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Processo “Hydra”

‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra nel «sistema mafioso lombardo»: chiesti oltre 5 secoli di carcere – I NOMI

I pm della Dda di Milano hanno chiesto vent’anni di carcere per Filippo Crea, Massimo Rosi e Giuseppe Fidanzati

Pubblicato il: 13/11/2025 – 18:08
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra nel «sistema mafioso lombardo»: chiesti oltre 5 secoli di carcere – I NOMI

Oltre 550 anni complessivi di condanna per un totale di 75 imputati (per altri tre è stata chiesta l’assoluzione). È quanto hanno chiesto i pm della Distrettuale antimafia di Milano, Marcello Viola, Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, al termine della requisitoria di oggi in aula bunker.

Le richieste più pesanti

Tra le condanne più pesanti, i vent’anni di reclusione chiesti (visto il rito abbreviato) per Filippo Crea, Massimo Rosi e Giuseppe Fidanzati. Il primo, in particolare, è considerato «esponente della cosca Iamonte» a Milano e nel suo hinterland. Massimo Rosi, invece, è considerato il «reggente del locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo» – componente del sistema mafioso lombardo – nonché già capo società dello stesso locale, svolgendo anche «un ruolo di mediazione e trait d’union tra il locale ‘ndranghetista e le altre componenti facenti parte del sistema mafioso lombardo», asserisce la Dda. Fidanzati, invece, è figlio del boss di Cosa Nostra Gaetano.
La Dda ha poi chiesto 18 anni di reclusione a testa per Giacomo Cristello, crotonese classe 1963, anche lui considerato «esponente del locale di Legnano Lonate Pozzolo». E poi Bernardo Pace detto “Tino” di Trapani e Giuseppe Pizzata (cl. ’84) di Locri. I Pace avrebbero fatto parte del mandamento della provincia di Trapani, con al vertice Paolo Aurelio Errante Parrino (in udienza preliminare in ordinario), parente di Matteo Messina Denaro. Richiesta di 16 anni per Giovanni Abilone, anche lui uno degli esponenti mafiosi collegati al mandamento di Castelvetrano di Messina Denaro.

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L’inchiesta

Un’indagine imponente che mira a far luce su un sistema criminale che, per conquistare un territorio ricchissimo, avrebbe unito le forze, creando il “Sistema mafioso lombardo”, potendo fare affidamento su famiglie con alle spalle esperienze criminali certificate da arresti e sentenze passate in giudicato, avvalendosi anche della classica forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e omertà nel territorio delle città di Milano, Varese e zone limitrofe.

Le famiglie calabresi a Milano

L’inchiesta “Hydra”, dunque, avrebbe fatto luce innanzitutto sul locale di Legnano-Lonate Pozzolo, considerata alleata e comunque collegata alla cosca Farao-Marincola di Cirò, rappresentate a Milano, secondo la Dda, da Vincenzo Rispoli, Massimo Rosi, Giacomo Cristello, Francesco Bellusci e Pasquale Filomeno Toscano. E poi la cosca Iamonte, facente parte del locale di Desio, alleata con la cosca di Melito Porto Salvo e, infine, Antonio Romeo, espressione a Milano della famiglia dei Romeo “Staccu” operante sul territorio di San Luca, figlio di Filippo Romeo. L’Antimafia di Milano avrebbe documentato una serie reati commessi dagli appartenenti al “Sistema mafioso lombardo”, tra cui rapine, truffe, riciclaggio, intestazioni fittizie, false fatturazioni per operazioni inesistenti, cessioni di falsi crediti d’imposta ed estorsioni. Contestato anche il reato di traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, dell’associazione finalizzata al narcotraffico farebbero parte, secondo l’accusa, Gioacchino Amico, Giuseppe Castiglia, Giuseppe Fiore, Pietro Mazzotta, Sergio Sanseverino, Giuseppe Sorce – tutti appartenenti al gruppo “Senese” e Massimo Rosi, del locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.(g.curcio@corrierecal.it)

Ecco tutte le richieste:

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