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la ricostruzione

‘Ndrangheta a Cirò, nell’arsenale del clan anche un bazooka. «Le armi nascoste nei tubi e sotterrate»

Armi di ogni tipo, il “custode” e la strategia per occultarle nelle campagne. I racconti del collaboratore Aloe: «E se una cosca non ha le armi che cosca è?»

Pubblicato il: 17/10/2025 – 18:01
di Mariateresa Ripolo
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‘Ndrangheta a Cirò, nell’arsenale del clan anche un bazooka. «Le armi nascoste nei tubi e sotterrate»

«E se ‘na cosca non tena l’armi che cosca è?! (ndr E se una cosca non ha le armi che cosca è?. Un’esternazione tanto forte quanto eloquente, dimostrazione di quanto l’influenza criminale di un clan si misuri nella capacità di intimidazione dovuta alla disponibilità di armi. A pronunciarla, durante l’interrogatorio fiume del 5 settembre 2023, davanti ai magistrati della Dda di Catanzaro, il collaboratore di giustizia Gaetano Aloe, mentre racconta della «capacità militare» del sodalizio che a Cirò, nel Crotonese era stato in grado di riorganizzarsi dopo i blitz che sembravano averlo annientato: ma gli uomini del clan di ‘ndrangheta Farao-Marincola – come ricostruisce l’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Saulo” –  sarebbero riusciti a ricompattare le proprie articolazioni nei territori di Crotone, Strongoli e Cariati, grazie anche al coinvolgimento di familiari e conviventi di affiliati già detenuti. L’operazione è una prosecuzione delle indagini Stige e Ultimo Atto, e ha portato a 21 misure cautelari.

Armi di ogni tipo, il “custode” e la strategia per occultarle

Kalashnikov, fucili a pompa, addirittura un bazooka. Armi di ogni tipo nelle disponibilità dell’organizzazione criminale. «E sì, ci sono… hai voglia ad armi, Dottore! C’è pure un bazooka, che io lo so perché ne abbiamo parlato, no?», racconta il collaboratore di giustizia. Dalle tipologie, all’utilizzo, fino alle modus operandi per l’occultamento. Sul punto Aloe racconta di un vero e proprio sistema per nascondere le armi e di una figura delegata a farlo. All’indomani della scarcerazione di Cataldo Marincola, storico vertice del sodalizio, prima che fosse nuovamente arrestato, questi – ricostruiscono gli investigatori grazie ai racconti del collaboratore di giustizia – aveva impartito delle precise linee guida in merito: le armi della cosca andavano prese e affidate tutte in gestione a Luigi Vasamì, arrestato quale vertice del sodalizio nell’ambito dell’operazione “Ultimo Atto”.
Vasamì era considerato vero e proprio «custode delle armi della consorteria», e avendo a disposizione lotti di terreni li sfruttava come luoghi per occultare l’arsenale. «Ed anche i fratelli di Vasamì, Franco e Vincenzo, possiedono casolari e campagne fuori Cirò, terreni dove le armi possono essere agevolmente nascoste»: è il racconto di Aloe. Secondo il collaboratore di giustizia, Vasamì, infatti, non faceva tutto da solo, ma si circondava di uomini di fiducia: era «spesso attorniato da cacciatori e uomini legati alla terra». Anche loro avrebbero avuto a disposizione terreni e campagne nel territorio di Cirò Superiore: veri e propri posti strategici del comprensorio cirotano, quasi sempre inaccessibili ai più. Sotterrate, ma non solo. Le armi sarebbero state nascoste in tubi: «Gino ha una strategia, compra i tubi, le mette nei tubi, dottore, e li copre per benino, questa è la strategia di Gino, e poi li sotterra. Hai capito?». 

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