“Congelare” la vita: la proposta di Rosellina Madeo sul social freezing e il futuro della maternità
In questo contesto, la maternità non è più necessariamente il frutto di una coppia consolidata nel tempo, ma diventa un progetto individuale, pianificato, autonomo

In un momento in cui la Calabria registra un crollo demografico senza precedenti – con il 2024 che ha segnato un calo delle nascite dell’8,4% rispetto al 2023, secondo dati Istat citati dalla stessa consigliera regionale – Rosellina Madeo (Pd) ha lanciato una proposta di legge che rompe un tabù: la preservazione della fertilità per fini sociali (e non solo medici), ovvero il social freezing.
«Una società che non fa più figli è una società che, suo malgrado, sta rinunciando al suo futuro», ha affermato, chiedendo interventi immediati per contrastare l’“inverno demografico” calabrese.
Dato il tempo limitato per attendere cambiamenti strutturali, come un mercato del lavoro stabile, salari dignitosi e condizioni di vita che permettano la scelta di una maternità “in tempo”, la consigliera propone di finanziare la crioconservazione degli ovociti come misura concreta e immediata.
In Italia, il social freezing è attualmente una pratica quasi esclusivamente privata. Non vi è copertura garantita dal Servizio Sanitario Nazionale per le donne che scelgono di preservare la fertilità per motivi non medici. Finora solo la Regione Puglia riconosce un contributo di 3000 euro alle donne di età tra i 27 e i 37 anni (a seconda del reddito) per finalità sociale e non per necessità medica. In altre regioni è ammesso ma per scopi terapeutici e sono previsti limiti di età differenti per accedere al servizio.
I costi per un ciclo di crioconservazione degli ovociti oscillano tra 4.000 e 5.000 euro, con ulteriori spese annuali di deposito che possono andare dai 300 ai 500 euro circa. Tuttavia, per avere una “scorta” ragionevole di ovuli, spesso servono più cicli, e i costi complessivi possono superare facilmente i 10.000 euro.
Questo significa una barriera economica molto alta: solo chi ha risorse sufficienti può permettersi il “lusso” di decidere quando usare i propri ovuli. Madeo evidenzia proprio questo squilibrio: se la crioconservazione rimane una opzione privata, solo le donne benestanti possono rimandare la maternità su misura. È una questione di giustizia sociale. Attenzione al cambio culturale che sottende la proposta: la crioconservazione degli ovuli viene incoraggiata non solo in caso di necessità medica, ma come un nuovo modo di essere donna oggi. Sempre più donne decidono di posticipare la maternità non per obbligo genetico, ma per scelta: carriera, stabilità, consapevolezza di sé. In questo contesto, la maternità non è più necessariamente il frutto di una coppia consolidata nel tempo, ma diventa un progetto individuale, pianificato, autonomo. La conservazione degli ovuli diventa a tutti gli effetti un diritto: il diritto a decidere quando e con chi avere figli. È un cambio di paradigma epocale nella cultura della maternità.
Argomento per nulla semplice, a tratti inquietante. La crioconservazione è la sospensione di una vita potenziale. Quegli ovociti, una volta congelati, rimangono “in pausa”, come corpi in stasi, in dormienza. Questo “congelamento della vita” pone certamente interrogativi etici evidenti: cosa significa mantenere in sospeso esseri potenziali? Che responsabilità abbiamo nei confronti di quelle cellule che, forse, diventeranno embrioni, forse no? E se una donna conserva i suoi ovuli ma poi non li usa, cosa succede? La proposta Madeo dovrà essere calendarizzata e discussa dal Consiglio. Ci auguriamo che non sia ideologizzato.
Com’è messa la situazione nel resto del mondo? Secondo la Società Americana per le Tecnologie di Riproduzione Assistita (SART) e la Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE), le procedure di congelamento degli ovociti da motivi non medici sono cresciute in media del 25-30% all’anno dal 2016. In alcune aree del mondo, i picchi sono impressionanti: negli USA si è registrato un +46% e in Australia/Nuova Zelanda +70%. Un primo studio su larga scala europeo (843 donne tra 2009 e 2019) ha rilevato che il 27% delle donne è tornato al centro per usare i propri ovociti crioconservati, con un’età media al ritorno di circa 40 anni. Tra quelle che hanno usato gli ovociti congelati, oltre il 40% ha avuto un bambino. Quanto alla probabilità di successo, secondo uno studio italiano (gruppo Genera), nelle donne sotto i 35 anni con 15 ovociti congelati, la probabilità cumulativa di un nato è circa il 70%; con 25 ovociti, può arrivare fino al 95%; ma se si congelano solo 8–10 ovociti, le chance stimate vanno tra il 30% e il 45%. (redazione@corrierecal.it)
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