San Giovanni in Fiore, chiudono due supermercati: a rischio 16 famiglie
Appello a imprenditoria e politica: convergenza per salvare quest’area interna

SAN GIOVANNI IN FIORE Hanno dai 62 ai 50 anni di età, con qualche eccezione. Sono 16 le persone che a stretto giro rischiano di perdere posto e reddito a San Giovanni in Fiore (Cosenza), area interna per eccellenza della Calabria, luogo di origine di numerosi minatori morti all’estero, di manovali scomparsi in anticipo per silicosi, di precari di lungo corso e di famiglie intere che vanno al Nord in cerca di sanità o di occupazione.
Anche per questi 16 operai, attivi in due supermercati in franchising con il marchio “Rosso Tono”, uno nel quartiere periferico Olivaro, l’altro nella centralissima via Bovio, si annuncia un destino di emigrazione o, in alternativa, di attesa snervante di segnali e provvidenze della Repubblica, tuttavia legati a moti, animi e tempi della politica, che sul posto ha portato assistenza e rassegnazione tra la metà degli anni ’80 e i primi del Duemila.
In un baleno questi lavoratori, tra cui diverse donne, sono stati di recente convocati da soci calabresi del gestore Nuova Calabria e informati che a breve, forse agli inizi del prossimo ottobre o a metà dello stesso mese, i due punti vendita in questione chiuderanno i battenti. Nessuno sa, però, quando e soprattutto perché. Agli interessati è stato comunicato soltanto che «sarebbero in partenza le lettere di licenziamento», dicono loro parenti, pare per l’intenzione di snellire l’azienda di gestione, che a Crotone ha un altro supermercato, anche destinato – si mormora – alla cessazione. Ai dipendenti di San Giovanni in Fiore non è stata data alcuna prospettiva, raccontano più fonti, e, dopo oltre 30 anni di servizio, devono tornare a casa all’improvviso: di corsa, senza motivazioni. «Arrivederci e grazie», come da scontrino commerciale.

È il neoliberismo globalizzato, che si diffonde e colpisce come un virus pandemico. Anche a queste latitudini, dove sopravvivevano i supermercati di prossimità, di ruga, cioè di quartiere, e dove il rapporto fra cliente e salumiere – o macellaio, cassiera, magazziniere – erano tutt’altro che freddi e sbrigativi, formali e distaccati. Nei piccoli centri della spesa quotidiana, le vite umane si incontravano e con spirito quasi familiare le persone si ascoltavano in un clima di solidarietà, partecipazione e rispetto, di rifiuto della fretta insensata del mercato globale, quello che ha concepito e installato le casse veloci e le macchinette per contactless; che ha trasformato tutto in merce da consumare e smaltire in discarica, perfino la dignità e la sofferenza umana.
Nel pieno della campagna elettorale per le Regionali della Calabria, si conclude, dunque, uno degli ultimi capitoli di una storia di resilienza e resistenza rispetto alla globalizzazione, all’uniformazione dei gusti, degli acquisti e delle prassi nel settore alimentare. L’epilogo arriva con un paradosso stridente quanto inaccettabile: i lavoratori, che hanno portato utili, consolidamento e crescita d’impresa, vengono allontanati come corpi estranei, a quanto pare senza umanità e un briciolo di speranza.
Così vanno le cose, così devono andare nel regno della quantità. È un messaggio terribile, che sa di utilitarismo spicciolo, dominante, capillare; come se la memoria e la persona non avessero un valore e un peso; come se i lavoratori portassero una scadenza sopra le spalle oppure stampata sulla fronte e non avessero anima, meriti, esigenze.
«È stata attivata la cessazione di attività», racconta l’avvocato Giuseppe Fontanarosa, che sta seguendo la procedura per conto di Nuova Calabria. «La situazione è complessa», puntualizza Antonio Barile, attuale consigliere comunale di San Giovanni in Fiore e proprietario dei locali di via Bovio. «Qui – continua – c’è una società di gestione, poi una proprietà aziendale in capo ad alcuni gestori e infine una proprietà dei locali, che è mia per i magazzini di via Bovio e di altri in quanto all’immobile dell’Olivaro». Secondo Barile, che ricorda l’avvio del supermercato da parte della sua famiglia, risalente a «48 anni fa», nel tempo è mancato un Piano del commercio, a San Giovanni in Fiore. «Prima, quando la popolazione passava i 18mila abitanti, erano due – osserva – i supermercati in tutta l’area urbana; ora sono cinque, con 15mila residenti ufficiali». «È chiaro – chiosa – che la concorrenza si è fatta pesante ed è difficile andare avanti. Tuttavia, il punto vendita di via Bovio ha ottime potenzialità e finora è andato bene. Ho un interesse diretto e sto verificando se qualcuno voglia rilevare l’attività».
Gli fa eco Giuseppe Valentino, segretario generale della Filcams Cgil Calabria, «impegnato – afferma – a seguire in prima persona la vicenda di San Giovanni in Fiore, che è un’area interna, con evidenti problemi di occupazione, cui vogliamo essere vicini». Valentino riconosce anche l’«alto ruolo sociale» dei due supermercati: uno che serve in particolare tanti anziani del centro, i quali ci vanno comodamente a piedi; l’altro di riferimento per un’area periferica e con risaputi problemi socioeconomici. «Bisogna agire subito», rimarca Valentino, perché perdere queste due attività sarebbe un duro colpo per i lavoratori e per l’intera comunità locale, per fortuna ancorata a un umanesimo della tradizione.
Molta è stata in questi giorni la solidarietà che i lavoratori dei due supermercati hanno ricevuto per le strade e sui social. Anche perché c’è un precedente: anni fa chiuse un supermercato “Despar” e i suoi dipendenti fecero tanta fatica a ricollocarsi.
I cittadini di San Giovanni in Fiore non vogliono che si perdano servizi e stipendi. Ma c’è bisogno di farsi sentire e serve collaborazione, anzitutto della politica regionale, che nelle ultime settimane sta discutendo in lungo e largo di aree interne. Bisogna chiedere, nello stesso tempo, se vi sia qualche imprenditore, magari pronto a scommettere sul valore sociale come base dell’economia, pronto a farsi avanti, a proporsi per entrare in gioco. È in situazioni del genere che si vede l’attenzione e la capacità politica dei singoli gruppi, a prescindere da sigle e posizionamenti: evitare perdite economiche e sociali è in questo caso possibile e doveroso, anche come esempio per le altre aree interne della Calabria. Roberto Occhiuto, Francesco Toscano e Pasquale Tridico si facciano sentire e assumano degli impegni sulla vicenda. Presto, però. Poi potrebbe essere tardi.
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