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undicesima edizione

C’è una Calabria che da un “pacchero alla ‘ndrangheta”

Torna l’iniziativa lanciata dall’amministrazione comunale di Castiglione Cosentino guidata da Salvatore Magarò

Pubblicato il: 10/09/2025 – 18:33
di Fabio Benincasa
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C’è una Calabria che da un “pacchero alla ‘ndrangheta”

CASTIGLIONE COSENTINO Sei anni dopo l’ultima volta (era il 2019, ndr), torna l’undicesima edizione di “Un pacchero alla ‘ndrangheta“, l’iniziativa lanciata dall’amministrazione comunale di Castiglione Cosentino guidata da Salvatore Magarò. Quattro i premi, consegnati al procuratore capo di Cosenza Vincenzo Capomolla, alla dirigente dell’ufficio scolastico provinciale Loredana Giannicola, all’imprenditore vibonese Pippo Callipo ed al presidente della Fondazione Trame Nuccio Iovene. Presenti, tra gli altri, Rosa Correale prefetta vicaria di Cosenza, il Questore di Cosenza Giuseppe Cannizzaro e i colonnelli Andrea Mommo e Giuseppe Dell’Anna, rispettivamente comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza e comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza.

Il valore della conoscenza in una terra popolata da «prenditori» e «imprenditori»

Il claim scelto da Magarò richiama una serie di iniziative che il primo cittadino, in passato e nelle vesti di presidente della Commissione anti ‘ndrangheta in Consiglio Regionale, aveva lanciato per sensibilizzare cittadini e istituzioni sul contrasto al malaffare. I ricordi riportano alla memoria la proposta, poi accolta da numerose amministrazioni comunali, di una targa da apporre all’ingresso dei municipi calabresi con la scritta “Qui la ‘ndrangheta non entra“. Un simbolo, non un’azione diretta di contrasto al fenomeno mafioso, che qualcuno criticò aspramente dimenticando che proprio le mafie ricorrono all’utilizzo costante di simboli e riti. Non è un caso che dal ’91 ad oggi siano stati quasi 400 i Comuni sciolti per mafia, 80 gli Enti sciolti più di una volta. Il 96% degli scioglimenti si concentra in quattro regioni: Calabria, Campania, Sicilia e Puglia.
E non è neanche un caso che l’intervento, sul palco, del procuratore di Cosenza Vincenzo Capomolla si sia concentrato anche e soprattutto sul ruolo «determinante» svolto dalle istituzioni, richiamando tutti ad una maggiore attenzione nel contrastare il fenomeno mafioso, sollecitando azioni concrete e necessarie a stroncare qualsiasi tentativo di infiltrazione nei comuni calabresi. «Il legislatore garantisce tutti gli strumenti necessari a contrastare il fenomeno mafioso» sostiene Capomolla, ma da sola l’azione repressiva non basta. Si può e si deve agire in una fase precedente alla conclusione delle indagini o al termine di un processo, prima che le manette vengano strette ai polsi, occorre disarticolare la cultura e l’agire mafioso partendo dai più giovani, dagli adolescenti.
«Le giovani generazioni rappresentano la nostra unica speranza», dice Loredana Giannicola. «Solo la conoscenza può portarli a percorrere la retta via». La scuola e le famiglie sono corresponsabili della formazione e della crescita degli studenti. Troppo spesso però, come testimoniano alcuni recentissimi fatti di cronaca, i genitori diventano «i sindacalisti» dei figli, difensori a spada tratta di presunti diritti lesi da chi dall’altra parte della cattedra viene bollato – con sentenza irrevocabile – come carnefice.
Passione e impegno animano i tanti giovani volontari, più di mille da quando il Festival dei libri sulle mafie è nato, impegnati da quindici anni nell’organizzazione di Trame. Nuccio Iovene, presidente dell’omonima Fondazione, elenca fiero nel corso dell’evento i risultati raggiunti, i tanti obiettivi centrati da un “movimento” nato anni fa ma capace in poco tempo di realizzare un evento unico nel suo genere.
Di paccheri alla ‘ndrangheta Pippo Callipo ne ha dati e parecchi, in una terra – quella di Calabria – dove l’estorsione perpetrata ai danni di imprenditori e commercianti è definita (da chi è impegnato in prima linea nella lotta ai clan) “ambientale”. Ci sono delle zone, dove pagare il tributo non dovuto non rappresenta una scelta ma una consuetudine, una sorta di regola non scritta. “Funziona così”. Ma per fortuna, in Calabria, sono molteplici gli esempi di chi, come Pippo Callipo, ha saputo resistere alle pressioni dei criminali, rispedendo al mittente le richieste estorsive anche a costo di vedere il cancello del proprio Resort crivellato da undici colpi d’arma da fuoco. E’ accaduto lo scorso mese di aprile, l’ultimo di una lunga sequela di minacce e intimidazioni ricevute. Doveroso operare la distinzione da «prenditori» e «imprenditori», tra chi è mosso da interessi personali, dalla ricerca spasmodica di denaro e potere e chi invece in questa terra ha deciso di restare, investendo risorse, fatica e futuro senza ricorrere a scorciatoie. Perché è rimasto? Come fa ad andare avanti nonostante sia diventato un bersaglio mobile nel mirino della ‘ndrangheta? «Perché ci sono loro», risponde subito Callipo indicando i vertici delle forze dell’ordine seduti in prima fila. Denunci, lavori e mantieni la schiena dritta e se necessario rifili un pacchero alla ‘ndrangheta. (f.benincasa@corrierecal.it)

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