«Lavoro nero legalizzato dallo Stato». A Roma la protesta degli ex Lsu/Lpu della Calabria
Flash mob giovedì 4 dicembre davanti al dipartimento della Funzione pubblica. «Noi i prossimi poveri della PA»

COSENZA A Roma, davanti al Dipartimento della Funzione Pubblica, un altro flash mob per urlare le rivendicazioni, lamentare stipendi insufficienti e diritti negati. Gli Lsu/Lpu rappresentano circa il 90% della forza lavoro nei comuni calabresi. «Non è concepibile che questi lavoratori siano costretti a operare con stipendi bassissimi e senza il riconoscimento dei contributi previdenziali per gli anni lavorativi antecedenti alla stabilizzazione. Una condizione che, oltre a ledere i diritti individuali, rischia di compromettere la prospettiva pensionistica di migliaia di lavoratori. La richiesta sarà quella di sollecitare il Governo, per l’approvazione definitiva del disegno di legge n. 539 presentato in data 03/02/2023, dal senatore Gasparri, (disposizioni in materia di riconoscimento del diritto alla pensione ai lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità) da incardinare in commissione lavoro, per il riconoscimento dei contributi previdenziali».
L’appuntamento è fissato per giovedì 4 dicembre 2025 in piazza Vidoni, davanti al dipartimento della Funzione pubblica con un flash mob dei lavoratori ex lsu lpu per il riconoscimento dei contributi previdenziali. «Abbiamo lavorato a nero per lo Stato» denunciano sollecitando l’approvazione di un ddl del febbraio 2023 per il riconoscimento dei contributi previdenziali dei lavoratori ex lsu/lpu. «i più poveri della Pubblica amministrazione», spiegano i promotori, «dipendenti pubblici che non hanno gli stipendi da dipendenti pubblici, come quelli di Regioni, Province e degli uffici decentrati dello Stato. Una tragedia comica, lo Stato che fa lavorare in nero i suoi dipendenti, un vero e proprio lavoro nero, legalizzato dallo Stato che li farà diventare i prossimi poveri della PA».
«Ricordiamo – rimarca il coordinamento – che gli ex LPU/LSU (lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità) sono dipendenti comunali in più di 360 comuni della Calabria. Circa 4500, oramai diventati il 90% della forza lavoro, con funzioni e servizi anche superiori di qualifica ma con stipendi nella gran parte dei casi, sotto i 1000 euro. Già perché nei comuni calabresi, ci sono dipendenti comunali ancora con orario part-time da 14 a 26 ore settimanali che guadagnano meno di 700 euro al mese. Una ingiustizia sociale e lavorativa, mortificante, tenendo presente che oltre a questo danno economico, anche la beffa. Per i primi 15 anni, di attività, questi lavoratori hanno lavorato senza il riconoscimento dei contributi previdenziali, un vero e proprio lavoro nero, legalizzato dallo stato che li farà diventare i prossimi poveri della Pubblica Amministrazione. Oggi parte un percorso di sensibilizzazione – dicono Romolo Cozza, Giulio Pignataro, Oreste Valente, Giovanni Conforti, Giovanni Muto e Gino Pettinato del coordinamento dei lavoratori ex Lsu/Lpu della Calabria – per una situazione di povertà insostenibile, ossia quella in cui migliaia di lavoratori si ritroveranno andando in pensione, dopo aver lavorato per quasi 30 anni ma senza i contributi pensionistici di un normale contratto».
«Siamo molto preoccupati – continuano – perché presto, con l’andata in quiescenza della stragrande maggioranza di noi, migliaia di famiglie calabresi vedrà sprofondare i propri redditi sotto la soglia di povertà. Per questo vogliamo attirare l’attenzione del Ministero, della Regione Calabria e delle Organizzazioni sindacali e di tutti gli attori istituzionali, confidando nella loro sensibilità, affinché si possano trovare soluzioni che assicurano dignità a chi ha dato tanto per la collettività calabrese, ma dopo tanti anni e sacrifici deve si trova ancora una volta a lottare per la propria dignità» concludono Cozza, Pignataro, Valente, Conforti, Muto e Pettinato.