La ‘ndrangheta spara meno, ma la cultura mafiosa alimenta ancora risse e violenza
Da Tropea a Crotone, una serie di episodi che dimostra come a fronte di una malavita “silente” sia ancora diffusa una mentalità violenta figlia della criminalità organizzata

La ‘ndrangheta, oggi, spara di meno. La criminalità organizzata calabrese è mutata, si è evoluta ed è divenuta più silente: una qualità che le consente di infiltrarsi con più efficienza all’interno di istituzioni, imprese ed affari. La “constatazione” a più voci arriva da chi, negli anni, ha dedicato la propria carriera a combattere la malavita calabrese: procuratori, magistrati, “superpoliziotti” che hanno inferto duri colpi alla ‘ndrangheta, di fatto decapitando una buona parte di clan calabresi. Ma da loro è sempre arrivata anche una precisione e un monito: non è la sola repressione a poter scardinare la ‘ndrangheta, ma deve esserci un cambio di passo radicale a livello culturale.
La ‘ndrangheta “dormiente”
L’estate che sta per concludersi (ma potremmo estenderci anche agli ultimi mesi) non ha visto particolari fatti di cronaca legati alla ‘ndrangheta, se non casi di intimidazioni o minacce. Episodi che, per quanto gravi e “spie” di una criminalità ancora esistente e radicata nel territorio, sono bel lontani dai più gravi omicidi, faide e sparatorie di qualche anno fa. Per l’appunto, casi singoli che obbligano a mantenere alta l’attenzione e non abbassare le difese contro una ‘ndrangheta che, come detto, spara meno ma è comunque potente, radicata e diffusa. Forse “dormiente” dopo le numerose operazioni degli ultimi anni, fatta eccezione in zone più calde come Cetraro e le Preserre al confine tra Vibo e Reggio, territori che hanno invece assistito a gravi omicidi maturati probabilmente in ambiti mafiosi.
Negli ultimi mesi escalation di risse e violenza
Ma se da un lato la criminalità organizzata è più silente, ciò che fa rumore – in particolare negli ultimi giorni – sono le violente risse a cui si è assistito nella nostra regione. La più grave, sicuramente, è quella che ha portato alla morte di Filippo Verterame, raggiunto da una coltellata e ucciso a soli 22 anni sulla spiaggia di Le Cannella a Isola Capo Rizzuto. Su questa avranno molto da lavorare le forze dell’ordine, dal momento che – anche in virtù delle parole della madre Angela Giacquinta – potrebbe avere origini più profonde che una semplice rissa. Ma solo negli ultimi giorni altri due episodi raccontano di una violenza ancora diffusa in Calabria: a Tropea uno scontro tra giovani al Blanca Beach è scaturito nel ferimento di un ragazzo, mentre poco dopo (seppur da una prima ricostruzione non sembrano esserci collegamenti) è morto per malore un dipendente. A Mandatoriccio, nel Cosentino, un altro giovane coinvolto in una rissa è stato raggiunto da una coltellata al torace, provocandogli una perforazione del polmone e un ricovero in gravi condizioni all’ospedale di Cosenza. Sempre nel Vibonese, diverse risse sono state registrate lungo la Costa degli Dei, in particolare negli ambienti della movida e durante le festività estive. Anche a Corigliano Rossano, lo scorso 9 agosto una discussione è degenerata in un’aggressione e nell’accoltellamento di una delle persone coinvolte. Ancora prima, a luglio, sul lungomare da una rissa si era arrivati a sparare un 50enne del posto, ferito in seguito alla colluttazione. Ovviamente, tutti episodi slegati tra loro, ma uniti dall’essere prova di una cultura ‘ndranghetista e mafiosa ancora pienamente diffusa. Una mentalità per cui è la violenza l’unica soluzione possibile e priva di alternativa per dirimere questioni personali e non. E che sia indirettamente legata alla malavita calabrese, lo dimostra il fatto che in numerose risse risultano poi coinvolti rampolli delle famiglie di ‘ndrangheta calabresi che tentano di imporre così il controllo sulla società. Un “potere” che, da qualche anno a questa parte, vedono scricchiolare tra imponenti operazioni antimafia e un principio di riscatto e ribellione sociale. Ma proprio quando la criminalità cerca di rialzare la testa tocca alla società “fare muro”, combattere la violenza e segnare quella svolta culturale definitiva che la Calabria attende da tanto tempo. (ma.ru.)
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