Sfide e opportunità per le eccellenze agricole calabresi, la ricetta di Minisci: «Aggregazione e programmazione per crescere» – VIDEO
La presidente di Confagricoltura Cosenza sottolinea la «valenza erga omnes» dell’attività agricola: «Produciamo benessere, consumiamo CO2 e manteniamo la biodiversità»

LAMEZIA TERME Un territorio che spazia dal mare alla montagna, ricco di produzioni d’eccellenza: dall’olio alle clementine, ma anche limoni, vini, e tante altri prodotti di primissima qualità. Maria Grazia Minisci, imprenditrice di lunga esperienza e recentemente eletta presidente di Confagricoltura Cosenza, delinea una visione ambiziosa per il comparto agricolo provinciale, nel corso del nuovo format “Dove cresce la Calabria” in onda su L’altro Corriere Tv, condotto da Saveria Sesto.
«Essere il presidente provinciale di Confagricoltura Cosenza è un grande onore e una bellissima esperienza, perché la provincia di Cosenza dal punto di vista produttivo agricolo rappresenta un’eccellenza. Ci sono produzioni importanti come le clementine, l’olio, la liquirizia, i limoni, ma anche la cipolla, i vini e la patata. È una provincia complessa – spiega Minisci – perché rappresenta un’agricoltura che parte dal mare, ma arriva montagna, una provincia da rappresentare, ricca di tantissime peculiarità e microclimi diversi che proprio per questo rappresentano una ricchezza nel panorama nazionale. È un grande orgoglio perché le aziende che ne fanno parte di Confagricoltura Cosenza sono aziende importanti che esportano, valorizzano e quindi creano ricchezza».
L’eccellenza dell’olio extravergine
L’olio, una ricchezza del territorio, rappresenta una peculiarità per una regione ai primi posti per produzione. «L’olio – afferma Minisci – è un argomento molto importante perché come Calabria rappresentiamo la seconda regione produttrice, a volte anche la prima rispetto alla Puglia, in base all’andamento della campagna. La Calabria ha uliveti che da sempre garantiscono una ricchezza per il territorio. Abbiamo esemplari ultra centenari nel nostro patrimonio olivicolo, una pianta che va soprattutto rispettata, ma anche conosciuta e che apre a grandi possibilità in una visione prospettica di crescita futura. La provincia di Cosenza, come tutta la Calabria, si è differenziata perché ha abbracciato il percorso della qualità. Questo significa partire dalla produzione per ottenere un olio di eccellenza, seguire tutta la filiera, controllare i punti critici, affinché tutto il percorso dalla produzione alla frangitura, alla conservazione e all’imbottigliamento sia fatto secondo regole di eccellenza».
«Come provincia di Cosenza – aggiunge la presidente provinciale di Confagricoltura – abbiamo la varietà tipica Dolce di Rossano, ma sono presenti anche Tondina e Carolea. Abbiamo anche presenti altre varietà, quelle che sono state messe a dimora nel periodo in cui si pensava anche alle olive da mensa, e quindi olive soprattutto siciliane che sono state impiantate in Calabria per avere una duplice attitudine. Questo panorama variegato è importante perché ci consente di dare al prodotto finale il colore, il gusto e il profumo che il consumatore finale vuole trovare sulla propria tavola».
E parlando della produzione, Minisci ha spiegato: «Brindiamo alla nostra produzione migliore di eccellenza, abbiamo una produzione di buona qualità e potremo essere presenti sui mercati. Molte regioni italiane hanno avuto problemi con l’andamento climatico e la presenza della mosca. Qui da noi, invece, il caldo ci ha creato problemi di siccità che hanno ridotto le produzioni, ma ha anche fatto in modo che la mosca non pungesse le nostre olive. Anche lì dove si produce in biologico, non c’è stato bisogno di interventi perché il caldo ha impedito che la mosca producesse danni».
Una visione proiettata al futuro
Connubi tra olive e agrumi, come limone e bergamotto, o il peperoncino, «ci permettono di presentare un condimento ricco di vitamine, antiossidanti e polifenoli». La presidente provinciale lancia un appello alla difesa dell’identità: «Siamo sicuri – spiega Minisci – di riscontrare il valore nutraceutico del prodotto che non è più un grasso alimentare. Le varietà della provincia di Cosenza, soprattutto la Dolce di Rossano, sono ricche in vitamina E e K». «Dovremmo essere bravi a utilizzare varietà che non snaturino il gusto del nostro prodotto, perché la DOP Bruzio è un extravergine a base dolce. Dobbiamo essere noi a mantenere questa peculiarità perché ci sia riconosciuta un’unicità. Se rincorriamo solo un parametro produttivo, saremo fungibili. Garantendo tutta la parte qualitativa e di tracciabilità di filiera, con l’identificazione, ci differenziamo sul mercato».

Le clementine
Minisci celebra poi la qualità unica delle clementine, frutto della vicinanza tra mare e montagna che arricchisce il sapore e il profumo, e il successo che le porta in Europa, Stati Uniti e Canada: «Il Consorzio IGP di Calabria racchiude 67 comuni, una produzione che ci consente di differenziarci sul mercato. Producendo la Clementina in Calabria, possiamo garantire delle situazioni di presenza di zuccheri e di acidità particolari che la rendono riconoscibile e appetibile. Il logo serve al consumatore finale, il prodotto deve essere riconoscibile». «Le clementine calabresi sono famose in tutto il mondo. Siamo bravi, ma è la natura che fa la sua parte. Il fatto di essere così vicini tra il mare e la montagna conferisce su tutti i prodotti un gusto e un profumo particolare. Le nostre pianure alluvionali donano un gusto tipico a questo prodotto che arriva in tutta Europa, negli Stati Uniti e in Canada, riconosciuto come di alta qualità». «Come Calabria – afferma ancora – dobbiamo avere una visione più ampia. Affrontando i mercati, dobbiamo essere capaci di garantire masse critiche e fornire con continuità. Il fatto che la Clementina sia presente in tutta la regione ci dà la possibilità di anticipare e ritardare la presenza sul mercato».

Il limone di Rocca Imperiale
Tra le eccellenze del territorio c’è anche il limone di Rocca Imperiale, così unico perchè «gode di una situazione pedoclimatica particolare. È uno degli agrumi più delicati, ma ha trovato a Rocca Imperiale un habitat in cui cresce molto bene. Il lavoro sulla riconoscibilità – afferma Minisci – ha portato a un limone con valori organolettici particolari: poco acido e molto profumato, con una grande quantità di succo. Se coltivato in biologico, è utilizzato in tutte le sue parti, soprattutto la buccia, molto ricca di oli essenziali. I francesi sono grandi estimatori del nostro limone proprio per questo».
Il vino
Sul fronte vino, invece, «abbiamo importanti cantine nella provincia di Cosenza che sono cresciute nel tempo, capaci di recuperare vitigni autoctoni che erano stati un po’ dimenticati, come il Magliocco e il Gaglioppo tra i rossi, e il Pecorello tra i bianchi. È stato fatto un grande lavoro di recupero partendo da esperienze già più avanzate nella nostra regione che però sono state portate avanti con caparbietà e lungimiranza».

La patata della Sila e il tartufo
Non dimentichiamo cosa si sviluppa nel sottosuolo. «La patata della Sila – spiega Minisci – sta avendo un grande successo perché viene prodotta rispetto la salubrità del luogo in cui nasce, portando con sé il valore della qualità, del sapore e della sapidità che viene dall’ambiente incontaminato della Sila. La provincia di Cosenza produce anche tartufi, un prodotto agricolo ad alto valore aggiunto. Ha una duplice importanza: garantire un reddito alto e soprattutto poter essere coltivato in zone marginali. È una grande opportunità per le aree interne e funge da apripista per posizionarci sui mercati di alta qualità».
La “ricetta” per il futuro: aggregazione e programmazione
Il tema dell’aggregazione è la ricetta della strategia di Minisci, insieme al principio che poggia le basi sul lavoro sulla programmazione per garantire la qualità dei prodotti sui mercati lontani: «Bisogna lavorare sulla programmazione e sulla modalità di lavorazione. Non possiamo pensare nel 2025 che il singolo imprenditore agricolo non faccia parte di un’aggregazione (OP o cooperativa) per lavorare sulla programmazione e garantire parametri qualitativi». «Il singolo agricoltore deve affrontare le sfide importanti del cambiamento climatico e dei nuovi parassiti. Non si può pensare che il singolo agricoltore sappia fare tutto. Deve avere alle spalle una struttura che lavori per questo. La mia ricetta è l’aggregazione. Da qui nasce il concetto di Carpem naturam, la Op a cui appartengo e di cui sono socia nata 2025 per rappresentare questo concetto: cogliere il meglio della natura e portarlo sul mercato».
Le grandi sfide
La transizione ecologica è definita la prima sfida, con l’obiettivo di lasciare la terra in «condizioni migliori ai nostri figli». L’approccio biologico e la tutela delle risorse sono imprescindibili. Minisci spinge sull’innovazione tecnologica come strumento di difesa contro le difficoltà climatiche: «La sfida ecologica è la prima, perché dobbiamo lasciare la terra in condizioni migliori ai nostri figli. L’approccio biologico e la tutela delle risorse sono fondamentali. In questo momento dobbiamo essere capaci di utilizzare l’innovazione tecnologica per affrontare le difficoltà climatiche e produttive. La produzione energetica nelle aziende agricole, con l’uso di pannelli solari sui tetti, ci aiutano a ridurre i consumi e a difenderci dal calore eccessivo e dalla grandine. In epoca di carenza d’acqua, è impensabile non applicare la tecnologia per dosare giustamente l’apporto idrico alle coltivazioni. Questo è un grande richiamo per i giovani, che hanno le skill per attuare questo cambiamento. L’agricoltura, attraverso le nuove tecnologie, può diventare una grande opportunità per i giovani per rimanere sul nostro territorio sentendosi protagonisti».
Confagricoltura ponte tra territori e politica
Fondamentale per Minisci il ruolo delle organizzazioni professionali: «L’imprenditore non si sente isolato, fa parte di un gruppo che, all’interno di Confagricoltura parte dal livello provinciale a quello nazionale, e rappresenta le istanze alla politica. L’agricoltura vive di un necessario rapporto continuo di scambio col mondo politico. L’aggregazione, che riguarda la partecipazione a una visione più ampia di quella della propria singola azienda, è fondamentale. Il problema climatico va affrontato almeno a livello europeo e mondiale. Il nostro presidente nazionale Massimiliano Giansanti oggi rappresenta l’agricoltura europea, quindi abbiamo la chance importante di portare le istanze dei territori nel mondo delle decisioni. Dobbiamo farci riconoscere che l’attività agricola che svolgiamo ha una valenza erga omnes, in quanto produciamo benessere, preserviamo le risorse idriche e consumiamo CO2 per tutti, mantenendo la biodiversità”. E infine: «Rapportandoli al livello regionale, forse alcune problematiche dall’esperienza già assunta possono essere risolte. Mentre poi congiuntamente vanno portate all’attenzione dell’assessore regionale, perché è importante che sia messo al corrente di quelle che sono le difficoltà o le volontà oppure le criticità, ma anche le linee programmatiche che si possono seguire espresse da chi sta più vicino al mercato. Quando gli imprenditori sono vicine alle esigenze del consumatore finale, è lì che si possono prendere delle decisioni che creeranno un risvolto economico, creeranno una crescita». (redazione@corrierecal.it)
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