Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 22:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

il fenomeno

Bologna sotto il segno della ‘ndrangheta: le cosche tra economia legale e reti occulte

Le ultime inchieste svelano il volto economico e silenzioso delle ‘ndrine. E la città, come affermato da Carbone (Csm), ha «pochi anticorpi». La sfida del procuratore (cosentino) Paolo Guido

Pubblicato il: 21/10/2025 – 7:00
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Bologna sotto il segno della ‘ndrangheta: le cosche tra economia legale e reti occulte

Negli ultimi anni Bologna e l’Emilia‑Romagna sono diventate un osservatorio emblematico del radicamento silenzioso della ’ndrangheta nel Nord Italia. Le inchieste giudiziarie hanno mostrato come la criminalità organizzata calabrese, ormai capace di muoversi con logiche imprenditoriali, abbia sostituito la violenza con la gestione di società, appalti e consulenze. Dopo le operazioni Aemilia e Grimilde, che avevano svelato la rete di affari tra Reggio Emilia, Modena e Parma, il recente blitz “Bononia Gate” ha riportato l’attenzione su Bologna, confermando che anche il capoluogo emiliano è diventato un punto di interesse per i clan calabresi. L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha portato la scorsa settimana a otto misure cautelari e al sequestro di beni per oltre 1,5 milioni di euro. Le indagini hanno ricostruito un sistema di imprese collegate ai clan Piromalli e Molè di Gioia Tauro, operanti nel settore dei parcheggi e dei servizi aeroportuali.

Le mani sull’aeroporto

Le società, formalmente gestite da prestanome, venivano usate per ottenere finanziamenti pubblici e riciclare denaro attraverso bilanci falsificati e fallimenti pilotati. La scintilla investigativa è partita proprio da un’anomalia nei conti di una ditta che gestiva aree di sosta presso l’aeroporto “Marconi”, a testimonianza di come la penetrazione mafiosa possa attecchire anche nei settori più ordinari dell’economia locale. Secondo la Procura, il gruppo criminale faceva capo a Antonino Cernuto e Pacifico Cocciolo, già noti per legami con la ’ndrangheta reggina. Accanto a loro, un commercialista bolognese e un consulente romano curavano i passaggi finanziari e i rapporti con istituti di credito, mantenendo un basso profilo. Tutto avveniva in silenzio, attraverso messaggi criptati e riunioni informali, in un contesto che da fuori appariva perfettamente legale.

“Vento del Nord”

Eppure non serve solo riferimento al presente per rendersi conto della profondità dell’infiltrazione. Altri passaggi della storia giudiziaria lo confermano. A gennaio 2009, ad esempio, l’operazione Vento del Nord aveva scosso il territorio bolognese, portando all’arresto di diciotto presunti esponenti della cosca Bellocco attivi in città: sia Carmelo che Domenico Bellocco furono condannati nel 2010 rispettivamente a 14 e 10 anni di carcere. In quella vicenda emersero anche i contrasti fra Bellocco e altri gruppi calabresi operanti al nord. Un altro esempio è l’operazione Nebbia Calabra del novembre 2018: tre persone, ritenute contigue alla cosca Iamonte furono raggiunte da misure cautelari per intestazione fittizia di beni, con beni sequestrati per 8,5 milioni di euro fra Bologna, Sala Bolognese e Zola Predosa.

Bologna «una città con pochi anticorpi contro la ’ndrangheta»

Nel commentare l’operazione più recente, il consigliere del Csm Ernesto Carbone – da tempo attento alle dinamiche mafiose nel Nord – ha definito Bologna «una città con pochi anticorpi contro la ’ndrangheta», richiamando l’attenzione sulla necessità di una risposta forte, non solo giudiziaria ma anche culturale e sociale, alla crescente penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico emiliano. Un campanello d’allarme, quello lanciato in questi giorni, che si collega a quanto lo stesso Carbone aveva già denunciato lo scorso luglio, subito dopo l’insediamento del procuratore Paolo Guido. In quell’occasione, il consigliere aveva tracciato una mappa preoccupante della presenza mafiosa in Emilia‑Romagna, indicando come anche Bologna fosse da tempo nel mirino, con almeno quattro cosche attive: Bellocco, Amato, Iamonte e Nicoscia, famiglie calabresi ben inserite nel tessuto economico e con radici profonde nel territorio.

Paolo Guido: «Seguire i soldi»

Proprio Paolo Guido, originario della provincia di Cosenza, insediatosi a Bologna dopo una lunga esperienza in prima linea contro Cosa nostra, appare oggi come un riferimento chiave nella strategia di contrasto alla criminalità organizzata in città. La sua impostazione investigativa, fondata sull’analisi dei flussi finanziari e sulla collaborazione tra le procure, è ritenuta particolarmente efficace per affrontare le nuove forme di infiltrazione mafiosa, sempre più invisibili e trasversali. Guido ha più volte sottolineato la necessità di «seguire i soldi» e di non lasciarsi ingannare dalla calma apparente di un territorio produttivo e civile, ma esposto proprio per questo a penetrazioni profonde e silenziose. Nel giorno del suo insediamento aveva lanciato un messaggio chiaro: una Procura «con la porta aperta a tutti», per costruire un fronte comune tra istituzioni, forze dell’ordine e società civile.

Guido Paolo
Paolo Guido


L’Emilia‑Romagna, infatti, resta una delle regioni economicamente più forti del Paese, ma anche una delle più vulnerabili sotto il profilo del rischio mafioso. Solo nel 2024 sono state emesse oltre cento interdittive antimafia, a conferma di una presenza ormai strutturata e radicata in diversi settori: dagli appalti pubblici alla logistica, dall’edilizia alla ristorazione.
L’inchiesta Bononia Gate non è solo l’ennesimo capitolo di cronaca giudiziaria, ma il segnale di un fenomeno che ha ormai superato ogni confine geografico e ogni distinzione tra economia legale e criminale. Bologna, con la sua storia civile e culturale, si ritrova oggi al centro di una sfida difficile e profonda: riconoscere e isolare un potere che non spara più, ma continua a comandare con i mezzi dell’economia e della discrezione. (f.v.)

LEGGI ANCHE

Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x