La partita che prova a cambiare le regole del gioco
Nel cuore del carcere di Reggio-Arghillà, una partita simbolica rilancia il dibattito su dignità, responsabilità e reinserimento

REGGIO CALABRIA Non è solo una partita. È un messaggio. Un campo di calcio che diventa ponte tra istituzioni e carcere, tra responsabilità e speranza. È questo lo spirito con cui è stato presentato, al Polo culturale Mattia Preti del Consiglio regionale, il quadrangolare di calcio “Una partita per la libertà”, in programma il 13 dicembre alle ore 10 all’interno della Casa circondariale di Arghillà a Reggio Calabria. L’iniziativa, nata da una sinergia tra più enti dello Stato, vedrà coinvolte quattro squadre: l’Agenzia nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, i detenuti della casa circondariale di Arghillà, i magistrati del Distretto di Reggio Calabria e la Polizia penitenziaria. Un appuntamento che vuole ribadire come lo sport possa diventare strumento di dialogo, trattamento e reinserimento.
Gli interventi
Ad aprire i lavori è stata la Garante regionale dei diritti delle persone detenute, Giovanna Russo, ideatrice del titolo dell’iniziativa. Russo ha sottolineato l’importanza del progetto e la pronta disponibilità del direttore dell’istituto, Rosario Tortorella, noto per la sua attenzione rigorosa nel selezionare attività utili al percorso rieducativo. Un rigore che – ha spiegato – non significa chiusura, ma capacità di individuare le proposte più efficaci per chi vive la privazione della libertà. Il procuratore Stefano Musolino ha richiamato con forza i nodi strutturali del sistema penitenziario: sovraffollamento, carenza di organici. «Parlerei di un’emergenza nazionale, soprattutto per quanto riguarda i reparti di alta sicurezza, che sempre più spesso non riescono a svolgere il loro ruolo: non sono più luoghi di contenimento e recupero, ma rischiano di trasformarsi in spazi dove si perpetuano vecchie dinamiche relazionali di tipo mafioso e dove possono consolidarsi nuove alleanze pericolose. È evidente anche il rischio – molto concreto – che all’interno si possano progettare strategie destinate a proiettarsi all’esterno. Per questo l’emergenza va letta da ogni prospettiva: sia sul piano umanitario, sia su quello della sicurezza pubblica. È il motivo per cui trovo profondamente sbagliata la logica del “buttare la chiave”, slogan utilizzato da alcune parti politiche. Non solo perché ignora la dimensione umana della pena, ma soprattutto perché è inefficace dal punto di vista della sicurezza: un carcere lasciato a sé stesso non garantisce alcun equilibrio e finisce per aumentare i rischi per la collettività. Questa partita, quindi, oltre a regalarci un momento di sport, vuole essere un modo per testimoniare la nostra vicinanza come magistrati a un mondo fatto di difficoltà reali, che affrontiamo insieme alla Polizia penitenziaria, parte integrante di queste criticità. È anche per questo che, in collaborazione con l’Agenzia dei beni confiscati – con cui abbiamo già realizzato eventi simili – abbiamo deciso di promuovere un’iniziativa che riaccenda l’attenzione pubblica sul carcere e che, proprio da Reggio Calabria, possa contribuire a rilanciare il dibattito su un tema così importante».
Il valore inclusivo dello sport
Il direttore Tortorella ha evidenziato come il carcere rispecchi contraddizioni e disuguaglianze presenti nella società libera, che in un contesto chiuso tendono a esasperarsi. Per questo è essenziale che lo Stato continui a investire in percorsi di responsabilizzazione e socializzazione: «La libertà è il bene supremo, ma anche responsabilità. Il rigore non è sopraffazione: è il percorso che crea opportunità e orienta verso valori positivi». Lorenzo Federico dell’Agenzia nazionale dei Beni sequestrati e confiscati, è intervenuto per ribadire il valore inclusivo dello sport, particolarmente significativo nel periodo che precede il Natale. «L’Agenzia – ha detto Federico – ha già collaborato con i magistrati del distretto in altre iniziative sportive e ha sposato da subito il progetto, riconoscendo che mettere insieme quattro istituzioni è già un risultato importante». La garante Giovanna Russo ha inoltre annunciato la costituzione di un tavolo permanente dedicato alla promozione dello sport in carcere, per rendere queste attività parte stabile dei percorsi trattamentali. Così, il 13 dicembre, in un campo che per un giorno diventerà simbolo di dialogo, responsabilità e dignità condivisa, lo Stato scenderà in campo non per vincere una partita, ma per ricordare che la libertà si costruisce: con opportunità, con presenza, e – a volte – con un pallone che unisce. (redazione@corrierecal.it)
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