. La norma, manco a dirlo, rivendicata dal ministro Salvini, prevedeva una deroga al codice antimafia, mediante la quale tali controlli sarebbero stati accentrati dal Ministero degli Interni, ergo: niente controlli antimafia. Non c’è che dire, Salvini assieme a Meloni passeranno all’italica storia repubblicana come coloro che più di ogni altro politico hanno mutato le loro idee a seconda dei ruoli: quando si trattava di stare all’opposizione, sbraitavano contro l’Europa, l’America, i dazi, le accise, il caro bollette, la riforma Fornero, il ponte sullo stretto che, ricordiamolo, fino a qualche anno fa, a detta sempre di Salvini, “non stava in piedi”, le spese militari e molto altro. Una volta occupati gli scranni del governo si fa l’esatto contrario. Il dettaglio della deroga non era stato inserito nel testo inviato in precedenza al Quirinale, come vuole la prassi, onde consentire quelle interlocuzioni che di solito precedono l’approvazione di un decreto da parte del Presidente della Repubblica, ma inserito solo dopo, in sede di Consiglio dei ministri.
Per fortuna che la nostra Carta fondamentale prevede il baluardo della Presidenza della Repubblica – che questo governo, mediante una scellerata riforma, vorrebbe sminuirne le prerogative costituzionali – il quale, accortosi dell’inserimento “clandestino” si è rifiutato categoricamente di firmare imponendo di espellere la norma. La parola chiave della furbata salviniana era “deroga”, termine che viene a volte utilizzato nei decreti-legge per tentare di sviare le ristrette norme di un dettato legislativo. Da calabrese che non crede molto alle “conversioni” politiche, pur non essendo un economista mi sono posto alcune domande, anche quella dei costi benefici. L’opera, ricordiamolo, costa ben 13,5 miliardi di euro, circa la metà di questi provenienti dai fondi di coesione. Un recente studio ha esaminato l’ipotesi paventata dal governo, che il ponte si possa ripagare anche con i pedaggi. I risultati non sono per nulla rassicuranti, anzi. A dirla tutta sono un vero e proprio disastro. L’ipotesi è quella di far pagare dieci euro alle auto e venti ai camion; orbene, le stime dei ricavi più ottimistiche parlano di circa 800 milioni all’anno che sembrerebbe molto. Peccato, però, che da questa cifra vanno tolti i costi di gestione, rimarrebbero, perciò, circa 100 milioni netti all’anno. Il piano di ammortamento, sempre secondo le stime governative, è previsto in “soli” trent’anni, facendo un calcolo matematico molto elementare, mi sembra che i conti non tornino affatto: se il ricavo netto annuo è pari a cento milioni, questa cifra moltiplicata per trenta, porta ad un totale di tre miliari, quindi, dopo trent’anni, si è ammortizzato circa il 23% della spesa. Un affare a perdere che qualsiasi imprenditore non farebbe in alcun modo, neanche un buon padre o madre di famiglia per cifre molto più ristrette evidentemente. Chiaro che questa analisi deve includere anche i cosiddetti posti di lavoro che si andranno a generare che in un anno sono diminuiti di sessantamila unità: si è partiti con enfasi sempre da parte di Salvini ad annunciarne centomila, poi in graduale e costante diminuzione, fino ad arrivare a circa trentasettemila, ad essi vanno aggiunti i benefici del settore turistico. Su quelli ambientali, onestamente, ho molti dubbi. In Italia siamo ormai abituati a decidere prima di valutare perché “la politica” che utilizza i proclami, ha volutamente dimenticato le parole di un certo Henry Kissinger, che di politica fatta di slogan americani se ne intendeva molto: “quando un ragguardevole prestigio burocratico è stato investito in una politica è più facile vederlo fallire che abbandonarlo”.  Da calabrese che dal secolo scorso attende che la A2 sia percorribile senza interruzioni, che la 106 venga finalmente ultimata e molte altre necessarie infrastrutture siano realizzate, auspico che Kissinger abbia torto… ma Cettolaqualunque aveva previsto tutto…

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato  

Argomenti
Categorie collegate

x

x