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‘Ndrangheta, il ruolo di Serra: la “lezione” al nipote Scrugli per tenere a bada i Marando

Dalle motivazioni del processo “Radici” emerge la riorganizzazione interna dopo i maxi-arresti di “Rinascita-Scott”. Tra successioni dinastiche e “codici d’onore”

Pubblicato il: 29/08/2025 – 6:58
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta, il ruolo di Serra: la “lezione” al nipote Scrugli per tenere a bada i Marando

LAMEZIA TERME «I Marando sono grandi trafficanti di droga ed è parente di Rosario Marando, adesso mi sfugge il cognome di quell’altro che è stato ucciso, che comandava lui, Pasqualino Marando. Hanno ramificazioni pure con la vicina Platì…». Da queste dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, gli inquirenti della Dda di Bologna e i giudici del Tribunale di Ravenna sono risaliti ai rapporti tra Saverio Serra, il “boss-imprenditore” condannato a 13 e 3 mesi in primo grado, e la famiglia Scrugli.

Il rispetto del “codice d’onore”

Ma andiamo con ordine. Da una parte, dunque, troviamo quelle che può definirsi la successione per “diritto di sangue” negli affari illeciti di famiglia, nel rispetto di «un rituale consolidato di ‘ndrangheta che prescinde dalla effettiva maturità». Dall’altra c’è, invece, un appartenente alla famiglia dei Marando, riconducibile ai Bellocco, pronto a mettersi a «disposizione della famiglia del detenuto per rispetto del ruolo del padre», contemplando quel “codice d’onore” per cui i sodali dell’organizzazione criminale provvedono al sostentamento della famiglia del detenuto, mettendogli a disposizione quanto è necessario per migliorare il tenore di vita, anche occupandosi di procurargli l’assistenza legale.

La vicenda Scrugli

Il protagonista della vicenda è Michele Scrugli (condannato a 2 anni e 8 mesi), figlio di Antonio, quest’ultimo coinvolto nella maxioperazione “Rinascita-Scott” del dicembre del 2019. Il suo nome salta fuori nelle centinaia di pagina di motivazioni della sentenza di primo grado del processo “Radici” contro le cosche di ‘ndrangheta attive in Romagna e sulla Riviera. Secondo i giudici, infatti, l’operazione giudiziaria «ha certamente decapitato i vertici della summenzionata cosca, unitamente a quelli della cosca dei Piscopisani, segnando l’inizio di un periodo di assestamento in seno alla famiglia dei Mancuso, anche con riferimento ai rapporti tra la stessa e le cosche storicamente sue alleate, tra cui quelle della Piana di Gioia Tauro, ovvero i Piromalli e i Bellocco».

La “lezione” di ‘ndrangheta al nipote

Uno scenario del tutto imprevisto che ha «dato corso alla rivalutazione della gerarchia della famiglia, necessitando di colmare le “caselle” lasciate vuote dagli affiliati tratti in arresto», osservano i giudici. Come emerso nel corso del processo, dunque, a causa della giovane età e del suo temperamento «Michele Scrugli ha faticato a mantenere un comportamento adeguato al nuovo ruolo assunto» annotano i giudici nelle motivazioni, con ripercussioni sullo zio fino a quel momento poco noto agli inquirenti ovvero Saverio Serra, «mossosi in soccorso del nipote» su richiesta proprio di Alessandro Marando, quest’ultimo «ritenuto contiguo ad ambienti di ‘ndrangheta, in particolare legato da vincoli di parentela alla consorteria criminale dei Bellocco». Dopo la conversazione, dunque, Saverio Serra si sarebbe attivato «contattando telefonicamente il nipote Michele Scrugli, sia andando in tutta fretta in Calabria» riportano i giudici nelle motivazioni, dove poi si sarebbe tenuto l’incontro a tre con Marando e il nipote. Evento, però, del quale non c’è traccia perché i protagonisti avrebbero lasciato i telefonini in auto. Secondo quanto è emerso, però, «nel corso di quell’incontro Serra ha fornito preziosi insegnamenti al nipote» osservano i giudici nelle motivazioni, con riferimenti al significato dei “valori familiari” e all’importanza di schermare i beni in vista di possibili sequestri. (redazione@corrierecal.it)

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