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i clan in riviera

Dal «G7 della ‘ndrangheta» a Polsi alla vita risparmiata da Mantella: la parabola di Saverio Serra

Condannato a 13 anni e 3 mesi, l’imprenditore vibonese emerge come figura di rango nella cosca Mancuso. Le intercettazioni e le dichiarazioni dei pentiti ricostruiscono summit, rituali e attentati sv…

Pubblicato il: 20/08/2025 – 6:59
di Giorgio Curcio
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Dal «G7 della ‘ndrangheta» a Polsi alla vita risparmiata da Mantella: la parabola di Saverio Serra

LAMEZIA TERME «Sono venuti tutti i giovanotti… grande rispetto… E poi a settembre siamo andati alla Madonna della Montagna… poi sono venuti a Vibo, sono successi un po’ di bordelli… ma non abbiamo problemi. Hai capito? Non abbiamo problemi». Un’appartenenza rivendicata, rimarcata con orgoglio. Perché, quando c’è da rispondere ad una richiesta di “aiuto”, c’è solo da rimboccarsi le maniche e schierare contatti e amicizie. Soprattutto se appartenenti alla ‘ndrangheta calabrese e alla cosca Mancuso di Limbadi. È quello che avrebbe fatto anche l’imprenditore vibonese Saverio Serra (cl. ‘71), tra i principali imputati nel processo nato dall’inchiesta “Radici” e per questo condannato a 13 anni e 3 mesi di reclusione in primi grado.  

L’incontro al Santuario di Polsi prima di Rinascita-Scott

Come riportato nelle centinaia di pagine di motivazioni, Serra in risposta all’esplicita richiesta di ausilio di Patamia, intenzionato a scendere in politica, «si vanta del suo accreditamento nei confronti dei membri di spicco delle principali cosche di ‘ndrangheta». Appartenenti che dice di «aver incontrato, nel settembre 2019, presso il Santuario della Madonna di Polsi, nel comune di San Luca». Secondo i giudici del Tribunale di Ravenna, alla luce del dialogo intercettato, non ci sono dubbi sull’interpretazione, anche quando Serra parla di «bordelli», un riferimento alla maxioperazione “Rinascita-Scott” che il 21 dicembre 2019 aveva portato a centinaia di arresti, tra cui anche il cognato. L’interpretazione è coerente con l’ambiente criminale anche in ragione dell’evocazione del «principale luogo di valore simbolico nella ritualità ‘ndranghetistica», con riferimento ai «tradizionali festeggiamenti della Madonna della Montagna presso il Santuario di Polsi», scrivono i giudici.

Le dichiarazioni di Mantella e Mancuso

Uno spaccato ancora più chiaro secondo i giudici grazie alle dichiarazioni rese durante la fase dibattimentale da due pentiti di “peso”: Andrea Mantella, elemento di primo piano prima del clan Lo Bianco e poi dei Piscopisani rivali del clan Mancuso di Limbadi, e Emanuele Mancuso, quest’ultimo nipote di Domenico Mancuso (classe ’27) ovvero il primo nato della “generazione degli 11”, fratello, tra gli altri, del boss Luigi Mancuso detto “il Supremo”. In particolare Mantella – esaminato all’udienza del 13 giugno 2024 – ha spiegato che l’annuale incontro presso il Santuario di Polsi è «come il G7, insomma, che si riuniscono tutti i rappresentanti della ‘ndrangheta per le nuove regole, per i nuovi gradi e che vi si delineano tutte le strategie». Come raccontato dal pentito, «al Santuario di Polsi sono custodite tutte le regole della ‘ndrangheta, della mamma ‘ndrangheta, ogni mese dell’anno di settembre tutti i capi ‘ndrina, i rappresentanti del territorio si devono rapportare al capo, che sarebbe la mamma. Quindi tutti i ‘ndranghetisti come simbolo di ‘ndrangheta hanno la Madonna di Polsi».
Anche il giovane Mancuso, in una sua dichiarazione acquisita nel processo, prendendo le distanze dalla ritualità ‘ndranghetistica di Polsi, ha spiegato che quell’incontro «rappresenta, diciamo, l’apice. Quindi pure lì si fanno le affiliazioni. La maggior parte si fanno o in carcere o là o tramite le “copiate”, e che potevano prendervi parte solo gli “apicali” o, al più, i “figli di “Mammasantissima” come mio fratello, diretto di sangue, quindi poteva andare. Faceva parte di una delle famiglie…». Per i giudici, dunque, la presenza di Saverio Serra all’incontro del settembre 2019 sarebbe la prova del suo ruolo di rango all’interno della cosca Mancuso.

Serra vittima designata e graziato da Mantella

Ad inchiodare Serra ci sono, poi, ulteriori dichiarazioni di Mantella. «(…) io, Serra, Lococo e altri ragazzi a Piazza Municipio… noi siamo della stessa età, ai tempi belli, ai tempi quando c’era… dei paninari, quindi eravamo tutti insieme, sì». Ma non è tutto. Il pentito racconta ai giudici anche di un particolare episodio legato proprio a Serra. Quest’ultimo, infatti, era vittima designata di un attentato omicidiario orchestrato da Francesco Ventrici cui lui si oppose, «salvandogli la vita». Il Ventrici a cui fa riferimento il pentito è peraltro un broker ampiamente noto in Emilia-Romagna, finito al centro qualche giorno fa del sequestro di un forno nel bolognese. Serra – come raccontato dal collaboratore – era divenuto «un elemento scomodo e stava rimpiazzando la figura di Ventrici» e quest’ultimo ne aveva chiesto l’uccisione nell’aprile-maggio 2010 a Rosario Battaglia e a Rosario “Pulcino” Fiorillo, «i quali chiesero di eseguire l’omicidio a Scrugli Francesco, un sottoposto di Mantella». Ventrici «aveva messo sul piatto 4 o 5 chili di cocaina allo stato puro del 99 per cento purché si eliminasse Serra», racconta il pentito che si sarebbe opposto categoricamente. «Ciccio è cresciuto con noi (…) che stiamo facendo?», avrebbe risposto. «Dobbiamo uccidere Saverio, che c’entra? Noi dobbiamo uccidere Pantaleone Mancuso “Scarpuni”, Serra non c’entra niente». (g.curcio@corrierecal.it)

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