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a “lezioni di mafie”

‘Ndrangheta in Sud America, Gratteri racconta le parabole criminali di Salvatore Mancuso e Roberto Pannunzi

L’ex leader delle Autodefensas Unidas tra politica, narcotraffico e trattative di pace. E il broker dalle mille evasioni con un diamante per corrompere

Pubblicato il: 25/09/2025 – 8:57
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‘Ndrangheta in Sud America, Gratteri racconta le parabole criminali di Salvatore Mancuso e Roberto Pannunzi

Un viaggio nella storia recente del narcotraffico che mostra perché oggi la ’Ndrangheta è leader assoluta nel mercato europeo della cocaina. Ricorrenze, nomi, numeri, scenari conditi da una ricca aneddotica: è stata questo ieri Lezioni di Mafie (La7) con Nicola Gratteri a illuminare l’ascesa di figure calabresi dal calibro criminale notevole, in attività fuori i confini della loro regione e con proiezioni oltre Oceano. Una narrazione che colpisce con il suo linguaggio allo stesso tempo chiaro e mai apologetico, e si inserisce in un quadro che ingloba anche Olanda e Belgio: il centro europeo del narcotraffico.
E ancora il ruolo della Mafia albanese nel trasporto della cocaina in Europa. Un focus sulla filiera della cocaina, dall’Amazzonia all’Europa, con riferimenti all’immancabile Pablo Escobar e ai cartelli del business della cocaina. Tra le storie raccontate ieri anche quella di Marcello Pecci, il magistrato assassinato dai narcos durante il viaggio di nozze. Ma è sulla Calabria il focus che attraversa gran parte del programma.

Mancuso e la coca in conto vendita

La storia di Salvatore Mancuso (originariamente Mancusi con la I finale, ha puntualizzato il pm), ex leader delle Autodefensas Unidas de Colombia, intreccia politica, narcotraffico e trattative di pace. Colto e influente, capace di finanziare campagne presidenziali e comandare 20.000 uomini, Mancuso ha avuto un ruolo centrale nei rapporti tra i cartelli sudamericani e la ’Ndrangheta. Nella puntata di ieri di Lezioni di Mafie il procuratore Gratteri ha raccontato come la sua parabola criminale riveli i legami profondi tra le organizzazioni colombiane e la mafia calabrese, fino al punto che la ’Ndrangheta è diventata l’unica mafia al mondo a ricevere cocaina “in conto vendita”, con le cosche che inviano oltre Oceano il certificato di sequestro per averne in cambio un carico equivalente ma senza pagare.
Mancuso comandava 20mila uomini, era un uomo colto che amava le lingue (conosceva addirittura il fiammingo), fu estradato negli Usa dopo aver finanziato campagne per le presidenziali colombiane. «”Io la conosco” mi disse quando andai a interrogarlo da procuratore di Reggio Calabria – ha detto Gratteri – e mi raccontò di come la cocaina arrivava in Galizia, su lance da 18/20 metri con motore Rolls Royce, portavano 8mila chili per volta, lui dice per finanziarsi… Ma intanto ci sono state migliaia di morti per contrastare le Farc, di ispirazione marxista leninista. Nessuno poteva entrare nelle loro zone franche e nessuno poteva coltivare, in territori grandi peraltro quanto l’Umbria: ma se nessuno controllava, chi può dire che non ci sono più coltivazioni di coca? Formalmente il terrorismo in Colombia non esiste più ma i rapporti con la ‘ndrangheta continuano».
Ma anche in Europa la ‘ndrangheta è dominante, oltre a rifornire di coca Cosa Nostra di Palermo e Catania, oltre che da Roma a Milano passando per l’Emilia Romagna, senza dimenticare le famiglie di Camorra, aggiunge Gratteri.

Le mille vite (ed evasioni) del broker Pannunzi

Nella puntata andata in onda ieri sera, il magistrato – rispondendo ad Antonio Nicaso e all’ex volto Rai Paolo Di Giannantonio – ha raccontato anche la storia di Roberto Pannunzi, uno dei broker più influenti della Ndrangheta nel traffico internazionale di cocaina. Dalla gestione di navi e aerei per il trasporto della droga, ai legami con le mafie italiane e internazionali, fino alle evasioni e alla cattura in Sud America, Gratteri ripercorre le incredibili vicende di Pannunzi: «Nel corso delle indagini Igres ci imbattemmo in questo alto funzionario di una società di aerei: quando lo indagammo aveva già una condanna definitiva a 16 anni e mezzo. Aveva a disposizione una nave di 110 metri, la Mirage II, aerei e una organizzazione con la ‘ndrangheta e Cosa Nostra di Palermo oltre a rapporti di comparato in Sicilia: per capire lo spessore e la potenza di questo uomo – non un mafioso in senso stretto ma un broker che lavorava per conto delle famiglie – basti pensare che quando un uomo di Cosa Nostra fu sequestrato per sollecitare il pagamento di una partita di cocaina e i soldi non arrivavano, proprio Pannunzi intervenne e riuscì a liberarlo garantendone il pagamento dopo che un siciliano non c’era riuscito…».
Dopo l’arresto, Pannunzi ottiene i domiciliari dicendo che è malato di cuore ma poi evade dalla clinica: dopo un anno rieccolo davanti alla casa di una contessa di Madrid con il figlio e il marito della figlia, rientra in Italia dopo la cattura ma non vuole collaborare. «Io esco» e così passerà di nuovo dal carcere duro ai nuovo domiciliari, fino a una nuova evasione tra Venezuela e Colombia: una seconda trappola con l’aiuto della Dea (Drug Enforcement Administration, amministrazione per il controllo delle droghe) lo porta in un supermercato, dove viene arrestato ma per prima cosa offre addirittura 5 milioni di euro per essere arrestato. Pannunzi girava sempre con una valigia piena di contanti e con un diamante al collo. «Quando arrivò a Madrid – racconta ancora Gratteri – mandai un medico della Guardia di finanza dicendo che anche intubato andava riportato in Italia: mi vide e mi salutò, poi andammo in aeroporto per notificare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Di lì il regime di massima sicurezza a Rebibbia, dove vado a interrogarlo e mi risponde nel solito modo: io esco…». Dalle intercettazioni con la sua fidanzata ventenne non emergeva che soffrisse di cuore – ricostruisce il magistrato reggino – dunque grazie a un cd consegnato al giudice di sorveglianza si riuscì a non farlo uscire, nonostante i ripetuti tentativi. E la fermezza nel non voler collaborare. (redazione@corrierecal.it)

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