Pizzerie e gelaterie «basi operative per il riciclaggio»: i locali della ‘ndrangheta frutto del narcotraffico
Lo strumento utilizzato dalle cosche di San Luca in Germania e le dichiarazioni dei pentiti: «I trafficanti possono giustificare le spese e gli investimenti in Italia»

REGGIO CALABRIA Gelaterie, ristoranti, pizzerie. Basi operative per i clan di ‘ndrangheta, e soprattutto fondamentali per il riciclaggio di denaro illecito, provento del narcotraffico. «Uno strumento collaudato dell’ultima fase del narcotraffico», che è il «principale ramo aziendale» per i clan. A spiegarlo il pm Diego Capece Minutolo nel corso della requisitoria del processo “Eureka” con rito abbreviato, la cui sentenza è attesa per fine settembre. Alla sbarra 81 persone coinvolte nell’inchiesta – che ha toccato i livelli più alti dell’organizzazione criminale, permettendo anche di ricostruire la fuga e la latitanza del super boss Rocco Morabito, detto “Tamunga” dopo la fuga dal carcere di Montevideo, in Uruguay, nel 2019 – e che ha visto la cooperazione delle Dda di Reggio Calabria, Milano e Genova, degli investigatori di Germania, Belgio e Portogallo. Nel mirino esponenti delle cosche Nirta-Strangio di San Luca e Morabito di Africo.
Il sistema raccontato dai pentiti
Quella sul sistema di riciclaggio di denaro sporco nelle attività aperte dai clan è un’analisi possibile attraverso le evidenze investigative emerse, ma anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno parlato dell’argomento ai magistrati e i cui verbali sono agli atti del processo. Tra questi Giuseppe Tirintino, Giorgio Basile e Rocco Mammoliti, quelli citati dal pm in aula.
«Queste attività di ristorazione e gelateria sono utilizzate sia come base operativa per effettuare riunioni, sia per riciclare denaro, in particolare, tramite i suddetti ristoranti, i trafficanti possono giustificare le spese e gli investimenti in Italia attraverso false fatturazioni e dichiarazioni mendaci sui guadagni», afferma il collaboratore Tirintino, sentito il 12 aprile del 2022, facendo riferimento al sistema utilizzato dalle cosche di San Luca in Germania. Dichiarazioni essenziali per svelare i meccanismi di uno strumento collaudato «dell”ultima fase del narcotraffico», come spiegato dal pm tra i business più fiorenti per la ‘ndrangheta, che permette di spostare tonnellate di droga, perlopiù cocaina, attraverso una rete associativa transnazionale capace di portare avanti un giro d’affari anche difficile da quantificare. Una ’ndrangheta, che – ha detto il pm durante la requisitoria – «sta cambiando lentamente il suo volto, concentrando la maggior parte dei suoi interessi sul narcotraffico, che sostanzialmente rende, in termini di come proventi, di gran lunga superiori e spropositati rispetto al pizzo tradizionale che si è soliti pagare». Soldi sporchi che poi vengono ripuliti all’estero. «Le pizzerie e i ristoranti in Germania costituiscono un modo sicuro e facile per riciclare proventi del narcotraffico di droga e altre attività illecite», afferma il collaboratore di giustizia Basile sentito il 23 febbraio del 2021. Così come dichiarato da Mammoliti, sentito il 23 febbraio del 2021, «e in effetti – spiega il pm – è anche quello che poi emerge nell’ambito del procedimento Fehida in relazione al ristorante da Bruno dove sostanzialmente è avvenuta la nota strage di Duisburg». (m.r.)
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