‘Ndrangheta a Brescia, si torna in aula: il clan Tripodi e il caso di suor Anna Donelli
L’inchiesta che ha scoperchiato un presunto “para-Stato” mafioso nel Bresciano arriva davanti al gup. Tra i 40 indagati anche la religiosa milanese

Si avvicina un passaggio cruciale nella maxi inchiesta che un anno fa ha portato alla scoperta, nel Bresciano, di una presunta organizzazione di stampo ‘ndranghetista capace di intrecciare affari, politica e religione. Oggi il procedimento approderà all’udienza preliminare davanti al giudice per l’udienza preliminare Valeria Rey, quando verranno formalizzate le richieste di rinvio a giudizio e le eventuali scelte di rito abbreviato.
L’inchiesta e il “sistema Tripodi”
L’indagine, coordinata dai pm Francesco Carlo Milanesi e Teodoro Catananti, ha svelato -secondo l’accusa – l’esistenza di un gruppo criminale radicato a Flero e riconducibile ai Tripodi, padre e figlio, originari di Sant’Eufemia d’Aspromonte e ritenuti affiliati alla potente cosca Alvaro. Un’organizzazione che avrebbe costruito una rete di potere parallela, definita dagli inquirenti un vero e proprio “para-Stato”, in grado di condizionare imprese, amministratori pubblici e professionisti, gestendo estorsioni, traffici di droga e armi, riciclaggio e frodi fiscali tramite fatture false per circa 12 milioni di euro.
L’operazione interforze scattò nel dicembre 2024, con 33 misure cautelari: 29 persone arrestate, tra carcere e domiciliari, e sequestri per oltre 1,8 milioni di euro.
La figura di suor Anna Donelli
Tra i nomi finiti nel fascicolo spicca quello di suor Anna Donelli, 58 anni, religiosa cremonese residente a Milano, per anni impegnata come volontaria nelle carceri di San Vittore e Canton Mombello. Nota per la sua opera di assistenza ai detenuti, la religiosa è stata premiata in passato con il riconoscimento milanese “Panettone d’Oro” per la virtù civica. Secondo l’impianto accusatorio, avrebbe sfruttato il suo ruolo di mediatrice spirituale per trasmettere messaggi e direttive tra i Tripodi detenuti e i sodali in libertà, contribuendo a mantenere i collegamenti interni al gruppo e a “rassicurare” gli affiliati in carcere. Intercettazioni e testimonianze la collocherebbero come “ponte” tra i boss e la base operativa. In una conversazione captata dagli inquirenti, Stefano Tripodi, poi deceduto nel luglio scorso, l’avrebbe definita «una dei nostri».
La religiosa, arrestata ai domiciliari nel dicembre 2024 e poi liberata il 30 dello stesso mese, ha sempre negato ogni accusa, sostenendo di aver agito solo con finalità umanitarie e pastorali. Il Tribunale del Riesame le ha riconosciuto la libertà in due occasioni, mentre la Cassazione, su ricorso della Procura, ha disposto una nuova valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. La difesa, rappresentata dall’avvocato Ranieli, ha ribadito che la suora sarebbe stata vittima di “millanterie” da parte del clan e che non avrebbe mai avuto consapevolezza delle loro attività criminali.
Imprenditori e politici coinvolti
Nello stesso procedimento figurano anche altri nomi di rilievo locale. Tra questi Giovanni Acri, medico ed ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Brescia, accusato di aver fornito assistenza sanitaria ai sodali – anche quando erano latitanti – e Mauro Galeazzi, ex candidato sindaco di Castel Mella, che secondo gli inquirenti avrebbe cercato appoggi elettorali promettendo ai Tripodi vantaggi in appalti e settori pubblici. Entrambi hanno respinto ogni addebito. Le indagini sarebbero partite da un carrozziere di Castel Mella, sospettato di modificare veicoli per il trasporto di droga e armi al servizio del clan, da cui si sarebbe poi sviluppato l’intero impianto accusatorio.
Verso il processo
Con la scomparsa di Stefano Tripodi, la leadership del gruppo sarebbe passata al figlio Francesco, unico tra gli imputati ad aver manifestato l’intenzione di chiedere il rito abbreviato. Tutti gli altri, tra cui suor Anna Donelli, dovrebbero affrontare il dibattimento ordinario.
Oggi 17 novembre, dunque, la vicenda entrerà nel vivo di un procedimento che si preannuncia lungo e complesso, destinato a far luce non solo sui presunti legami tra mafia, politica e imprenditoria nel Bresciano. (f.v.)
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