Giustizia, il procuratore Borrelli: «I magistrati non possono sottrarsi al dibattito sulla riforma»
Il procuratore di Reggio Calabria: «La giustizia non va politicizzata ma serve il confronto». Le critiche: «Durata dei processi inaccettabili»

«Il tema è importante e la magistratura non si può sottrarre al dibattito. Sono d’accordo. Ma questo non deve significare il non aprire una discussione sull’opportunità della riforma». Lo afferma, in un’intervista a “La Stampa”, Giuseppe Borrelli, procuratore capo di Reggio Calabria, commentando l’invito del ministro Nordio a non politicizzare la questione. «È importante parlare con i cittadini. Devono avere un’informazione completa delle posizioni a favore e contro. E i magistrati non possono esimersi dall’intervenire», aggiunge. «Da magistrato – prosegue Borrelli – sicuramente parteciperò alla discussione e non mi sottrarrò dall’intervenire nei convegni organizzati da chiunque. Un confronto pacifico avrebbe dovuto esserci dall’inizio. Inoltre, penso che il ricorso al referendum sia un fatto fisiologico della democrazia e mi meraviglio se c’è chi si risentirà dal fatto che viene rappresentata un’idea contraria alla propria». Gli viene chiesto come spiegherà la riforma a chi non è addetto ai lavori. «In poche parole – risponde – esiste un interesse del cittadino all’imparzialità della magistratura, che è il presidio del diritto di uguaglianza. La separazione delle carriere, invece, non può che portare l’inserimento del pubblico ministero nel potere esecutivo. È ineludibile».
«Il Guardasigilli – osserva il procuratore di Reggio Calabria – cita Paesi in cui il pubblico ministero è inquadrato nelle varie forme dell’esecutivo. E dai giornali, proprio in questo periodo, si vedono bene le conseguenze. Basta osservare la situazione internazionale». «I magistrati sorteggiati – afferma ancora – una volta insediati, necessariamente saranno portati a stabilire forme di collegamento tra di loro. E queste non potranno che avvenire sulla base di orientamenti culturali». Le critiche alla categoria, però, non mancano. «Credo che il problema derivi più che altro dalla durata dei tempi del processo, sia nel civile sia nel penale. I tempi sono inaccettabili, ma questo dipende anche da un sistema legislativo che è molto farraginoso», conclude Borrelli.
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