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Le dichiarazioni

‘Ndrangheta ed ecobonus, la “pressione mafiosa” di Rosi raccontata dal pentito: «Prendeva i condomini, poi si mangiavano i soldi»

La Dda di Milano ha chiesto 20 anni di carcere. Il collaboratore Cerbo ne parla in un verbale di ottobre. «Per lui era un affare lecito perché non riguardava la droga»

Pubblicato il: 18/11/2025 – 19:02
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta ed ecobonus, la “pressione mafiosa” di Rosi raccontata dal pentito: «Prendeva i condomini, poi si mangiavano i soldi»

LAMEZIA TERME «Sul 110 me lo raccontò Massimo Rosi, che facevano questi affari con Amico nel periodo successivo alla carcerazione di Vestiti». Ha affrontato anche il presunto business illecito sull’ecobonus il pentito William Alfonso Cerbo alias “Scarface”, appartenente secondo gli inquirenti al clan dei «carcagnusi» di Catania capeggiato da Santo Mazzei, poi avvicinatosi ai Senese (clan di camorra nella capitale) dopo la scomparsa del proprio riferimento catanese Gaetano Cantarella «Tanu U’ curtu», decisosi a saltare il fosso, riempiendo centinaia di pagine di verbali finiti agli atti dell’inchiesta “Hydra” della Distrettuale antimafia di Milano, svelando l’ormai celeberrimo «sistema mafioso lombardo» composto da esponenti di spicco di ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra.

«Si prendevano i soldi e non ristrutturavano»

Cerbo “Scarface” ha quindi parlato di un altro imputato ovvero Massimo Rosi sul cui capo pendono accuse pesantissime. Rosi (cl. ‘68) di Legnano è infatti considerato il «reggente del locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo» – componente del sistema mafioso lombardo – nonché già capo società dello stesso locale, svolgendo anche «un ruolo di mediazione e trait d’union tra il locale ‘ndranghetista e le altre componenti facenti parte del sistema mafioso lombardo», asserisce la Dda che per Rosi ha chiesto una condanna, in abbreviato, di vent’anni di carcere. Il pentito ha raccontato ancora ai pm della Dda di Milano che Massimo Rosi «aveva diversi agganci anche a livello dei paesi». E cioè? «Massimo parlava che era un lavoro lecito, ma lecito non è perché c’è sempre una pressione mafiosa dietro. Però lui lo chiamava lecito…» perché, ha spiegato Cerbo, «se c’è un condominio, se ci va uno che è di quell’ambiente, di quel settore sa con chi parlare per entrare in quel condominio». Ai pm il pentito catanese racconta che Rosi gli avrebbe detto «“Ci feci pigliare un sacco di condomini ad Amico di ristrutturazione 110” ma che poi si mangiavano i soldi, si prendevano i soldi e non ristrutturavano».

«Uno come Rosi sa con chi parlare»

Durante la sua deposizione risalente al 7 ottobre 2025 davanti ai pm della Distrettuale antimafia milanese, il pentito “Scarface” spiega che cosa intendesse con “pressione mafiosa”. «Specialmente in un paese, un personaggio come Rosi Massimo, che è conosciuto, sa con chi parlare» e per “conosciuto” intende «’ndranghetista» il collaboratore, «sa con chi deve parlare per entrare in quel condominio, sa con chi deve andare a parlare per parlare col capo condomino. Le parole che mi disse lui: “Ci feci pigliare non so quanti condomini”. Queste sono state le parole riferite ad Amico», spiega ancora Cerbo, cercando di essere ancora più chiaro con i pm: «Certamente non l’hanno vinto al bando, all’asta. Chiaramente “ci feci pigliare” intende “con le mie amicizie”» spiega Cerbo. Quindi sul settore ecobonus «so per certo che i 300mila euro stanziati da Senese ad Amico erano sostanzialmente in quel periodo per gli ecobonus, mi raccontava Massimo».

«Se non c’era droga, per lui era un affare lecito»

In buona sostanza, sempre secondo il racconto del nuovo collaboratore, il gruppo avrebbe ricevuto questa somma di denaro dopo (o durante) la carcerazione di Vestiti, «e volevano i soldi indietro, perché non stavano tanti i giusti risultati. Ed era salito da Roma a Milano questo “Dollarino” in aiuto dei Senese» per «far rientrare la somma a Vincenzo Senese data a Gioacchino Amico». Tutte informazioni legate agli affari sull’ecobonus che Cerbo spiega di aver appreso da Massimo Rosi che «ne parlava come un business lecito, perché se non c’è droga allora è lecito» perché «lui mi diceva che era un trafficante di droga. “Le mie cose io le ho perse in questo momento perché sono in carcere per fare un lavoro pulito con Amico” mi diceva. “Mi misi appresso a Amico a fare cose pulite e finii in galera, tralasciando il mio business della droga” mi raccontava poi», spiega “Scarface” ai pm. (g.curcio@corrierecal.it)

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